Con diabolica precisione — per nulla voluta — i quattro capitani ribelli guidarono, con la forza dei motori atomici, la Principe Carlo nel Pororoca. Questa bocca di marea nell'estuario del Rio delle Amazzoni è, normalmente, una cascata lunga un miglio e alta cinque metri, un'onda di marea che risale il corso del fiume a una velocità di quindici miglia orarie, con un ruggito che può essere udito a dieci miglia di distanza. Ora si trattava di un'immensa collina liquida, alta quasi metà della lunghezza della Principe Carlo , che trasportava quella grande città-nave… una piccola Isola di Manhattan galleggiante… inclinata in avanti, a un angolo di venti gradi, risalendo il corso del più possente dei fiumi, ora gonfiato dal Vagabondo e anche dallo Straniero. Tutt'intorno gli uragani ruggivano con il Pororoca, e le onde sollevate da quei venti ciclonici gonfiavano ancor più le acque, e aumentavano la velocità di risalita. A oriente, la tempesta nascondeva completamente l'alba. Davanti, a occidente, c'era un deserto di tenebre e di nubi stracciate. In quel momento il capitano Sithwise raggiunse il ponte di comando… dato che una controrivoluzione era avvenuta a bordo senza incontrare la minima opposizione, nel periodo del cataclisma… e si mise al timone, e cominciò a lanciare degli ordini alle sale macchine che contenevano i potenti motori atomici. Dapprima pilotò la nave orientandosi con il riverbero e l'inclinazione del Pororoca, ma poi… dato che erano sospesi luminosi e immobili a tribordo, tra le nubi a brandelli che roteavano e mulinavano follemente… cominciò ad affidarsi anche, come riferimento, ai globi dello Straniero, in alto, e del Vagabondo, più in basso.
Paul e Don guardarono, in alto, il vuoto discoide dello Straniero, e il Vagabondo inanellato di luna, attraverso il soffitto trasparente del disco volante di Tigerishka, che ora si trovava immobile nello spazio, cinquecento miglia sopra Vandenberg Due.
Il campo di gravità artificiale era ancora in funzione, e così essi erano distesi sul fondo del disco volante. Anch'esso era trasparente. Attraverso quel fondo essi potevano vedere, grazie alla luce del sole riflessa dai due pianeti eruttati dall'iperspazio, la nera distesa della California Meridionale, qua e là invasa dal fievole argento del mare, e nell'altra metà dell'immagine offerta dal fondo vedevano la distesa relativamente illuminata del Pacifico, benché terra e mare fossero lievemente offuscati e distorti dagli strati più densi dell'atmosfera terrestre.
C'era qualcosa che ostruiva la visione, in basso. Dal portello ora visibile, al centro del pavimento trasparente, il grosso verme del tubo spaziale si stendeva da un lato, dove presumibilmente il Baba Yaga galleggiava, invisibile dal loro punto di osservazione. La luce riflessa dello Straniero e del Vagabondo, attraversando le due rigide trasparenze, riluceva sul metallo ruvido del tubo esterno e interno, mostrando i primi due sostegni, della lunga serie interna, grazie ai quali una creatura in caduta libera poteva muoversi attraverso il tubo.
Paul e Don evitarono di guardare in basso. Il campo di gravità artificiale, benché Tigerishka avesse loro assicurato che si stendeva soltanto all'interno del disco volante, rendeva l'abisso immenso sottostante qualcosa di intollerabile da osservare.
Avevano la stessa vista del Vagabondo e dello Straniero che godevano coloro che si avvicinavano a Vandenberg, solo che per Paul e Don i due pianeti erano molto più luminosi, e il loro sfondo non era un cielo grigio e livido, ma il nero velluto costellato di diamanti dello spazio.
Lo spettacolo era spettrale, incredibile, perfino 'glorioso', eppure, conoscendo la situazione che esso nascondeva, per quanto la loro conoscenza fosse parziale e frammentaria, Paul e Don provavano soprattutto un senso sempre crescente di tensione. Là, sopra di loro, galleggiavano l'Inseguito e l'Inseguitore, la Ribellione e l'Autorità, l'Avventura e la Repressione… immobili nella stasi di una tregua incerta, mentre i due globi si guardavano e si misuravano.
