«Non capisco che cosa voglia dimostrare, caro fratello.»
Ed tese l’indice verso di lui. «Lei non tollera che gli altri la controllino, che controllino i suoi pensieri, le sue azioni. Ma è proprio quello che lei, con il suo potere… qualunque sia… ha fatto a noi. A tutti noi. Lei, l’uomo buono per definizione, è in realtà il peggiore tiranno della storia dell’umanità. In confronto, Gengis Khan era un piccolo imbroglione, Cesare un dilettante, Napoleone e Hitler dei buontemponi. In confronto…»
«Basta!» gridò Tubber.
«E quale sarà la sua prossima mossa?» disse Ed, mettendo il massimo disprezzo nella voce. «Ci toglierà la parola in modo che non potremo nemmeno protestare contro le sue decisioni?»
Tubber lo guardò: la sua tristezza lincolnesca era più profonda che mai.
«Io… io non immaginavo. Io… pensavo…»
Dwight Hopkins s’inserì con la sua solita abilità. «Proporrei un compromesso, signore, ehm, cioè Ezechiele. Nonostante tutti gli sforzi, non è riuscito a portare il suo messaggio… quali che siano i suoi meriti o i suoi difetti… alla gente che lei ama, ma che fino a ora l’ha respinto. Bene, il compromesso che propongo è questo. La sua voce potrà essere trasmessa per un’ora al giorno, ogni giorno, da ogni stazione radio e TV di tutto il mondo. In quell’ora, non ci sarà nessun programma in concorrenza con il suo. Quest’ora sarà esclusivamente per lei, per tutto il tempo che lo desidererà.»
Nefertiti e il profeta guardavano Hopkins con gli occhi sbarrati.
«E… in cambio?» domandò Tubber.
«In cambio, tutte le sue, ehm, maledizioni, dovranno essere ritirate.»
Il profeta, ancora sconvolto, esitava. «Anche se parlassi ogni giorno alla radio, forse non mi ascolterebbero.»
Buzz De Kemp fece un ghigno con il sigaro fra i denti. «Non c’è nessun problema. Ancora un piccolo incantesimo. Che sia l’ultimo però, deve prometterlo. Un incantesimo che faccia ascoltare tutti. Non che li costringa a credere ma solo ad ascoltare.»
«Non… non so se sia possibile eliminare gli effetti…»
«Provi» lo esortò Hopkins sommessamente.
Il generale Crew disse: «Ora che ci penso, ho tre figlie. Da quando è in funzione quella maledizione contro i cosmetici e la vanità femminile, la vita è molto più sopportabile. Riesco perfino ad andare in bagno la mattina. Non sarebbe possibile mantenere almeno quella?»
«E quella contro tutti i juke-box» mormorò Braithgale. «Detesto i juke-box.»
«La cosa che odio di più al mondo» disse Buzz «sono i giornali a fumetti. Se almeno…»
Jim Westbrook scoppiò improvvisamente a ridere. «In cambio dei miei libri, amico, può mantenere la maledizione sulla radio e la televisione.»
Dwight Hopkins li fulminò con uno sguardo corrucciato. «Avete detto abbastanza stupidaggini, signori.»
L’anziano profeta emise un profondo sospiro.
«In verità io dico…»
Ed Wonder, vice direttore della stazione radio-TV Wan di Kingsburg, entrò con passo elastico negli uffici della direzione e strizzò l’occhio a Dolly.
«Che bella acconciatura ti sei fatta oggi!»
«Grazie, Pic… uh, signor Wonder.»
Ed fece una smorfia. «A proposito. Sarebbe bene che portassi un panno umido a Jerry nella cabina di regia dello Studio Tre. Perde sangue dal naso. Quel ragazzo non vuole imparare il mio nome.»
Dolly si alzò. «La signora Wonder l’aspetta in ufficio» annunciò.
«Bene» disse Ed, e si avviò nel suo ufficio privato.
Nefertiti era in piedi davanti alla finestra, quando Ed entrò. Si voltò verso di lui.
