Robert Silverberg - Padrone della vita, padrone della morte

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Padrone della vita, padrone della morte: краткое содержание, описание и аннотация

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Soprapopolazione globale, nuovo siero d’immortalità ed un ambasciatore extraterrestre ostile sono soltanto alcuni problemi di Roy Walton, recentemente nominato dal governo alla carica del Padrone della vita e della morte.

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— Lascerò l’ufficio per qualche tempo — disse, raucamente. — Inoltri tutte le chiamate al signor Eglin.

Doveva vedere Fred.

La prigione della Sicurezza era un edificio grande e massiccio che sorgeva fuori dei limiti veri e propri della città, una torre senza finestre vicina a Nyach, New York. Il jetcottero privato di Walton scese silenziosamente sul piano di atterraggio, sull’ampio parapetto dell’edificio. Contemplò l’aspetto cupo e metallico dell’edificio per qualche istante.

— Devo aspettare qui? — chiese il pilota.

— Sì — disse Walton. Avuto accesso al posto di direttore permanente, aveva ottenuto anche il privilegio di usare un jetcottero privato e un pilota umano. — Non ci metterò molto tempo.

Lasciò il piano di atterraggio ed entrò nel campo visuale di un rivelatore. Ci fu una lunga pausa. L’aria, quassù, pensò Walton, è fresca e pulita, non come l’aria di città.

Una voce disse: — Perché si trova qui?

— Sono Walton, direttore di Poppy, ho un appuntamento con il Capo della Sicurezza, Martinez.

— Aspetti un momento, direttore Walton.

Nessuno degli ossequiosi “signore” e “per favore” ai quali Walton si era abituato.

In un certo senso, il tono brusco e informale con il quale ci si rivolgeva a lui era fresco e pulito come l’aria non contaminata.

Le orecchie di Walton avvertirono un ronzio elettronico; lo stavano perquisendo accuratamente. Dopo un momento la porta di metallo, davanti a lui, si aprì silenziosamente, e si trovò davanti a una porta interna di bronzo brunito.

C’era uno schermo nella porta interna. Il viso di Martinez apparve sullo schermo.

— Buongiorno, direttore Walton. Lei è qui per il nostro colloquio?

— Sì.

La porta interna si chiuse. Questa volta, due minacciosi cannoni atomici apparvero davanti al suo viso, puntati in tutta regola. Walton sobbalzò involontariamente, ma un sorridente Martinez si fece avanti, davanti ai cannoni, e lo salutò.

— Bene, perché è venuto qui?

— Per vedere un suo prigioniero. Mio fratello Fred.

Martinez corrugò la fronte e si passò lentamente una mano tra i capelli.

— Vedere i prigionieri è assolutamente proibito, signor Walton. Vederli di persona, cioè. Potrei disporre un collegamento video a circuito chiuso per lei.

— Proibito? Ma quell’uomo si trova qui solo in base alla mia parola. Io…

— I suoi poteri, signor Walton, sono ancora lievemente meno che infantili. Questa è una regola che non abbiamo mai infranto, e non infrangeremo mai. I prigionieri della Prigione sono tenuti sotto costante sorveglianza della sicurezza, e la sua presenza nelle celle minerebbe dalle fondamenta il nostro intero sistema. Basterà il collegamento video?

— Penso che dovrò accontentarmi — disse Walton. Non era dell’umore più adatto per discutere, ora.

— Venga con me, allora — disse Martinez.

L’agente della Sicurezza lo scortò lungo un corridoio male illuminato, facendolo poi entrare in una stanzetta laterale, una parete della quale era occupata interamente da uno schermo video.

— Qui potrà avere una totale sicurezza — gli assicurò Martinez. — Il colloquio sarà assolutamente privato. — Regolò dei quadranti, mormorò alcune parole. Lo schermo cominciò a illuminarsi.

— Mi chiami quando avrà finito — disse Martinez. Parve uscire dalla stanza scivolando su binari invisibili, lasciando Walton solo con Fred.

L’enorme schermo era come una finestra sulla cella di Fred. Walton affrontò lo sguardo amaro del fratello.

Fred aveva un aspetto demoniaco. Gli occhi erano cerchiati di nero; i capelli scompigliati, il viso sporco e stanco. Disse: — Benvenuto nel mio lussuoso palazzo, carissimo fratellino.

— Fred, non rendermi le cose difficili. Sono venuto qui per cercare di chiarire le cose. Non “voglio” tenerti qui per sempre. Sono stato “costretto” a farlo.

