— Ordine. — Malgrado fosse solo si sentì imbarazzato, quello che stava tentando era impossibile! Ma aveva funzionato, di questo era convinto. — Ordine: portami qualcosa da bere.
Aspettò, sentendosi sciocco. E a confermare la sua sensazione, non accadde assolutamente nulla. Tentò ancora una volta: — Ordine: portami qualcosa da mangiare.
Niente. Come avrebbe potuto esser diverso il risultato? Doveva aver sofferto di allucinazioni, per essersi convinto che la dottoressa avesse il potere magico di creare oggetti, compresa se stessa, che apparivano e scomparivano all’istante.
Peron era appena arrivato a questa conclusione quando ogni cosa intorno a lui cambiò nel breve e sconcertante fremito d’un batter di ciglia. Vi fu un secondo di totale disorientamento. Poi, non era più in piedi sulla soglia della porta. Si trovava invece in una stanza dalle pareti d’un giallo pallido, decorate con elaborati murali e dipinti dilettanteschi. Adesso, lui era completamente vestito, con camicia e calzoni marrone che gli andavano a pennello. Aveva ai piedi le sue scarpe, quelle che aveva visto per l’ultima volta quando aveva indossato la tuta prima di partire per Whirlygig. Era seduto su una poltrona dura, con le mani appoggiate saldamente ai braccioli. Davanti a lui c’era una lunga scrivania lucida, di metallo argenteo; sulla superficie superiore spiccava un’unica cartella arancione, con una penna.
E seduto dietro a quella scrivania, intento a guardarlo con un’espressione annoiata e decisamente arrogante, c’era un uomo rugoso, dagli occhi castani e calvo. Peron provò per lui un’antipatia tanto immediata quanto inesplicabile.
— Sono il capitano Rinker, comandante di questa nave — disse l’uomo. — La dottoressa Ferranti mi dice che lei è completamente stabile e adattato all’S-Spazio. È così?
— Non lo so. Non avverto nessun dolore, ma è certo che non mi sento normale.
— Passerà. Qualcos’altro?
— Pare che qualcuno voglia farmi morire di fame.
— Colpa sua. Quando si è svegliato avrebbe potuto chiamare qualcuno e chiedere del cibo. Invece ha scelto di ficcare il naso intorno. — Rinker indicò una proiezione sulla parete che mostrava la stanza in cui Peron aveva ripreso i sensi. — Lei era osservato. Le starebbe bene se non le dessimo da mangiare per un po’. Ma è fortunato: i regolamenti non ci permettono di farla morire di fame… Ordine: porta cibo e bevande adatte al risveglio.
Un vassoio comparve all’istante, appoggiato sui ginocchi di Peron. La caraffa trasparente conteneva lo stesso liquido che aveva bevuto in precedenza, ma il cibo nei piatti non gli era affatto familiare. C’erano delle polpettine color marrone con una ruvida trama granulosa, una gelatina rosso-arancione, e fette bianche d’una consistenza liscia e cremosa. Rinker indicò il cibo con un gesto.
— Proceda pure. Può mangiare mentre parliamo.
Peron si guardò intorno. Non c’era nessun altro nella stanza, e nessun segno che la porta si fosse aperta o chiusa. — Come riesce a far questo?
— Non è appropriato che glielo dica. Queste informazioni le verranno fornite al Quartier Generale, sempre che venga deciso in tal senso. — Rinker agitò la mano verso la proiezione. — I suoi tentativi di usare il sistema di servizio sono già stati notati. Per risparmiarle un’ulteriore perdita di tempo, le farò notare che ogni ulteriore tentativo da parte sua sarà altrettanto infruttuoso. Mi permetta di farle inoltre notare che io non ho nessun obbligo ufficiale di parlarle, o di trattare con lei in alcun modo, salvo che provvedere a trasferirla sano e salvo al Quartier Generale. Ma voglio che sappia quanti guai ci avete causato, lei e quel pazzo di Wilmer.
