Dwight Hopkins sospirò e si passò la mano sul mento e sulla bocca.
«Molto bene» disse. «Comunque, signor Yardborough, faccia in modo che l’ipotesi del dottor Jeffers sia sviluppata con tutti i mezzi a disposizione. Priorità assoluta. Non dobbiamo lasciare inesplorata nessuna possibilità. L’emergenza nazionale sta crescendo spaventosamente. E ora» continuò Hopkins «veniamo a un altro punto, assai spiacevole. Generale Crew, per favore?»
Il generale scattò pesantemente in piedi. Prima ancora che aprisse la bocca, la sua faccia era diventata scura. Prese la copia di un giornale dal tavolo di Hopkins e lo agitò in aria con forza.
«Chi è il traditore che ha soffiato tutta questa storia alla AP-Reuter?»
«AP-Reuter!» esplose Buzz. «Vuol forse dire che qualcuno è arrivato prima di me? Questa non dovevano farmela!»
Ed Wonder si tolse il giornale che aveva infilato in tasca, guardò la prima pagina. Il titolo era a caratteri cubitali: MALEDETTE DA UN PREDICATORE RADIO E TV.
Non c’era bisogno di leggere l’articolo. Ed sapeva che non sarebbe mancato un solo particolare.
«Pensavo che nessuno ti avrebbe creduto» disse rivolto al giornalista.
Buzz sorrise, si tolse il sigaro di bocca e lo puntò al petto di Ed. «È qui che mi è venuto il colpo di genio. Era la mia storia, sin dall’inizio, e dovevo vederla stampata su un giornale. Ieri mi hai lasciato in mano l’ufficio. Così ho mandato un paio di ragazzi a Kingsburg a requisire il Vecchio Ulcera. L’hanno sollevato di peso dalla sedia al giornale e l’hanno portato qui. L’ho portato in giro a vedere con i suoi occhi… Gli ho mostrato tutta la gente che lavora al Progetto Tubber. Finalmente gli è entrata in testa. Che lui personalmente ci creda o no, si è reso conto che la storia più colossale del secolo è esplosa proprio nella sua città, sotto la sua sedia. Avevo già il pezzo pronto. Ha solo dovuto prenderlo e portarlo con sé.»
«E l’AP-Reuter l’ha ripresa dal “Times Tribune”, disgraziato!» lo assalì Ed. «Capisci che cos’hai fatto?»
«So io cos’ha fatto» interloquì Hopkins. «Ha reso ridicolo il governo. Credevo di aver messo in chiaro che questa fase delle indagini doveva essere mantenuta segreta fino al giorno in cui avessimo in mano elementi più definiti.»
Ed Wonder era in piedi e rifletteva a velocità vertiginosa. «Ha fatto di molto peggio. Ha firmato la condanna a morte di Tubber e di sua figlia.»
Buzz lo guardò accigliato, senza capire.
«Non dire sciocchezze, amico. È ovvio che non ho rivelato dove si trovano. Sono al sicuro nella loro casetta di Elisio. Certo, moltissima gente ce l’avrà a morte con loro. Una buona occasione per dare una lezione al vecchio Zechi. Così scoprirà che razza di vipera lo considera il mondo intero.»
«Ma non è a Elisio!» esclamò Ed. «In questo momento si trova a Oneonta, con quella ridicola tenda, a diffondere il suo vangelo. Avanti, Buzz! Sei stato tu a combinare il guaio, e adesso verrai con me. Lo linceranno.»
Buzz scagliò per terra il sigaro. «Maledizione!» mormorò avviandosi alla porta.
Anche il generale si era alzato. «Aspettate un momento. Potrebbe essere la soluzione migliore.»
Ed Wonder lo investì con un’occhiata di disprezzo.
«Come quell’altra trovata geniale, quella del tiratore scelto che gli spara da lontano? Si limiti a prendere in considerazione solo due possibili conseguenze, mio caro soldato. Primo: supponiamo che Tubber si metta a scagliare maledizioni contro la folla che lo assale per linciarlo. Ha idea di che cosa potrebbe accadere? Oppure, seconda ipotesi: supponiamo che la folla riesca a prenderlo e lo faccia fuori. Pensa che l’effetto delle maledizioni avrà fine con la sua morte? Come facciamo a dirlo con certezza?»
Buzz era già fuori della porta e stava attraversando gli uffici esterni a grandi passi. Ed lo seguì.