Fred sorrise minacciosamente.

— Non hai bisogno di scusarti. È stata tutta colpa mia. Ti ho sottovalutato; non avevo capito che eri cambiato. Pensavo che fossi lo stesso stupido onesto e sentimentale che avevo conosciuto fin dalla nascita. Non lo sei più, invece.

— Può darsi. — Walton rimpianse di non avere preso quella pillola di tranquillante, dopotutto. Ogni nervo del suo corpo pareva vibrare. Disse: — Oggi ho scoperto che Lamarre è morto.

— E allora?

— Allora Poppy non ha alcun modo possibile di ottenere il siero dell’immortalità, se non attraverso te. Fred, ho bisogno di quel siero. L’ho promesso allo straniero, in cambio dei diritti di colonizzazione su Procione VIII.

— Un piccolo, nitido contratto — disse raucamente Fred. — Quid pro quo. Be’, mi spiace rovinarti la festa, ma non ti dirò dov’è nascosto il “quo”. Non otterrai il siero da me, fratellino caro.

— Ti posso sottoporre a lobotomia totale — disse Walton. — Ti faranno a pezzi il cervello e lo strapperanno uno strato dopo l’altro, finché non avranno scoperto cosa vogliono. Non rimarrà molto di “te”, quando avremo scoperto il siero, ma l’avremo.

— Niente da fare. Neppure tu puoi fare una cosa del genere — disse Fred. — Non puoi ottenere un permesso di lobotomia totale solo chiedendolo. Devi averne l’autorizzazione del Presidente. Ci vorrà almeno un giorno per inoltrare la richiesta secondo i normali canali burocratici… mezza giornata, se lavori davvero bene. E prima che passi mezza giornata, Roy, io sarò fuori di qui.

— Cosa?

— Mi hai sentito bene, sai? Fuori. Sembra che tu mi stia trattenendo qui in base a elementi molto tenui. L’“habeas corpus” non è stato ancora sospeso, Roy, e Poppy non è abbastanza grossa da farlo. Ho formulato una richiesta di scarcerazione. Sarò rilasciato alle quindici di oggi.

— Ti farò ritornare qui dentro dopo mezz’ora — disse rabbiosamente Walton. — Stiamo arrestando Di Cassio e tutta la sua banda. E avremo degli elementi sufficienti per sommergere il tuo “habeas corpus”.

— Ah! Sì, può darsi — disse Fred. — Ma io starò fuori di qui per mezz’ora. E in mezz’ora riuscirò a far sapere al mondo come tu abbia esercitato un privilegio speciale, risparmiando Philip Prior dal Sonno Felice. Io sono l’unico a saperlo, e sarò io a dirlo. Cavatela, allora, se ci riesci!

Walton cominciò a sudare.

Fred l’aveva inchiodato davvero, stavolta.

Qualcuno, nella Sicurezza, gli aveva evidentemente permesso di far uscire dalla torre impenetrabile la sua richiesta. Martinez? Be’, non importava. Alle quindici Fred sarebbe stato libero, e l’incidente del piccolo Prior, tenuto nascosto per tanto tempo, sarebbe stato diffuso da tutti i giornali. Per Walton sarebbe stata la fine; gli affari avevano raggiunto un punto troppo delicato perché lui dovesse anche correre il rischio di difendersi, perdendo evidentemente la faccia di fronte al mondo. Fred forse non sarebbe riuscito a salvarsi, ma avrebbe certamente rovinato il fratello.

Era impossibile ottenere un’autorizzazione di lobotomia totale prima delle quindici; il presidente Lanson in persona avrebbe dovuto firmare l’autorizzazione, e il vecchio burattino avrebbe preso tempo.

Era impossibile tentare la lobotomia, ma c’era ancora un’arma nelle mani del capo di Poppy, se lui voleva usarla. Walton si inumidì le labbra.

— Sarò molto preciso — disse. — Te lo chiedo per l’ultima volta: mi vuoi cedere il siero di Lamarre, per usarlo nei miei negoziati con il dirnano?

— Stai scherzando? No! — disse Fred, con sicurezza. — Neppure per salvare la vita a te o a me stesso. Ti ho portato dove ti volevo portare, Roy. Dove ti volevo portare, ed è tutta la vita che sogno questo momento. E non puoi uscirne, non puoi… credi che ti voglia aiutare, adesso?

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