Poi le due figure si sollevarono dal terreno, non in virtù di uno sforzo fisico, perché non mossero né mani, né piedi, ma sollevati da un potere esterno a loro, fino a quando i loro piedi toccarono la superficie del terreno, eppure non dando l'impressione di stare in piedi, bensì di galleggiare, di fronte a Hunter e a Margo, a meno di due metri di distanza. Poi ciò che era confuso venne messo a fuoco, e Margo esclamò: «Don! Paul!» pur stringendosi ancor più a Hunter, nel dire questo… e anche Hunter riconobbe la seconda figura.
L'immagine-Paul sorrise, e schiuse le labbra, e una voce in perfetta sincronia con il movimento delle labbra, e che pure non usciva dalla gola, disse:
«Salve, Margo e professor… scusi la mia pessima memoria. Non siamo dei fantasmi. Questa è semplicemente un'avanzata forma di comunicazione.»
In maniera analoga l'immagine-Don disse:
«Paul e io vi stiamo parlando da un piccolo disco volante, sospeso nello spazio, tra voi e il Vagabondo, ma più vicino alla Terra. È bello rivederti, Margo cara.»
«È esatto,» interloquì Paul. «Voglio dire, il fatto di essere a bordo del disco volante. È lo stesso che mi ha raccolto sulla spiaggia. Guarda…» Sollevò qualcosa tra le mani. «Ecco Miao!»
La gattina rimase quieta per un momento, poi scoprì i dentini, ci fu un rabbioso sibilo sincronizzato, e la bestiola svanì nell'oscurità, in una macchia di pelo e zampe furiose.
L'immagine-Paul aggrottò la fronte, per un momento, e portò la mano alle labbra, succhiandosi un dito, per poi spiegare:
«Si è innervosita. L'intera faccenda è un po' troppo soprannaturale per lei.»
Margo lasciò andare la mano di Hunter, e fece un passo avanti, tendendo la mano a Paul, ma sollevando l'altra verso la guancia di Don, e piegando un po' il viso per baciarlo.
La mano passò attraverso la guancia, però, e con un gridolino nervoso… non tanto di paura, ma di rabbia per il suo nervosismo… Margo indietreggiò di nuovo, verso Hunter.
«Noi siamo soltanto delle immagini tridimensionali,» spiegò Paul, con un lieve sorriso. «Il contatto non si trasmette, con questo sistema. Noi vediamo le vostre due immagini, qui a bordo del disco volante, solo che non sono sempre unite nel disco volante, soprattutto quando stavano mettendosi a fuoco. È una situazione davvero strana, sembra una storia di fantasmi, se vuole scusare questa mia espressione, professor…»
«Mi chiamo Ross Hunter,» disse lui, riuscendo finalmente a parlare.
Don disse a Margo:
«Mi dispiace di essere troppo incorporeo per poterti baciare, cara. Rimedierò a questo, con gli interessi, quando ci vedremo fisicamente. A proposito, io sono stato fisicamente sul Vagabondo.»
«E io ho parlato con una delle sue abitanti,» disse Paul. «È una persona fantastica… dovreste conoscerla. Lei vuole che…»
Hunter lo interruppe:
«Siete stati sul Vagabondo, avete parlato con loro… Chi sono? Che cosa fanno? Che cosa vogliono? »
Paul disse:
«Non abbiamo il tempo neppure per provare a rispondere a domande simili. Come stavo per dire, la nostra… be', catturatrice… vuole che ci rassicuriamo sulla vostra salute, sul fatto che siate riusciti a sfuggire alle onde sismiche e alle maree, e che siate tutti sani e salvi. Questa è una metà del motivo di questa… chiamata.»
«Siamo salvi,» disse Margo, debolmente. «Per quello che può esserlo un abitante della Terra.»
«L'intero gruppo è sopravvissuto, finora,» continuò il Barba, «A eccezione di Rudolf Brecht, che è morto in un incidente di montagna.»
«Brecht?» domandò Paul dubbioso, corrugando la fronte.
«Lo ricordi; l'avevamo chiamato Doc,» spiegò Margo.
«Ma certo,» disse Paul. «E abbiamo chiamato quel buffo pazzoide stagionato Bacchetto, e il professor Hunter il Barba. Oh, mi scusi, professore.»
«Naturalmente,» disse Hunter, spazientito. «Qual è l'altro motivo della… chiamata.»
