Considerò la situazione con intelligenza freddamente critica. In che modo il grande Sherlock Holmes avrebbe affrontato il problema? (Era caratteristico il fatto che uno dei pochi uomini ammirati da Lawson non fosse mai esistito.) Eliminato il mare aperto, restava una sola possibilità: il battello doveva essersi bloccato o lungo la costa o nei pressi delle montagne, probabilmente nella zona… (Tom confrontò la carta)… nella zona chiamata Lago del Cratere. Logico, del resto; un incidente, era più probabile che capitasse qui che sulla pacifica distesa del mare.
Tornò a guardare le fotografie, concentrandosi stavolta sulle montagne. Subito s’imbatté in una nuova difficoltà. C’erano massi e crepacci sparsi lungo tutte le coste del Mare… e ognuna di quelle ombre poteva essere il Selene. Non solo, ma c’erano molte zone che non poteva esaminare perché erano nascoste dalle montagne stesse: il Lago del Cratere, per esempio, chiuso com’era tra le pareti di roccia. Quell’area poteva essere battuta soltanto dalle slitte, operanti al livello del suolo; l’occhio onniveggente di Tom Lawson non penetrava oltre quello sbarramento.
Era meglio chiamare la stazione di Lato Terra e fare rapporto.
«Qui Lawson, da Lagrange II» disse, appena fu in contatto. «Ho esaminato tutto il Mare della Sete; non c’è assolutamente nulla. Il vostro Selene dev’essersi arenato vicino alla costa.»
«Grazie» gli rispose una voce avvilita. «Siete sicuro?»
«Sicurissimo. Vedo perfino le vostre slitte, e il Selene è almeno tre volte più grande.»
«Niente lungo le coste?»
«Ci sono troppi particolari di grandezza ridotta per stabilirlo. Vedo una cinquantina… forse un centinaio di oggetti che potrebbero essere il Selene. Appena si leverà il sole li studierò meglio. Purtroppo, adesso laggiù è notte.»
«Grazie lo stesso. Avvertiteci subito se trovate qualcos’altro.»
A Clavius City, Davis, il capo della Commissione Turismo, ascoltò rassegnato il rapporto di Lawson. Ormai, non restava altro che avvertire i parenti. Era pericoloso, oltre che impossibile, mantenere più a lungo il segreto.
Davis si rivolse all’ufficiale del Controllo Traffico e domandò: «È arrivato quell’elenco dei passeggeri?»
«Sta arrivando in questo momento da Porto Roris, per Telefax: eccolo.» L’ufficiale porse il foglio a Davis, e aggiunse incuriosito: «C’era qualche persona importante tra i passeggeri?»
«Tutti i turisti sono importanti» replicò gelido Davis, senza staccare gli occhi dal foglio. Poi, quasi senza fiato, aggiunse: «Santo Cielo!» Che succede?
«A bordo c’era il commodoro Hansteen.»
«Cosa? Non sapevo che si trovasse sulla Luna.»
«Nessuno doveva saperlo, era una cosa riservata. L’avevamo invitato a far parte della Commissione Turismo, ora che è in pensione. Ma lui voleva prima farsi un’idea, in incognito, e poi decidere.»
Seguì un silenzio penoso, mentre i due uomini consideravano l’ironia della situazione. Un uomo che era stato uno dei più famosi eroi dello spazio, scompariva ora come un turista qualsiasi in un banale incidente sulla Luna, il meschino retrobottega della Terra…
«Sarà una sfortuna per il commodoro» osservò l’ufficiale del Controllo Traffico. «Però è una gran fortuna per gli altri passeggeri, ammesso che siano ancora vivi…»
«E di fortuna ne hanno proprio bisogno, visto che nemmeno l’Osservatorio può aiutarci» sospirò Davis.
Aveva ragione sul primo punto, ma sul secondo si sbagliava in pieno. Il dottor Thomas Lawson aveva ancora diversi assi nella manica.
E ne aveva anche il Padre Vincent Ferraro, S.I., uno scienziato di tutt’altro tipo. Era un peccato che Padre Ferraro e Tom Lawson fossero destinati a non incontrarsi mai; si sarebbero visti dei fuochi d’artificio di prima grandezza. Padre Ferraro credeva in Dio e nell’uomo; Lawson non credeva né nell’uno né nell’altro.
