Isaac Asimov - Il sole nudo

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Il Sole Nudo Ancora una volta un caso da risolvere.
Ancora una volta Uomo e Robot assieme.
Naturalmente, ancora una volta Baley e Olivaw.
E ricomincia il sottile duello tra uomo e robot, tra istinto e ragione. Un argomento che molti tratterebbero con superficiale banalità , ma che nella penna di Asimov raggiunge livelli di incredibile meraviglia.
Sarà  l’uomo a piegarsi alla razionalità  del robot, oppure R. Daneel Olivaw comprenderà  i meccanismi illogici del cervello umano?
Ancora una meravigliosa avventura che lascerà  il lettore estasiato.
La coppia più riuscita di tutta la letteratura di fantascienza.
Ancora una perla del geniale
Isaac Asimov.
Un romanzo degno del precedente (
) e un preludio eccellente al meraviglioso seguito:
.

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Nella voce di Quemot apparve una specie di scattante entusiasmo. «Non è cosa che possa spiegare facilmente. Neanche a me stesso, in realtà. Ma sono dieci anni che esercito la sociologia. E ha funzionato. Ho sviluppato proposizioni del tutto nuove e sorprendenti, pur restando vere alla base. È una di quelle proposizioni che mi fa provare il massimo interesse per la Terra e per i terrestri. Vede, se considerasse con attenzione la società di Solaria con i suoi usi e costumi, le diventerebbe ovvio che detti costumi e società si sono modellati in modo diretto e immediato su quelli della Terra stessa.»

10. Si delinea una cultura

Baley non poté fare a meno di gridare: «Cosa?».

Per qualche momento Quemot lo fissò in silenzio al di sopra della spalla. Infine disse: «Non l'attuale cultura della Terra. No».

«Oh» disse Baley.

«Ma nel passato sì. La storia antica della Terra. Come terrestre la conosce, naturalmente.»

«Ho visionato dei libri» disse cauto Baley.

«Ah. Allora capisce.»

Baley, che non capiva, cominciò: «Mi lasci spiegare quello che voglio con esattezza, dottor Quemot. Voglio che mi dica quello che può sul perché Solaria sia tanto diversa dagli altri Mondi Esterni, perché ci sono tanti robot, perché vi comportate come fate. Mi scusi se sembra che voglia cambiare discorso».

In effetti Baley il discorso voleva decisamente cambiarlo per davvero. Qualunque discussione su una somiglianza o una dissimiglianza tra la cultura di Solaria e quella della Terra avrebbe potuto diventare troppo coinvolgente. Avrebbe potuto passare là tutta la giornata senza ottenere nessuna delle utili informazioni che andava cercando.

Quemot sorrise. «Lei vuole paragonare Solaria con gli altri Mondi Esterni e non con la Terra.»

«La Terra la conosco, signore.»

«Come vuole.» Il solariano diede un leggero colpo di tosse. «Non le importa se le volto del tutto la schiena? Sarebbe più… Più comodo.»

«Come vuole, dottor Quemot» rispose Baley rigido.

«Bene.» A un ordine dato a voce bassa da Quemot un robot gli voltò completamente la sedia e il sociologo vi risedette, in pratica nascosto dallo schienale agli occhi di Baley. La voce prese più vita e perfino si rafforzò e si approfondì nel timbro.

«Solaria» cominciò Quemot «è stata colonizzata circa trecento anni fa. I coloni originari erano nexoniani. Ha presente Nexon?»

«Temo di no.»

«È vicino a Solaria, solo a due parsec di distanza. Infatti Solaria e Nexon rappresentavano il paio di pianeti disabitati più vicini della galassia. Anche quando non era abitata dall'uomo Solaria ospitava la vita ed era particolarmente adatta per l'occupazione umana. Rappresentava un'ovvia attrazione per gli agiati di Nexon, che trovavano difficile mantenere un tenore di vita adatto, man mano che il pianeta si riempiva.»

Baley lo interruppe: «Si riempiva? Credevo che gli spaziali praticassero il controllo delle nascite».

«Lo fa Solaria, ma negli altri Mondi Esterni in genere è stato piuttosto trascurato. Nel periodo di cui sto parlando, Nexon aveva raggiunto il secondo milione di abitanti. C'era già sufficiente affollamento per rendere necessaria la regolamentazione di quanti robot potesse possedere una certa famiglia. Così quei nexoniani che lo potevano, stabilirono la loro seconda casa su Solaria, che era fertile, dal clima temperato e senza una fauna pericolosa.