Peron non riuscì a resistere a quel cibo. Il suo corpo insisteva che erano passate settimane da quando aveva ricevuto l’ultimo nutrimento. Mangiò con una fame da lupi. Le polpettine assomigliavano in modo ragionevole al pane, e malgrado quella materia bianca non assomigliasse affatto al formaggio, come invece si era aspettato, aveva un buon sapore. Fissò il capitano Rinker sul lato opposto della scrivania, inghiottì e parlò.
— Non posso dir niente per Wilmer, ma qualunque guaio abbia causato, non è stato opera mia. Ma senza il suo aiuto, sarei morto su Whirlygig. Non vedo perché lei voglia attribuirmene la colpa.
Rinker fece un gesto d’impazienza con la mano. — Lei era stato identificato come un piantagrane prima di lasciare il pianeta. Lo stesso vale per i suoi compagni su Whirlygig. Eravate tutti destinati a uno speciale indottrinamento sulla nave Eleonora , e dovevate esser tenuti separati dagli altri contendenti. In quanto a Wilmer, lui avrebbe dovuto trovarsi là come osservatore , non come partecipante attivo. Avevo fatto notare parecchie volte che era pericoloso utilizzare delle reclute locali come osservatori. Hanno troppi legami con il suo pianeta e la sua gente. Ma il mio consiglio è stato ignorato.
— Wilmer è un Immortale?
Rinker si appoggiò allo schienale della sua poltrona, corrugando la fronte. — Quello stupido termine! Io non lo uso mai. Sì, Wilmer è stato reclutato nel nostro gruppo. E condivide il nostro arco di vita esteso. Ma non ha mai lasciato il sistema di Cass, e di certo non sa nulla della nostra missione più vasta. Adesso devo sopportare le conseguenze del suo dilettantismo. Per trecentosessanta dei suoi anni ho visitato Pentecoste e il sistema di Cass. Questo è il mio diciannovesimo viaggio, e niente è mai andato storto. Ho sviluppato un perfetto curriculum nel mio lavoro. Da me ci si aspetta il successo, ed io lo esigo da me stesso. Ma adesso, grazie a ciò che Wilmer ha fatto su Whirlygig, tutto è andato in fumo. Questa visita si è trasformata in un disastro. I materiali che avrei dovuto riportare con me dal gruppo su Eleonora sono stati lasciati là; la selezione finale e l’indottrinamento delle reclute sono stati ritardati; ed io sto trasportando qui con me al Quartier Generale sei passeggeri indesiderati in più, ognuno dei quali è identificato come potenziale fonte di guai. Pensa che dovrei essere felice?
A mano a mano che la fame e la sete diminuivano, Peron provò una crescente curiosità nei confronti dell’ambiente in cui si trovava. Ma questa curiosità si scontrava con un ugualmente intenso senso di fastidio. Lui non aveva fatto niente per giustificare la paternale di Rinker. Cosa si aspettava che facesse, quell’imbecille? Che chiedesse di venir riportato su Whirlygig per morirci?
Sollevò il vassoio e lo depose sulla scrivania davanti a sé. — Non dico che lei debba essere felice, ma non dovrebbe incolpare me per quello che è successo. Perché non vuol dirmi quello che succede qui?
— In modo che lei possa causarci altri guai?
— Non causerò nessun guaio, ma è naturale che abbia molte domande da fare. Non le chiedo di dedicarmi il suo tempo, ma mi lasci per lo meno avere accesso a un terminale e alle banche dati. E lei ha detto che qualcuno degli altri contendenti si trova qui, su questa nave. Mi piacerebbe certamente vederli.
Rinker fissò con rabbia il vassoio sporco appoggiato sulla sua scrivania pulitissima e lucida. Rivolse a Peron un sorriso acido. — Non posso consentirle l’accesso alle banche dati. Come le ho già detto, questa è una situazione senza precedenti. Nessuno si è mai unito al nostro gruppo, qui, senza indottrinamento. Quello che le accadrà potrà venir deciso soltanto dopo che avremo raggiunto il Quartier Generale, e fino a quando noi non saremo arrivati laggiù, lei dovrà fare esattamente come le verrà detto. Vuol vedere i suoi compagni? Molto bene. Ordine: rimuovi questo vassoio.
Il vassoio scomparve all’istante.
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