Don disse:
«Farvi sapere che, se tutto andrà per il meglio, atterreremo a Vandenberg Due tra poche ore, probabilmente a bordo della mia astronave lunare.»
«Per lo meno, lo farà Don,» aggiunse Paul. «Ora dobbiamo restare qui, nello spazio. Il Vagabondo può trovarsi in pericolo, si sta verificando un'emergenza.»
« Il Vagabondo , in pericolo?» ripeté Margo, incredula, quasi con ironia. «Un'emergenza si sta verificando? E come chiamereste quello che sta succedendo da due giorni?»
Hunter disse a Don:
«Siamo in vista di Vandenberg Due, come lei sa, e intendiamo raggiungere la base non appena ci sarà possibile.»
«Cerchiamo di raggiungere Morton Opperly,» interloquì Margo, quasi automaticamente.
Don disse a Hunter:
«Molto bene. Se riuscite a portar loro notizie sul mio conto, sarà più facile entrare nella base anche per voi. Dica a Oppie che il Vagabondo possiede degli acceleratori lineari lunghi ottomila miglia, e un ciclotrone di quel diametro. Questo dovrebbe convincerlo di qualcosa! Mi sarà molto utile, se essi saranno informati di anticipo dell'atterraggio che intendo compiere.» Guardò Margo. «Allora potrò baciarti come si deve, cara.»
Margo lo guardò, e disse:
«E anch'io ti bacerò, Don. Ma voglio che tu sappia che le cose sono cambiate. Io sono cambiata,» e si appoggiò a Hunter, per dimostrare quel che intendeva dire.
Hunter corrugò la fronte, e strinse le labbra, ma poi abbracciò Margo, e annuì, dicendo freddamente:
«È esatto.»
Prima che Don potesse dire qualcosa, se ne aveva avuto l'intenzione, il terreno intorno si fece improvvisamente di un rosso vivo, impallidì, ritornò rosso. La stessa cosa stava accadendo all'intero paesaggio: si illuminava di rosso, poi si oscurava, poi rosseggiava di nuovo, come se da una fonte invisibile venissero lanciati dei lampi ritmici di luce rossa. Hunter e Margo sollevarono lo sguardo, e chiusero immediatamente gli occhi, distogliendo lo sguardo dai piccoli lampi accecanti che ammiccavano rossi sul polo nord e sul polo sud del Vagabondo, arrossando ritmicamente la calotta polare del pianeta e tutto il cielo della Terra. In tutta la loro vita essi non avevano mai visto niente di simile a quelle fonti violente di luce monocromatica.
«L'emergenza è arrivata,» disse l'immagine-Paul, attraversata a intervalli dalla luce rossa, che rendeva l'immagine ancor più simile a un'anima dannata. «Dovremo interrompere questo collegamento.»
L'immagine-Don disse:
«Il Vagabondo sta richiamando le sue astronavi.»
Hunter disse, con forza:
«Avvertiremo quelli di Vandenberg. Ci vedremo là. Oppie: acceleratori lineari di ottomila miglia, e un ciclotrone di quel diametro. Buona fortuna!»
Ma in quello stesso istante le due immagini scomparvero. Non impallidirono, né si dissiparono… sparirono completamente, in un batter di ciglio.
Hunter e Margo abbassarono lo sguardo, osservando il fianco della collina rosseggiante. Anche la risacca era rossa, lo schiumare inquieto di un oceano di lava. L'accampamento era in preda all'agitazione: c'erano delle piccole figure che si muovevano intorno, si raggruppavano, puntavano il braccio.
Ma una di queste figure era più vicina. Nascosto dietro un masso, a meno di sei metri di distanza, Bacchetto li osservava attonito, invidioso, e i suoi occhi brillavano di una fame inappagabile, mentre la luce rossa balenava ritmicamente sul suo viso.
A cinquanta milioni di miglia dalla Terra, verso lo spazio interstellare, l'astronauta Tigran Biryuzov poteva vedere il Richiamo Rosso chiaramente, mentre lui e i suoi cinque compagni orbitavano intorno a Marte, sulle tre astronavi della Prima Spedizione del Popolo dell'Unione Sovietica. Agli occhi di Tigran, la Terra e il Vagabondo erano due pianeti luminosi, separati come due stelle adiacenti delle Pleiadi. Anche nello spazio senz'aria, le loro forme gibbose non erano visibili agli occhi dell'astronauta comunista, senza l'uso del telescopio.
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