«Un momento!» chiamò Hopkins. La sua proverbiale calma era finita chissà dove. «Posso avvertire la polizia di Oneonta.»
«No!» gridò Ed senza voltarsi indietro. «Tubber e Nefertiti conoscono bene me, mentre la presenza di qualche piedipiatti dalla mano pesante potrebbe avere il solo effetto di aumentare i fuochi d’artificio.»
Nell’atrio, Johnson e Stevens scattarono in piedi come molle.
Ed li investì con una serie di ordini. «Telefonate al garage. Fate preparare per noi il mezzo più veloce che la polizia abbia a disposizione. Dev’essere pronto prima che noi arriviamo giù. Spicciatevi, buffoni di piedipiatti!»
Si precipitò come un toro infuriato per il corridoio fino all’atrio degli ascensori.
Quando arrivò, Buzz ne aveva già chiamato uno. S’infilarono nella cabina, premettero il bottone della discesa rapida e quasi sentirono le gambe cedere sotto la spinta dell’accelerazione.
L’aeromobile li aspettava. Ed si fece riconoscere e saltò sul sedile anteriore insieme a De Kemp.
«Come accidenti funziona questa maledetta macchina?» chiese Buzz. «Non ho mai guidato un’aeromobile automatica.»
Ed Wonder conosceva bene le Cyclon di Helen. «Così!» esclamò, e compose sul dispositivo elettronico la combinazione che avrebbe fatto dirigere la vettura all’uscita del ponte Washington e alle autostrade del Nord. Successivamente prese la mappa nel cassetto del cruscotto e localizzò Oneonta. La cittadina, situata all’estremità settentrionale dello Stato di New York, non era più distante dalla metropoli di Kingsburg, ma si trovava più a ovest. La strada più breve era quella che passava da Binghamton.
Il viaggio fu una lunga agonia. Non sarebbero arrivati prima di mezzogiorno. Non sapevano nemmeno dove Tubber aveva rizzato la tenda. Non avevano nessun modo di sapere quando avrebbe cominciato a predicare. Se era come a Saugertis, non ci sarebbe stato un solo sermone al giorno, ma parecchi, a ciclo continuo. Forse aveva cominciato molto presto.
Ed Wonder immaginava che Tubber non sarebbe riuscito a finire la prima predica. Nell’istante in cui il pubblico avesse capito di chi si trattava, sarebbe stata la fine. Imprecò silenziosamente. Magari avevano già capito. Magari il giornale di Oneonta aveva già pronta l’edizione straordinaria con la grande notizia in prima pagina. Certamente il quotidiano “Oneonta Star” era un abbonato della AP-Reuter e riceveva il notiziario per telescrivente. Se un cronista brillante aveva collegato le due storie e rivelato che il tanto discusso profeta era in città, a quell’ora Tubber era già stato linciato dalla folla.
Per quanto riguardava il problema d’individuare la tenda di Tubber, avrebbero potuto risparmiarsi le ansie. Il vociare della folla era udibile a grande distanza. Ed Wonder staccò il pilota automatico e guidò manualmente. S’infilò nei quartieri meridionali della città senza ridurre la velocità.
«Ehi, amico, calma!» strillò Buzz.
«La sirena» proruppe Ed. «Dev’esserci un bottone o una leva. Trova la sirena! Questa maledetta aeromobile deve pur avere una sirena!»
Buzz si diede da fare. L’ululato della sirena si sparse sulla cittadina a ondate intermittenti. Attraversarono come una freccia il centro mentre il traffico si faceva da parte, a destra e a sinistra. E il traffico non era poca cosa. Ed Wonder sospettò che la grande maggioranza degli abitanti stesse partecipando al linciaggio.
Giunsero in vista del luogo dei disordini. C’era un incendio. Quando furono abbastanza vicini, videro che la tenda bruciava.
Era la stessa identica scena del tentativo di linciaggio dell’operatore del cinema a Kingsburg. Con una sola differenza: la folla era dieci volte più numerosa, troppo numerosa perché la polizia potesse intervenire.
C’erano migliaia di persone: urlavano, agitavano le braccia, e il frastuono era spaventoso. Ai margini della calca, però, la gente si limitava ad agitarsi senza nemmeno rendersi conto di quello che stava accadendo al centro di quello smisurato grappolo umano, e senza poter fare niente.
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