Fritz Leiber - Novilunio

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Perduta in uno spazio brulicante di stelle, sola in una nera giungla di vuoto cosmico, la Terra ha sognato per migliaia d'anni la propria solitudine. Come in una grande casa abitata da vecchi abitudinari, nella quale nessuno viene mai a rendere visita, così gli abitanti della Terra pensano che nessuno possa venirli a trovare da quel nero abisso scintillante di punti luminosi che splende sopra le nostre teste, di notte.
Come la Luna è stata una fedele compagna della Terra nella sua solitudine celeste, così le stelle sono state soltanto immagini remote, indistinte, piccole fiamme sospese nel cielo, inaccessibili e straniere e incorporee. Ma un giorno qualche viaggiatore, lasciando la strada lontana, potrebbe venire a bussare alla porta della vecchia casa; un giorno qualcosa potrebbe avvicinarsi, strisciando, nella giungla nera degli spazi cosmici. Quel giorno potrebbe essere vicino, in un cosmo dove le forze del tempo e del caso si muovono secondo schemi che la mente umana non riesce neppure a intuire. E cosa accadrebbe, se uno dei punti luminosi nel cielo… una delle stelle lontane… apparisse d'un tratto enorme, come un globo sanguigno e minaccioso, nei cieli notturni della Terra? Se la fedele compagna delnostro pianeta, la Luna, fosse risucchiata e cancellata dal cielo? Inizierebbe allora una lunga, infinita notte di novilunio. Un grande cielo color ardesia, dove le stelle brillano rade e fievoli, sopra coste battute da gigantesche maree, tra grandi cataclismi ed eventi ancor più bizzarri, una notte di novilunio che opera strani prodigi sulla mente e sul cuore degli uomini, facendo emergere tutto ciò che di migliore, e di peggiore, di nobile, e di volgare, costituisce l'essenza della natura umana. In questa notte di novilunio, forse il genere umano comincerebbe a conoscere se stesso…
Vincitore del premio Hugo per il miglior romanzo in 1965.

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Quella notte gli ubriachi e i pervertiti e i nottambuli anonimi che, insieme agli scoiattoli pelosi e ai piccioni pennuti, sono i più insistenti frequentatori della piazza, avevano qualcosa di più emozionante da osservare che le barbe dei predicatori del Secondo Avvento e il gesticolare esaltato di conferenzieri sparuti e dagli occhi allucinati.

Quella notte gli abitanti di Pershing Square si riversarono in Olive Street, all'angolo della Quinta Strada, dove una statua bronzea di Beethoven osserva accigliata e pensierosa l'Hotel Baltimora, Bunker Hill, e l'Auditorio Battista che costituisce uno dei maggiori teatri della città. Le facce rivolte all'insù erano illuminate dalla luce del Vagabondo, mentre tutti fissavano silenziosamente il sud, dove galleggiava quel mostruoso segno nel cielo, ma il volto di Beethoven rimaneva pensieroso e introspettivo nell'ombra delle folte sopracciglia e dei capelli, mentre egli fissava la sua veste parzialmente sbottonata, imbiancata da escrementi di miriadi di piccioni.

Ci fu una momentanea intensificazione del silenzio timoroso, poi un lontano brontolio soffocato. Una donna gridò, e gli spettatori abbassarono lo sguardo. Per un lungo momento agli astanti parve che l'oceano nero stesse venendo verso di loro lungo Olive Street, in grandi onde dalle creste gialle e violette di schiuma… grandi onde nere che avevano percorso venti miglia a nord, da San Pedro, lungo le autostrade di Los Angeles e costiere.

Poi gli spettatori videro che le onde non erano di acqua nera, ma di freddo asfalto nero, che la stessa strada si stava gonfiando, mentre grandi scosse di terremoto si dirigevano a nord, percorrendola. Un istante dopo il ruggito diventò più forte di quello di cento reattori, e le onde dell'asfalto afferrarono gli spettatori, e ruppero le mura degli edifici circostanti in un'agghiacciante marea di pietra e cemento armato.

Per un secondo, una luce violetta infinitamente sinistra lampeggio nelle cavità infossate degli occhi del gigantesco Beethoven di metallo, mentre egli lentamente s'inclinava e precipitava in avanti.

Gli studiosi dei dischi volanti ebbero notevoli difficoltà ad affrontare le conseguenze delle ripercussioni marginali del grande terremoto di Los Angeles-Long Beach. Quando la donna magra e altri due componenti del gruppo vennero estratti, con qualche operazione di scavo, dalla leggera coltre di terra che li aveva ricoperti, al bordo della frana, un affrettato censimento mostrò che altri tre membri erano assenti. Seguirono dieci minuti di frenetici scavi, compiuti principalmente con due pale di lucido metallo che l'Omino aveva tirato fuori dal retro del suo camioncino, il quale era solidamente sepolto solo per quanto riguardava le ruote posteriori e la cabina. Poi qualcuno ricordò la berlina rossa che era partita prima di tutte le altre macchine; e qualcun altro ricordò che i tre dispersi erano arrivati proprio con quella macchina.

