«Grazie d’avermelo ricordato» disse Odisseo, con la sua pronuncia innaturale; si alzò e andò al bancone. «Prossima portata, Uccello Terrore.» Spostò sulla tavola il grosso piatto ovale. «Ho aspettato un bel po’ per gustare questa leccornia, ma non ho mai avuto il tempo di cacciarne uno, fino a oggi. Chi mi tiene compagnia?»
Tutti, tranne Daeman e Savi, si dichiararono disposti ad assaggiarne una fetta. Si versarono altro vino. Fuori la tempesta era arrivata in grande stile e lampi e fulmini guizzavano fra le strutture del ponte, illuminando la sella e le rovine molto più in basso, oltre alle nubi e ai frastagliati picchi ai lati.
Ada, Harman e Hannah mangiarono qualche pezzetto di quella carne bianca e bevvero copiosamente acqua e vino. Odisseo mangiava una fetta via l’altra.
«Mi ricorda il pollo» disse Ada, nel silenzio generale.
«Sì» convenne Hannah. «Decisamente pollo.»
«Pollo con un forte sapore amarognolo» fece Harman.
«Avvoltoio» disse Odisseo. «Mi ricorda la carne d’avvoltoio.» Prese un altro grosso boccone, lo mandò giù e sorrise. «Se cucino di nuovo un Uccello Terrore, ci metto un mucchio di salsa.»
Cinque di loro continuarono a mangiare in silenzio il riso scaldato al microonde, mentre Odisseo si serviva altre fette di Uccello Terrore e di Macrauchenia , mandandole giù con grandi sorsate di vino. L’assenza di conversazione forse avrebbe messo tutti a disagio, se non ci fosse stata la tempesta. Il vento era aumentato e i fulmini cadevano quasi in continuazione e proiettavano nella bolla da pranzo, soffusamente illuminata, esplosioni di luce bianca; in ogni caso, il tuono avrebbe soffocato gran parte della conversazione. La verde bolla da pranzo pareva ondeggiare un poco, mentre il vento ululava, e i quattro ospiti si guardavano l’un l’altro, con ansia appena mascherata.
«Niente paura» disse Savi, che ora non pareva più arrabbiata né ubriaca, come se le precedenti dure parole avessero dato un po’ di sfogo alla pressione interna dell’amarezza. «Il pariglass non è buon conduttore di elettricità e siamo solidamente agganciati. Finché il ponte sta in piedi, non cadiamo neanche noi.» Sorseggiò il vino rimasto nel bicchiere e sorrise senza allegria. «Naturalmente il ponte è più vecchio dei denti di Ilio, perciò non posso garantire che rimarrà in piedi.»
Mentre, passata la parte peggiore della tempesta, Savi offriva caffè e tè Chai, scaldati in curiosi contenitori di vetro, Hannah disse: «Ci hai promesso di raccontarci come sei giunto qui, Odisseo Uhr » .
«Vuoi che vi canti tutte le mie peregrinazioni, spinto di tanto in tanto fuori rotta, da quando con i miei compagni saccheggiai le sacre alture di Pergamo?» replicò Odisseo a voce bassa.
«Sì» disse Hannah.
«Va bene. Ma prima, penso, Savi Uhr ha alcune cose da discutere con voi.»
I quattro guardarono la vecchia e attesero.
«Mi occorre il vostro aiuto» disse Savi. «Per secoli ho evitato di espormi al vostro mondo… ai voynix e ad altri sorveglianti che mi vogliono male; ma Odisseo è qui per una ragione e i suoi scopi giovano ai miei. Lo portereste con voi, in una delle vostre case dove altri possano fargli visita, e gli permettereste di conoscere i vostri amici e di parlare con loro?»
Ada, Harman, Daeman e Hannah si scambiarono occhiate.
«Perché non si limita a faxarsi dove vuole?» obiettò Daeman.
Savi scosse la testa. «Odisseo non può faxarsi, proprio come me.»
«Che sciocchezza!» disse Daeman. «Tutti possono faxarsi.»
Savi sospirò e si versò nel bicchiere il vino rimasto. «Ragazzo» disse «sai che cos’è il fax?»
«Certo!» rise Daeman. «È il modo in cui vai da dove sei a dove vuoi essere.»
«Ma come funziona?»
