Halstead non sapeva che il commodoro Brennan non si sognava neppure di aver perso la speranza, per disperata che potesse sembrare la situazione. Il suo ufficiale medico, dal quale era partita l’idea, stava già spiegando il progetto alla ciurma.
— Ecco quello che dovremo fare — disse il piccolo uomo bruno che fino a pochi mesi prima era stato uno dei primi chirurghi di Venere. — Non possiamo raggiungere i compartimenti stagni perché siamo circondati dal vuoto, e inoltre possediamo solo cinque tute. Questo apparecchio è stato costruito per il combattimento non per portare passeggeri, e temo che i suoi progettisti avessero altro per la testa che il Regolamento di Sicurezza Spaziale. Quindi non ci resta che fare buon viso a cattivo gioco. Fra un paio d’ore raggiungeremo la “Pegaso”. Per nostra fortuna, quell’astronave è fornita di ampi portelli per il carico delle merci e dei passeggeri: nei suoi compartimenti stagni, stringendoci un po’, potremo starci in trenta o quaranta… senza tuta, naturalmente. So bene che non è una prospettiva piacevole, ma è sempre meglio del suicidio. Dovrete respirare spazio, e senza tante storie. Non dico che sarà divertente, però è qualcosa che ricorderete per tutta la vita.
«E adesso state bene attenti. La prima cosa che debbo provarvi è che siete in grado di vivere per cinque minuti senza respirare… o, meglio, senza aver bisogno di respirare. È un trucco semplicissimo: gli yoga e i ciarlatani lo conoscono da secoli, ma non c’è niente di occulto, in esso, e si basa sulla fisiologia elementare. Per provarvelo, voglio che facciate un esperimento.»
Il medico prese un cronometro e continuò: — Quando dico “Via” dovete espirare completamente, cioè dovete vuotare i polmoni di tutta quanta l’aria che contengono. Poi staremo a vedere quanto tempo potrete resistere prima di dover respirare ancora. Non sforzatevi, limitatevi a trattenere il respiro fin quando potete, poi riprendete a respirare regolarmente. Io lascerò passare quindici secondi, poi comincerò a contare, così potrete vedere da voi quanto riuscirete a resistere. Se qualcuno non riuscirà ad arrivare fino al quindici, appoggerò la sua richiesta di congedo!
Lo scoppio di risa ruppe la tensione, proprio come voleva il dottore.
Quando il medico cominciò a contare oltre il quindici, ci fu qualche ansito. La conta durò fino a sessanta, punteggiata da qualche sospirane man mano che gli uomini cedevano. Alcuni, però, continuarono a trattenere caparbiamente il fiato anche dopo il minuto.
— Basta — disse il piccolo chirurgo. — Anche voialtri smettetela di strafare… Così rovinate la prova!
Ci fu un mormorio divertito: gli uomini ritrovavano il buon umore. Non capivano ancora che cosa stesse succedendo, ma almeno la speranza di salvarsi non era ancora perduta.
— Vediamo un po’ che cosa abbiamo combinato — riprese il medico. — Alzino le mani tutti quelli che hanno resistito dai quindici ai venticinque… Dai venticinque ai venti secondi… Adesso dai venti ai trenta… Jones, bugiardo, ti ho visto respirare al quindici… Adesso dal trenta al trentacinque…
Quand’ebbe finito, risultò che più della metà erano riusciti a trattenere il fiato per oltre trenta secondi, e nessuno era rimasto al di sotto dei quindici.
— Pressappoco quello che m’aspettavo — disse il medico. — Questo potete considerarlo come un esperimento di controllo, ma adesso cominciamo a fare sul serio. Debbo ricordarvi che adesso stiamo respirando ossigeno quasi puro, qui. Quindi, sebbene la pressione dell’astronave sia metà di quella esistente al livello del mare sulla Terra, i vostri polmoni inalano il doppio di ossigeno che se foste sulla Terra… e molto più del doppio che se foste su Marte o su Venere. Se qualcuno di voi è andato a fumare di nascosto in gabinetto avrà potuto constatare come sia ossigenata l’aria dal fatto che la sigaretta è durata solo pochi secondi.