Ed la prese per le mani e l’allontanò da sé fingendo di esaminare il suo vestito nuovo con occhio critico. «Di nuovo grandi acquisti, eh? Cara, sei proprio nata per fare l’indossatrice.»
«Non è una meraviglia? Ah, Ed, dimenticavo. C’è un telegramma di Buzz e Helen. Sono alle Bermude.»
«I nostri colombi in luna di miele, eh?»
Il citofono sul tavolo si accese e la voce di Dolly comunicò: «Il signor Fontaine è nell’ufficio del signor Mulligan, signor Wonder. Desidera vederla.»
Ed baciò la moglie. «Aspettami un momento, tesoro. Mi sbrigo subito, poi andiamo a mangiare.»
Si avviò verso l’ufficio di Mulligan. Chissà che cosa voleva Fontaine, proprio in quel momento.
Jensen Fontaine alzò gli occhi dal tavolo. Mulligan, il Grassone, non c’era. Fontaine sembrava su tutte le furie.
«Qualcosa che non va, signor Fontaine?» domandò Ed, sedendosi tranquillamente e mettendosi una sigaretta fra le labbra.
«Quel maledetto comunista, quel Tubber!»
«Mio suocero non è affatto un comunista, signor Fontaine. Chieda a Buzz tutte le spiegazioni del caso. La prova definitiva è che c’è voluto l’intervento delle Nazioni Riunite per convincere il Complesso Sovietico ad accordargli l’ora che era stata pattuita nei loro programmi radio-TV.»
«E io dico che è un sovversivo! Perché mai le ho lasciato usare la mia stazione radio per dare il via a queste trasmissioni mondiali, non lo saprò mai!»
Ed accese la sigaretta, gettò il fiammifero nel portacenere sul tavolo e disse con aria tranquilla: «In primo luogo è stata un’iniziativa di grande prestigio per la nostra stazione. E poi, i dieci minuti che precedono e seguono l’ora di Giosuè valgono il loro peso in diamanti. Gli affari vanno a gonfie vele. Tutti sono felici.»
«Ma quello sta predicando il suo maledetto messaggio sovversivo, che Dio lo confonda, a ogni uomo, donna e bambino in grado di avvicinarsi a un apparecchio radio o a un televisore.»
«Era questo l’accordo» gli ricordò Ed in tono persuasivo. «Dwight Hopkins ha avuto il suo da fare per convincere tutti ad accettarlo.»
Jensen Fontaine picchiò il pugno sul tavolo. «Ma lei non capisce!» urlò. Indicò con gesto drammatico un mucchio di corrispondenza che riempiva un angolo della stanza. «Lettere. Lettere da ogni paese del mondo. È già un disastro che questo ultraradicale sputi il suo veleno…»
«Macché veleno!» mormorò Ed.
«…sovversivo in inglese, ma che poi venga anche tradotto in ogni lingua dell’universo…!»
«Fa parte dell’accordo» commentò calmo Ed.
Sembrava che Fontaine stesse per esplodere da un momento all’altro. «Ma è possibile che non riesca a capire, Ed Wonder? Non si rende conto del disastro che hanno combinato quell’asino di Dwight Hopkins e quei comunisti di Super Washington?»
Ed inarcò le sopracciglia. «Pensavo di saperlo perfettamente» rispose. «Hanno offerto a mio suocero la possibilità di diffondere il suo messaggio alla radio e alla televisione.»
«Sì! Ma non hanno considerato le conseguenze?»
Ed lo fissò con sguardo interrogativo.
Il padrone della stazione radio indicò con un gesto enfatico i pacchi di corrispondenza. «Dieci di quelle lettere contro una sono favorevoli al programma di Tubber. Non capisce ancora? La gente comincia a credere in lui!»
«In nome della Grande Madre!» esclamò Ed.
«Ha seguito i sondaggi della pubblica opinione? La gente sta cominciando a dar retta a questo… questo… pazzo esaltato. Se continua così, alle prossime elezioni potrà fare approvare a grande maggioranza quella sua insensata idea di Elisio!»
«In nome della Grande Madre!» ripeté Ed.
FINE