Daeman scosse la testa di fronte all’ottusità della vecchia. «Cosa significa: "Come funziona"? Funziona e basta. Come i servitori e l’acqua corrente. Usi un portale fax per andare da un posto a un altro, da un nodo fax al nodo fax seguente.»
Harman alzò la mano. «Penso che Savi Uhr si riferisca al funzionamento del macchinario che ci permette di faxarci, Daeman Uhr. »
«Me lo sono chiesto anch’io qualche volta» disse Hannah. «So costruire una fornace che può fondere il metallo. Ma come si costruisce un portale fax che ci manda da qui a là senza dover… passare nel mezzo?»
Savi rise. «Non si passa, cari ragazzi. I portali fax non vi mandano da nessuna parte. Vi distruggono. Vi scindono in atomi. E non li mandano da nessuna parte, si limitano ad accantonarli, serviranno per la prossima persona che si faxa in quel nodo. Non andate da nessuna parte, quando vi faxate. Morite, semplicemente, e permettete che un altro "voi" sia costruito da un’altra parte.»
Odisseo bevve vino e guardò la tempesta che si allontanava: non pareva interessato alle spiegazioni. Gli altri quattro fissavano Savi.
«Ma…» disse Ada «è… è…»
«Pazzesco» concluse Daeman.
Savi sorrise. «Sì.»
Harman si schiarì la voce e posò sul tavolo la tazza di caffè. «Se veniamo distrutti ogni volta che ci faxiamo, Savi Uhr , com’è possibile che ricordiamo tutto, quando… arriviamo… da un’altra parte?» Alzò il braccio destro. «Qui ho una piccola cicatrice. Me la sono procurata sette anni fa, quando di anni ne avevo novantadue. Solitamente questi piccoli guai sono eliminati, quando a ogni Ventina andiamo allo spedale, ma…» Non continuò, come se avesse già intuito la risposta.
«Sì» disse Savi. «Le menti-macchina dietro i portali fax ricordano le vostre piccole imperfezioni, al pari delle vostre esperienze e della struttura cellulare della vostra personalità, e mandano i dati — non voi, i dati — da un nodo fax all’altro; vi aggiornano, vi sistemano le cellule invecchiate, ogni venti anni… quelle che chiamate "visite allo spedale". Ma perché credi che scomparirai il giorno del tuo centesimo compleanno, Harman Uhr ? Perché smettono di rinnovarvi quando arrivate a cento anni? E tu dove andrai, al prossimo compleanno?»
Harman rimase in silenzio, ma Daeman disse: «Negli anelli, sciocca donna. Alla quinta Ventina, andiamo tutti agli anelli».
«Per diventare post-umani» disse Savi, evitando a malapena un sogghigno. «Per ascendere al cielo e sedere alla destra di… di qualcuno.»
«Sì» disse Hannah, ma in un tono che parve di domanda.
«No» ribatté Savi. «Non so che fine facciano gli schemi di memoria di ciascuno di voi, che la logosfera tiene finché non giungete a cento anni, ma so che non sono inviati agli anelli. Forse sono accantonati, ma sospetto che siano semplicemente distrutti. Resi indecifrabili.»
Per la seconda volta in quella lunga giornata Ada si sentì come sul punto di svenire. Tuttavia fu la prima a ritrovare la voce. «Perché tu e Odisseo Uhr non potete usare i nodi fax, Savi Uhr? Avete scelto voi di non usarli?» E pensò: "Avete scelto di non farvi distruggere, di non farvi strappare gli atomi del corpo, come la carne dalla carcassa dell’erbivoro e dell’Uccello Terrore che mangiavamo stasera". Bagnò nel bicchiere d’acqua la punta del dito e si toccò la guancia.
«Odisseo non può faxarsi perché la logosfera non ha la registrazione di lui» disse piano Savi. «Il suo primo tentativo di faxarsi sarebbe anche l’ultimo.»
«Logosfera?» ripeté Harman.
Savi scosse di nuovo la testa. «È un argomento complesso. Troppo complicato, per una vecchia che ha già bevuto troppo, oggi.»
«Ma ci spiegherai presto?» insistette Harman.
«Vi mostrerò tutto domani» disse Savi. «Prima che ciascuno di noi riprenda la sua strada.»
Ada colse lo sguardo di Harman: riusciva a stento a trattenere l’entusiasmo.
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