«Il dovere delle persone dalla mente forte», sostiene, «è di rafforzare i sogni, di focalizzarli, non in vista di risultati pratici o di nuove invenzioni, ma come un mezzo per capire il mondo attraverso una miriade di esperienze e di sensibilità (non solo umane). I sogni dei più grandi sognatori possono offrire, a coloro che li condividono, lo scorcio di un ordine sottostante a tutti gli stimoli caotici, alle reazioni, agli atti, alle parole, alle intenzioni e alle immaginazioni dell’esistenza diurna e notturna.
«Di giorno siamo separati», continua lei. «Di notte siamo uniti. Dovremmo seguire i nostri sogni, non quelli di stranieri che non possono unirsi a noi nel buio. Con quelle persone possiamo parlare; possiamo imparare da loro e insegnare loro qualcosa.
«Così dovremmo fare, perché questa è la Via del giorno. Ma la Via della notte è diversa. È allora che ci riuniamo lontano da loro. Il sogno da noi sognato è la strada che ci permette di attraversare la notte. Gli stranieri conoscono il nostro giorno, ma non la nostra notte, non la Via che percorriamo. Allora solo noi possiamo trovare la nostra strada, mostrarcela l’un l’altro, seguire la lanterna delle nostre menti forti, seguire nell’oscurità i nostri sogni.»
La somiglianza tra la frase di Sorrdja, «strada attraverso la notte» e quella di Freud, «strada reale per l’inconscio», è interessante ma, sospetto, superficiale.
Visitatori del mio piano hanno discusso con i frinth le teorie psicologiche, ma né quelle di Freud, né quelle di Jung hanno riscosso molto interesse presso di loro. La «strada reale» dei frinth è percorsa non da una singola anima e in segreto, ma da una moltitudine e in comune. I sentimenti soppressi, per quanto distorti, nascosti e simbolici sono proprietà collettiva di tutti coloro che abitano in una casa e nelle sue vicinanze.
L’inconscio dei frinth, collettivo o individuale, non è una fonte cupa, profondamente sepolta sotto anni di evasioni e di negazioni, ma una sorta di grande lago illuminato, alle cui rive tutti accorrono per nuotare, nudi, ogni notte.
Di conseguenza l’interpretazione dei sogni non è, presso i frinth, un mezzo di rivelazione della personalità, di indagine psichica privata e di riadattamento. Non è neppure una caratteristica specifica della specie, perché gli animali condividono i sogni, anche se solo i frinth sono in grado di descriverli.
Per loro, il sogno è la comunione di tutte le creature del mondo. Pone profondamente in dubbio il concetto di personalità individuale.
Posso solo immaginare che per loro addormentarsi sia lasciare del tutto la propria personalità, per entrare — o per ritornare - nell’illimitata comunità dell’essere, un po’ come la morte per noi.
Hegn è un piccolo e accogliente piano benedetto da un clima meraviglioso e una vegetazione così ricca che il pranzo e la cena consistono nell’avvicinarsi a un albero e staccare un succulento e maturo frutto-bistecca al sangue scaldato dal sole, o sedersi sotto un cespuglio di llum e lasciare che i bocconcini dal gusto di burro vi cadano in grembo, se non direttamente in bocca. Poi per dessert ci sono i fiori di sorbice, piccanti, dolci, con una crosta piacevole da sgranocchiare.
Quattro o cinque secoli fa gli hegn erano chiaramente una razza attiva, intraprendente, che costruiva buone strade, belle città, eleganti ville di campagna e nobili palazzi, tutti circondati da giardini deliziosi (soprattutto nel senso alimentare). Poi sono caduti in una fase di calma piatta e attualmente si limitano a sopravvivere nelle loro bellissime case. Hanno alcuni hobby e li perseguono con una sorta di tranquilla ossessione. Alcuni si dedicano alla coltivazione e selezione di varietà di vitigni sempre migliori. (L’uva di Hegn fermenta sul ramo; un suo piccolo grappolo ha il sapore e l’effetto di un bicchiere di Veuve Clicquot. Lasciati sul ramo più a lungo, gli acini raggiungono una gradazione di 40-45 gradi e il sapore finisce per assomigliare a quello del whisky di solo malto.)