Mentre gli scavatori tiravano il fiato, Paul, la cui convertibile era sepolta al di là di ogni speranza di recupero, spiegò i suoi contatti con i pezzi grossi del Progetto Luna, e la sua intenzione di andare insieme a Margo fino all'entrata principale di Vandenberg Due, e si offrì di portare con sé tutti coloro che avrebbero voluto venire, e di garantire per costoro alle guardie… anche se l'evidente situazione di disagio nella quale gli eventuali partecipanti all'impresa si trovavano sarebbe stata sufficiente, da sola, a garantire l'ammissione alla base.

Doc si fece entusiasticamente paladino di questo suggerimento, ma trovò una rigida opposizione in un uomo dalle braccia tozze e robuste, che indossava una giacca a vento di cuoio e si chiamava Rivis; costui aveva un'opinione molto bassa di tutte le istituzioni militari, e del grado di aiuto che ci si poteva aspettare da loro… e aveva un'automobile che era stata appena sfiorata dalla frana, e aveva coperti di polvere solo il radiatore e le ruote anteriori. Rivis, che aveva anche quattro bei bambini, una dolce mogliettina, e una suocera isterica… tutti a Santa Barbara… era deciso a disseppellire l'automobile e a ripartire subito per tornare a casa.

Rivis fu subito assecondato dai proprietari dell'utilitaria e del camion di recapito bianco, dato che entrambi i veicoli non avevano riportato serie conseguenze dalla frana. I proprietari del camioncino, due giovani coniugi che si chiamavano Hixon e indossavano entrambi un completo unisex , shorts e maglietta grigi, furono particolarmente insistenti sull'importanza e la necessità di andarsene in fretta.

A queste premesse seguì una discussione dagli accenti sempre più aspri, i cui argomenti principali furono: l'Autostrada Costiera del Pacifico sarebbe stata bloccata dal traffico e/o dal terremoto? Paul era proprio quel che diceva di essere? I motori delle automobili disseppellite avrebbero funzionato (Rivis diede una dimostrazione accendendo il motore della sua automobile, benché l'autoradio non producesse che qualche breve scarica di statica). L'attacco di cuore di Wanda era autentico? Infine, i conferenzieri e il loro nuovo dubbio amico non erano forse un branco di intellettuali dal cervello degno di un'ostrica, terrorizzati all'idea di farsi venire qualche callo alle mani?.

Alla fine, metà degli studiosi dei dischi volanti, quasi tutti con automobili sepolte solo parzialmente, aderirono al gruppo di Rivis e degli Hixon e, in un'esplosione di risentimento e di improperi, rifiutarono perfino di promettere di accudire alla donna grassa che aveva subito l'attacco di cuore fino a quando Paul non avesse potuto mandare una jeep da Vandenberg Due per prelevarla.

L'altra metà del gruppo partì verso l'ingresso sulla spiaggia.

Don Guillermo Walker sapeva che il Vagabondo doveva essere qualcosa di simile a un pianeta, perché esso, e la sua torva immagine riflessa nel nero Lago Nicaragua, sotto di lui, lo avevano seguito ormai per sessanta miglia in direzione sud-est senza cambiare posizione… solo che adesso il «pianeta» pareva più vicino all'orizzonte occidentale, e forse più vicino alla Luna. E ora quello che appariva sul globo nel cielo era assai simile a un gallo dorato, che cantava per svegliare Simon Bolivar. Una volta ho recitato in Le Coq d'Or, o no? si chiese il bombardiere solitario. No, quella è un'opera, o un balletto.

Il paesaggio, e anche l'aria fino ai remoti orizzonti, aveva acquistato una nuova componente; l'orizzonte occidentale era roseo in molti punti, e lui non ne capiva il perché. Sorvolando la lunga isola dai contorni frastagliati di Ometepe, egli vide più luci ad Alta Gracia di quanto fosse possibile immaginarne, dopo mezzanotte. Tutti in piedi a guardare lassù a bocca aperta, a gridare o a piangere come idoti, o a tuffarsi nelle chiese, immaginò Don Guillermo.

Improvvisamente, un bagliore sanguigno dai foschi riverberi, e un'esplosione di rocce, eruttarono da un punto appena oltre la città, e per un istante egli pensò di avere sganciato una bomba della quale non aveva immaginato la presenza. Poi si rese conto che doveva trattarsi di uno dei vulcani di Ometepe, che esplodeva. Proseguì verso est… doveva allontanarsi, allontanarsi dalla tremenda esplosione! Quei lividi chiarori rosati… be', ma l'intera Costa del Pacifico doveva essere in eruzione, dal Golfo di Fonseca al Golfo di Nicoya.

Don Merriam, uno scarabeo ammaccato e dalle gambe appesantite da una tremenda stanchezza, si trascinò, facendo forza con le braccia, accanto all'orgogliosa bandiera magnetica della Capanna e vide, nel luogo in cui avrebbe dovuto sorgere la Capanna, un abisso dalle pareti frastagliate e irte, largo sei metri, con delle cascatelle di polvere che scivolavano lungo il bordo più lontano.

Una delle astronavi era precipitata con la Capanna, una era caduta sul fianco, attraverso l'abisso, come un ponte argenteo, con due delle tre «gambe» ammortizzatrici che sporgevano come le zampe di un pollo morto… mentre lui era strisciato fin quasi sotto il terzo Baba Yaga, senza neppure accorgersene.

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