Il triangolo giallo e gonfio nella cruna d'ago purpurea del Vagabondo, e il vivido splendore solare nel globo più grande, gibboso, metallico dello Straniero erano due occhi che si fissavano senza tremare.
La tensione era mortale, estenuante. Don e Paul, malgrado il conforto della reciproca compagnia, provavano il desiderio di rimpicciolire, di affondare, affondare tra gli strati dell'atmosfera terrestre e nella rocciosa carne materna, per celarsi in chissà quale oscuro grembo silenzioso. Perfino l'ansia degli occhi, desiderosi di osservare ogni particolare di simili prodigi, cedeva a quel repentino impulso divorante.
Paul domandò, con voce quasi fanciullesca.
«Tigerishka, perché non sei tornata sul Vagabondo? È già passato molto tempo, da quando ha lampeggiato il Richiamo Rosso. Tutte le altre astronavi saranno già tornate.»
Dalle tenebre che avvolgevano il pannello di comando, dove nessun raggio di luce, né del Vagabondo né dello Straniero, la toccava, Tigerishka rispose:
«Non è ancora il momento.»
In un tono quasi querulo Don disse:
«Paul e io non faremmo meglio a salire sul Baba Yaga? Posso manovrare i comandi attraverso l'atmosfera, compiendo le operazioni di frenaggio, dato che non c'è alcuna velocità orbitale da annullare, ma sarà rischioso, e se dobbiamo aspettare molto…»
«Non è ancora il momento neppure per questo!» disse Tigerishka. «C'è qualcosa che devo chiedervi, prima di lasciarvi. Voi siete stati salvati dallo spazio e dalle onde. Avete un debito con il Vagabondo.»
Si fece avanti, sporgendo la testa dalle tenebre, e il suo profilo viola e verde si stagliò nella luce dei pianeti.
«Allo stesso modo in cui vi ho mandati sulla Terra,» cominciò lei, sommessamente, «Ora vi manderò entrambi sullo Straniero, per testimoniare a favore del Vagabondo. Mettetevi al centro, fianco a fianco, e di fronte a me.»
«Vuoi dire che noi dobbiamo parlare in vostro favore?» domandò Paul, mentre lui e Don eseguivano quasi automaticamente, senza chiedersi quale fosse stata l'origine del nome dato al nuovo pianeta. «Dobbiamo dire che le vostre astronavi hanno fatto tutto il possibile, per salvare gli esseri umani e le loro case? Ricorda che ho visto moltissime catastrofi che non sono state evitate… molto più dei salvataggi, anzi.»
«Racconterete soltanto le vostre storie… la verità, come entrambi la conoscete,» disse Tigerishka, girando il capo, in modo che i suoi occhi viola parvero scintillare. «Ora stringetevi la mano, e non muovetevi. Oscuro completamente questo disco volante. I raggi che vi trasmetteranno saranno neri. Questo viaggio sarà per voi infinitamente più reale di quello sulla Terra. I vostri corpi non lasceranno il disco volante, ma vi sembrerà il contrario. State fermi!»
Le stelle si oscurarono, la Terra diventò nera, le scintille viola gemelle degli occhi di Tigerishka si spensero. Poi parve loro che un turbine di vento aprisse nelle grandi tenebre una porta nascosta, e Don e Paul vennero lanciati ruotando, attraverso lo spazio, veloci quasi come il pensiero… un secondo, due… poi furono in piedi, mano nella mano, al centro di un'immensa pianura, apparentemente sconfinata, piatta come il deserto di sale vicino al Gran Lago Salato, ma scintillante e riverberante di grigio argento, e torrida di un calore che essi non potevano avvertire.
«Credevo che sarebbe apparso rotondo,» disse Paul, dicendosi a ripetendosi che in realtà lui era all'interno del disco volante, senza riuscire a convincersi di questa realtà.
«Il Pianeta Inseguitore è più grande della Terra, ricordalo,» replicò Don. «Ed è impossibile vedere la curva terrestre, quando si è sulla superficie.» Stava ricordando, in quel momento, l'orizzonte vicino e racchiuso della Luna, ma soprattutto pensava alla somiglianza enorme tra questa esperienza e il suo volo di sogno attraverso il Vagabondo… e si chiese se il metodo seguito allora non fosse stato lo stesso.
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