«I residenti di Solaria potevano raggiungere Nexon senza particolari problemi, e intanto potevano vivere su questo pianeta come più piaceva loro. Potevano usare tutti i robot che erano in grado di permettersi o di cui sentivano la necessità. Le tenute potevano essere grandi quanto si voleva, visto che con un pianeta vuoto lo spazio non era un problema e che, con un numero illimitato di robot, anche lo sfruttamento non era un problema.

«I robot divennero tanto numerosi da rendere necessario dotarli di un'interradio, e questo fu l'inizio delle nostre famose industrie. Cominciammo a sviluppare nuovi modelli, nuovi accessori, nuove capacità. La cultura detta l'invenzione: una frase che credo di aver inventato io.» Quemot ridacchiò.

Rispondendo a qualche stimolo che Baley non poteva vedere a causa dello schienale della sedia, un robot portò a Quemot un drink simile a quello che Baley aveva avuto prima. A Baley non ne venne portato nessuno ed egli decise di non chiederne.

Quemot proseguì: «I vantaggi della vita su Solaria erano ovvii per qualunque osservatore. Solaria divenne di moda. Vi costruirono case altri nexoniani e Solaria divenne quello che mi piace chiamare “il pianeta della villeggiatura”. Sempre più coloni rimanevano su Solaria tutto l'anno, mandando avanti i loro affari su Nexon servendosi di procuratori. Sul pianeta vennero impiantate le fabbriche di robot. Fattorie e miniere cominciarono ad essere tanto sfruttate da rendere possibile l'esportazione.

«In breve, mister Baley, divenne ovvio che Solaria, nello spazio di un secolo o anche meno, sarebbe diventata affollata quanto Nexon. Sembrava ridicolo e dispendioso scoprire un nuovo mondo con quelle qualità e poi perderlo per imprevidenza.

«Per risparmiarle un sacco di politica complicata, basterà dire che Solaria riuscì a conquistare e a mantenere la propria indipendenza senza bisogno di guerre. La nostra utilità per i Mondi Esterni come fonte produttiva di robot specializzati ci procurò naturalmente amici e aiuti.

«Una volta indipendenti, la prima cura che ci prendemmo fu di assicurarci che la popolazione non sarebbe cresciuta al di là dei limiti ragionevoli. Regolammo sia l'immigrazione che le nascite e sopperimmo a ogni necessità aumentando e diversificando i robot che usavamo.»

«Perché i solariani sono contrari all'idea di vedersi?» chiese Baley che si irritava sempre più per il modo in cui Quemot aveva scelto di divulgare la sua sociologia.

Quemot si voltò un istante a sbirciare oltre l'angolo dello schienale per ritrarsi immediatamente. «È una conseguenza inevitabile. Abbiamo tenute enormi. Una tenuta con un'area di quattromila chilometri quadrati non è eccezionale, anche se le più grandi comprendono considerevoli zone improduttive. La mia tenuta, per esempio, è di trecentosettanta chilometri quadrati, ma è tutta costituita da buona terra.

«In ogni caso è la dimensione di una tenuta, più di ogni altra cosa, a determinare la posizione di un uomo nella società. E la proprietà di una grande tenuta significa questo: che si può vagare quasi senza meta, senza pericolo di entrare nel territorio del vicino e così d'incontrare il proprio vicino. Capisce?»

Baley scrollò le spalle. «Suppongo di sì.»

«In breve, un solariano trae il suo orgoglio dal fatto di non incontrare il suo vicino. Nello stesso tempo la sua tenuta è tanto autosufficiente e così ben condotta dai robot che non c'è ragione perché debba incontrare il suo vicino. Il desiderio di non farlo condusse allo sviluppo di perfetti sistemi di visione, e con l'aumento dei sistemi di visione c'era sempre minore necessità di vedere il proprio vicino. Era un ciclo rinforzato, una specie di autoalimentazione. Capisce?»

«Senta, dottor Quemot» interloquì Baley. «Non è necessario che cerchi di rendermi tutto questo così semplice. Non sono un sociologo, ma nel college ho fatto a suo tempo i corsi elementari. Era solo un college della Terra, naturalmente,» aggiunse con una sorta di riluttante modestia tendente a schivare lo stesso commento, ma in termini più insultanti, da parte dell'altro, «ma la matematica so seguirla.»

«Matematica?» chiese Quemot, con la voce che prese un tono acuto sulla “i”.

«Be', non la roba che usano in robotica, che non sarei in grado di seguire, ma le relazioni sociologiche, che invece so usare. Per esempio la Relazione Teraminale mi è familiare.»

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