«Ma questa logosfera… qualsiasi cosa sia» disse Hannah «ha una registrazione di te? Per i nodi fax? In modo che tu possa faxarti?»
Savi mostrò il suo sorriso infelice. «Oh, certo. Mi ricorda da più di mille anni, da quando mi faxavo ogni giorno. Mi aspetta, come un invisibile Uccello Terrore. Mi riconoscerebbe all’istante, se provassi a usare i vostri portali fax regolari. Ma anche per me quello sarebbe l’ultimo tentativo.»
«Non capisco» disse Hannah.
«Mettiamo da parte per un poco tutte queste acrobazie verbali tecniche» disse Savi. «Accettate il fatto che né Odisseo né io possiamo usare i vostri bei portali fax. E se visitassi la vostra meravigliosa società, giungendo in volo, ci rimetterei la vita.»
«Perché?» chiese Harman. «Non esiste violenza, nel nostro mondo. A parte il dramma del lino. E nessuno di noi crede che sia reale.» Guardò di proposito Odisseo, ma il vecchio non ebbe la minima reazione.
Savi sorseggiò le ultime gocce di vino. «Credimi sulla parola, se dico che mostrarmi apertamente per me significherebbe la morte. E credimi anche se dico che è importantissimo che Odisseo abbia la possibilità di incontrare la gente, di parlare alle persone, di farsi ascoltare. Se vi riportassi indietro in volo, uno di voi lo ospiterebbe a casa sua per qualche settimana? Un mese?»
«Tre settimane» intervenne Odisseo, brusco, quasi irritato a sentire gli altri parlare di lui come se non fosse presente. «Non di più.»
«D’accordo, tre settimane» disse Savi. «Uno di voi è disposto a offrire tre settimane d’ospitalità a questo straniero in terra straniera?»
«Odisseo non sarebbe in pericolo come te?» chiese Daeman.
«Odisseo Uhr sa prendersi cura di se stesso» rispose Savi.
I quattro rimasero in silenzio almeno un minuto, nel tentativo di capire la richiesta e le relative implicazioni. Alla fine Harman disse: «Mi piacerebbe ospitare Odisseo, Savi Uhr , ma vorrei anche visitare quel luogo dove secondo te potrebbero esserci navi spaziali. Il mio obiettivo è andare sugli anelli. E, come hai fatto notare, sono vicino a concludere l’ultima Ventina, non ho tempo da sprecare. Il tempo che mi resta preferirei usarlo nella ricerca di quel mare prosciugato dove i post-umani tenevano veicoli in grado di raggiungere gli anelli. Forse, se m’insegnassi a pilotare il sonie…».
Savi si massaggiò la fronte, come se avesse mal di testa. «Il bacino del Mediterraneo? Non puoi volare là, Harman Uhr. »
«Vuoi dire che è proibito?»
«No. Voglio dire che è impossibile. I sonie e altre macchine volanti non funzionano sopra il bacino.» Esitò e guardò gli ospiti intorno al tavolo. «Ma forse è possibile andarci a piedi. Non ci sono mai stata, in tutti questi secoli, ma ti posso guidare fin là. Se uno dei tuoi amici accetta di ospitare Odisseo per tre settimane.»
«Io voglio venire con te e Harman» disse Ada.
«Anch’io» fece Daeman. «Voglio vedere il bacino Comesichiama.»
Harman lo guardò, sorpreso.
«Al diavolo. Non sono un vigliacco. Scommetto d’essere l’unico che è stato divorato da un allosauro.»
«Meriti un brindisi, allora» disse Odisseo e scolò il bicchiere.
Savi guardò Hannah. «Rimani solo tu, mia cara.»
«Sarei felice di ospitare Odisseo. Ma uso poco i portali fax e vado di rado alle feste. Vivo con mia madre e neanche lei tiene spesso dei ricevimenti.»
«No, così non funzionerebbe, purtroppo» disse Savi. «Odisseo ha solo tre settimane. Dobbiamo iniziare da un luogo ben conosciuto, dove molte persone possono trattenersi per settimane di fila. Villa Ardis sarebbe stata perfetta, in realtà.» Guardò Ada.
«Come conosci villa Ardis, Savi Uhr ? Anzi, come sai che Harman ha imparato a leggere e come sai tante altre cose sul nostro mondo, se non puoi farti vedere fra noi e usare i nodi fax?»