Il prete aveva iniziato la sua carriera scientifica come geofisico, poi aveva deciso di cambiare mondo ed era diventato un selenofisico, termine che fortunatamente usava solo nei momenti di maggior pedanteria.
Nessuno conosceva meglio di lui l’interno della Luna, che veniva spiato da batterie di strumenti collocati strategicamente sopra tutta la superficie lunare.
Quegli strumenti avevano appena annunciato alcuni fenomeni piuttosto interessanti. Alle ore 19, 35’, 47» ora lunare, c’era stato un forte lunamoto più o meno nella zona del Golfo delle Iridi; fatto abbastanza singolare, dato che quell’area era particolarmente stabile perfino per un mondo tranquillo come la Luna. Padre Ferraro mise in azione i suoi strumenti perché accertassero l’epicentro della scossa e ogni altro dato possibile, poi li lasciò al loro lavoro per andarsene a pranzo. Fu allora che i colleghi gli parlarono del battello scomparso.
Nessuna calcolatrice elettronica può battere il cervello umano nell’associare fatti all’apparenza irrilevanti. Padre Ferraro non fece in tempo a portarsi alla bocca il primo cucchiaio di minestra che già il suo cervello aveva addizionato due più due arrivando a una conclusione perfettamente logica, ma disastrosamente errata.
«… e questa, signore e signori, è la situazione» concluse il commodoro Hansteen. «Non corriamo pericoli immediati, e io non ho il minimo dubbio che saremo localizzati al più presto. Fino a quel momento, dobbiamo affrontare la situazione nel migliore modo possibile.»
Tacque, e scrutò rapidamente le facce ansiose rivolte verso di lui.
Aveva già individuato le eventuali fonti di complicazione: l’omino col tic nervoso, la signora dall’espressione acida che continuava ad attorcigliare il fazzoletto… Forse, a metterli seduti vicini, si sarebbero neutralizzati a vicenda.
«Il capitano Harris e io abbiamo studiato un piano d’azione. Cibo semplice e razionato, ma in quantità sufficiente, tanto più che non avremo alcuna attività fisica da svolgere. Pregheremmo le signore di dare un po’ d’aiuto alla signorina Wilkins, che avrà molto lavoro… Il vero problema sarà quello di combattere la noia. A proposito, qualcuno ha con sé dei libri?»
Ci fu un gran frugare nelle valigie e nelle borse. La biblioteca che ne uscì era composta di guide lunari assortite, comprese sei di quelle fornite dalla Commissione Turistica; un bestseller in voga, L’arancia e la mela, il cui improbabile tema era un amore tra Nell Gwynn e Sir Isaac Newton (Nota: Libro inesistente, inventato da Clarke. Nell Gwynn (1650–1687) fu una delle prime attrici britanniche (fino ad allora, infatti, i ruoli femminili a teatro erano impersonati da uomini) e amante di lunga data di Carlo II d’Inghilterra. Non esistono prove che abbia mai incontrato Isaac Newton! (N.d.R.). Fine nota) un’edizione a cura della Harvard University Press de Il cavaliere della valle solitaria con dotte annotazioni di un professore d’inglese; un’introduzione al positivismo logico di Auguste Comte; e una copia della settimana precedente del «New York Times», edizione Terra. Non era molto, ma con un intelligente razionamento poteva servire ad affrontare le ore di attesa.
«Sarà bene creare una specie di Comitato Ricreativo che studi il modo migliore di sfruttare questo materiale, ma non so come la metteremo con Monsieur Comte. Nel frattempo, dato che ormai tutti conoscete la situazione, c’è qualcuno che desidera chiedere chiarimenti al capitano Harris o a me?»
«C’è una cosa che vorrei domandare» disse la voce inglese che si era complimentata per il tè. «Non c’è qualche probabilità che si risalga a galla? Voglio dire, se questa sostanza è simile all’acqua, non dovremmo balzare alla superficie, prima o poi, come farebbe un turacciolo?»
Il commodoro proprio non se l’aspettava. Guardò Pat e disse, piuttosto avvilito:
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