«Vi spiego tutto questo per aumentare la vostra fiducia in quello che stiamo per fare. Ora voi dovrete gonfiare i polmoni e riempirvi di ossigeno. È un processo chiamato di iperventilazione, il che, in parole povere, vuol dire respirare profondamente. Quando io darò il via voglio che inspiriate il più profondamente possibile; poi dovrete espirare completamente, e così di seguito fin quando vi dirò basta. Dovrete andare avanti a farlo per un minuto… qualcuno si sentirà girare un po’ la testa, ma, alla fine, passerà. Aspirate più aria che potete, ogni volta, allargando le braccia in modo da espandere al massimo il torace. Poi, al termine di un minuto, vi dirò di espirare e quindi di smettere di respirare. Infine ricomincerò la conta. Vedrete che sorpresa! Bene, avanti… Via!»
Nel minuto che seguì i sovraffollati compartimenti dell’“Acheronte” presentarono uno spettacolo fantastico. Più di cento uomini, allargando le braccia, respiravano rumorosamente, come se fossero ogni volta all’ultimo respiro.
Alcuni erano troppo ammassati gli uni agli altri, per riuscire a respirare profondamente, e tutti dovevano aggrapparsi a qualcosa per evitare di perdere l’equilibrio ogni volta che espiravano.
— Basta! — gridò il medico. — Smettete di respirare, espellete tutta l’aria e vedrete quanto vi è possibile resistere prima di dover ricominciare la capo. Ricomincerò a contare: ma stavolta a partire dal trenta.
Il risultato, c’era da aspettarselo, lasciò tutti a bocca aperta. Uno solo non arrivò al minuto, ma in maggioranza lasciarono passare due minuti prima di dover respirare ancora. Taluni arrivarono comodamente ai tre e ai quattro minuti, e uno aveva superato i cinque quando il dottore gli disse di smettere.
— Credo che tutti voi abbiate capito quello che vi volevo provare. Quando i vostri polmoni sono carichi di ossigeno non provate il bisogno di respirare per qualche minuto, così come non avete voglia di mangiare dopo aver appena terminato un pasto sostanzioso. Non si tratta di sforzo o di tensione, non dovete trattenere il respiro: solo non vi occorre respirare. E vi assicuro che se ne andasse della vita riuscireste a fare altro che questo! Ora noi ci affiancheremo al “Pegaso”. Ci impiegheranno meno di trenta secondi per la manovra, e alcuni uomini del suo equipaggio saranno pronti all’esterno delle porte stagne, caso mai qualcuno devii. I portelli saranno richiusi immediatamente non appena saremo entrati tutti, e i compartimenti verranno riempiti d’aria. Il peggio che potrà capitarvi sarà un po’ di sangue dal naso.
Sperava che le sue previsioni rispondessero al vero; ma c’era solo un modo per constatarlo. Era un gioco pericoloso e imprevedibile, che non consentiva alternative. Ma per lo meno avrebbe offerto a ciascuno di loro la probabilità di salvare la pelle.
— E adesso — riprese — penserete probabilmente alla mancanza di pressione. Questa è la parte più spiacevole, anzi, l’unica spiacevole, ma resterete nel vuoto troppo poco per riportarne seri danni. Apriremo i portelli in due riprese: per primo lasceremo diminuire lentamente la pressione a un decimo di atmosfera, poi la ridurremo a zero in un colpo solo e ci butteremo fuori. La decompressione totale è dolorosa, ma non presenta pericolo di sorta. Dimenticate tutte le chiacchiere che avete sentito a proposito del corpo umano che esplode nel vuoto. Siamo ben più robusti, noi, e l’ultimo stadio, da un decimo d’atmosfera a zero, è assolutamente inferiore a tutte le prove finora eseguite in questo campo nei laboratori. Tenete spalancata la bocca e lasciatevi andare. Vi sentirete pungere la pelle, ma avrete ben altro in mente e non ci farete caso.
Il dottore tacque e girò lo sguardo sul suo pubblico silenzioso e attento. L’avevano presa bene tutti quanti, ma del resto c’era da aspettarselo, l’equipaggio dell’“Acheronte” era formato dal fior fiore dei tecnici e degli ingegneri planetari.
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