Alcuni allevano gorki domestici, graziosi animaletti dalle zampe corte; altri ricamano eleganti paramenti per le chiese; molti si divertono con lo sport. Tutti amano i ricevimenti e la vita di società.
In questi ricevimenti ci si veste con eleganza. Si mangia qualche acino d’uva, si danza un poco, si chiacchiera. La conversazione salta da un argomento all’altro ed è, per usare il termine con cui la definiremmo noi, alquanto insulsa. Verte sulla qualità e quantità dell’uva, un argomento che viene dibattuto con notevole approfondimento tecnico; sul tempo, che di solito è bello-stabile ma può sempre minacciare — o avere minacciato — pioggia; e sugli sport, soprattutto il sutpot, gioco caratteristico di Hegn, che richiede un campo da gioco di un paio di ettari e comporta due squadre, infinite regole, una grossa palla, vari piccoli fori nel terreno, una rete mobile, una mazza corta e piatta, due aste per il salto in alto, quattro arbitri e parecchi giorni di gioco.
Nessuna persona nata fuori di Hegn è mai riuscita a capire il sutpot. Gli abitanti di quel piano discutono l’ultima partita giocata e lo fanno con la stessa gravità, decisione e continua attenzione ai particolari con cui l’hanno giocata.
Altri argomenti di conversazione sono il comportamento dei gorki favoriti e la decorazione della chiesa locale. Di religione e di politica non si discute mai. Può darsi che non esistano neppure e che si siano ridotte a una successione di eventi e ricorrenze puramente formali, mentre il loro posto è riempito dall’elemento centrale, fuoco e fondamento della società di Hegn, che si può definire come il Grado di Consanguineità.
Il piano di Hegn è piccolo e quasi tutti coloro che vi abitano sono imparentati.
Dato che è una monarchia, o meglio una congerie di monarchie, quasi tutti sono un monarca o discendono da uno di essi. Ogni persona è un membro della Famiglia Reale.
Nei tempi antichi, questa universalità dell’aristocrazia ha portato a guai e dissensi. Pretendenti al trono rivali cercavano di eliminarsi tra loro: ci fu un lungo periodo di violenza chiamato la Purificazione dell’Almanacco, un conflitto chiamato la Guerra degli Agnati, e la breve e sanguinosa Rivolta dei Cugini Cadetti. Ma tutti questi litigi tra famigliari cessarono quando le genealogie di ogni individuo e di ogni dinastia vennero riconosciute e registrate nella grande opera del regno di Eduber XII di Sparg, il Libro del Sangue.
Giunto ora al 4880 anno, questo libro è, e lo dico senza timore di esagerare, l’elemento centrale di ogni casa di Hegn. Quasi tutti conoscono a memoria le parti che riguardano la propria famiglia. La pubblicazione dell’annuale Aggiunte e supplementi al Libro del Sangue è attesa come il principale evento dell’anno. Per mesi fornisce il piatto forte di tutte le conversazioni; la gente discute della dolorosa estinzione della Casa di Levigia con la morte del vecchio principe Levigvig; l’eccitante possibilità che gli Swad abbiano un erede, grazie al supremamente opportuno matrimonio tra Endol IV e la duchessa di Mabuber; l’inattesa successione del visconte Lagn alla corona di Est Fob, a causa dell’imprevista morte del nonno, dello zio e del cugino, tutti scomparsi nello stesso anno; o la re-legittimazione (per decreto del Consiglio degli Elettori Reali) del pronipote del Bastardo di Egmorg.
Su Hegn ci sono 817 re. Ciascuno ha titoli su certe terre o certi palazzi, o almeno parti di palazzi; ma la proprietà di una regione o il suo dominio non è quel che fa re. L’importante è avere la corona e portarla in determinate occasioni (come l’incoronazione di un altro re), avere la propria dinastia registrata in modo indiscutibile nel Libro del Sangue, e tracciare il solco di inaugurazione alla prima partita del campionato regionale di sutpot, presenziare all’annuale Benedizione del Pesce e sapere che la propria moglie è la regina, il primogenito, il principe della corona e il fratello è il principe reale e la sorella la principessa reale e i parenti e i loro figli sono di sangue reale.
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