«Osservo» rispose la vecchia. «Osservo e aspetto e a volte volo in luoghi dove posso mescolarmi tra voi.»
«Il Burning Man» disse Hannah.
«Sì, anche quello, fra gli altri.» Li guardò e soggiunse: «Sembrate esausti. Vi accompagno nelle vostre stanze e così vi fate una bella dormita. Continueremo la conversazione domattina. Non preoccupatevi dei piatti, sparecchierò e li laverò più tardi».
A nessuno di loro era venuta l’idea di sparecchiare o di lavare i piarti. Ancora una volta Ada si guardò intorno e sentì la mancanza di servitori e di voynix.
Avrebbe voluto protestare per il riposo forzato (ancora non avevano ascoltato il racconto di Odisseo) ma guardò gli amici (Hannah aveva gli occhi gonfi di stanchezza; Daeman, sbronzo, teneva a stento la testa dritta; Harman mostrava in viso i segni dell’età) e pure lei si sentiva sfinita. Era stata una giornata intensissima. Era tempo di dormire.
Odisseo rimase seduto a tavola. Savi guidò gli altri fuori della stanza da pranzo, per corridoi illuminati solo da lampi sempre meno frequenti, su per una scala mobile coperta di vetro che girava intorno alla torre del Golden Gate e poi per un lungo corridoio, fino a una serie di stanze bolla, nel punto più alto della torre nord. Quelle camere da letto non erano fisicamente attaccate alla cima della torre, solo al corridoio di vetro che aveva l’acciaio del ponte come parete sud, e gli stessi cubicoli per dormire sporgevano precariamente nello spazio, come acini di un grappolo.
Savi offrì bolle letto separate e indicò a Hannah la prima stanza del lungo corridoio. Hannah esitò all’ingresso dell’angusto locale. Dentro il cubicolo anche il pavimento era traslucido: Hannah vi mosse un passo e saltò subito indietro nella relativa solidità del corridoio coperto di moquette.
«Non c’è alcun pericolo» lo rincuorò Savi.
«Ah, bene» disse Hannah e riprovò. Il letto era sistemato contro la parete più lontana e c’era anche un angolo riparato con gabinetto e lavabo, contro la parete del corridoio, in modo da garantire la privacy dalle altre bolle letto; per il resto, le pareti ricurve e il pavimento erano così trasparenti che si potevano vedere, duecentocinquanta metri più in basso, le pietre illuminate dai lampi e il pendio della montagna.
Hannah attraversò con cautela la stanza e con un sospiro di sollievo si accomodò sul solido letto. Gli altri tre risero e applaudirono. «Se di notte dovrò andare in gabinetto, forse non avrò il coraggio di attraversare di nuovo la stanza» ammise Hannah.
«Ti ci abituerai, Hannah Uhr » disse Savi. «Puoi aprire e chiudere la porta con un ordine: la porta ubbidisce solo alla tua voce.»
«Porta, chiuditi» fece Hannah.
La porta si chiuse come un diaframma a iride. Savi accompagnò gli altri alle rispettive bolle letto: prima Daeman, che barcollò fino al letto senza paura del vuoto sotto i piedi; poi Harman, che augurò la buonanotte prima di ordinare alla porta di chiudersi; infine Ada.
«Dormi bene, mia cara» le disse Savi. «Il sorgere del sole è piuttosto bello e mi auguro che domattina tu ti goda lo spettacolo. Ci vediamo a colazione.»
Sul letto era pronta una camicia da notte pulita, di seta. Ada andò nell’area gabinetto, rimase qualche minuto sotto una doccia calda, si asciugò i capelli, lasciò i vestiti sul ripiano accanto al lavandino, indossò la camicia da notte e andò a letto. Appena sotto le coperte, girò il viso verso la parete e guardò i picchi montani e le nubi. La tempesta ormai si era spostata a est, i fulmini illuminavano dall’interno le nubi sempre più lontane e ora i vicini picchi e la sella erbosa erano rischiarati dalla luna. Ada guardò in basso il piano stradale e le rovine di pietra. Cosa aveva detto Odisseo di quel posto? Che era abitato solo da giaguari, scoiattoli e fantasmi? Guardando le antiche pietre grigio chiaro sotto la luce della luna, Ada quasi credette ai fantasmi.
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