Arthur Clarke - Ombre sulla Luna

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Questo affascinante racconto scritto da uno dei migliori e piú noti autori di fantascienza si svolge tutto sulla Luna, in un’epoca — tra due secoli — nella quale i viaggi spaziali avranno superato il primo stadio, e già l’uomo avrà fondato le sue colonie sui pianeti del Sistema Solare. Come ora fra le nazioni della Terra, cosí domani fra la Terra e la Federazione dei pianeti si verranno inevitabilmente a creare situazioni passibili di sfociare in un conflitto armato. Ombre sulla Luna ci narra appunto come e perché la guerra ebbe luogo, quali ne furono le cause, e quali conseguenze ebbe... o meglio, avrà. E la descrizione è talmente vivida, accurata, poggiata su solide basi scientifiche, da dare l’ìmpressione di leggere una cronaca vera, di eventi veri, di uomini veri. E la Luna ci appare accessibile e familiare nella sua realtà. Arthur Clarke, l’indimenticabile autore di Sabbie di Marte, è tornato!

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Sotto i titoli “Direttori” e “Vice-Direttori” c’erano tre colonne intestate “Amministrazione”, “Servizi Tecnici” e “Osservatorio”. Sadler cercò il nome di Molton e lo trovò nella colonna “Osservatorio” subito dopo il Capo della sezione e in cima al breve elenco di nomi contrassegnato “Spettroscopia”. Molton, a quanto risultava, aveva sei assistenti, di cui due — Jamieson e Wheeler — facevano parte della comitiva che era sul treno. L’altro viaggiatore, come Sadler aveva potuto scoprire, non era un vero e proprio scienziato. Nello schema il suo nome spiccava isolato, e doveva rendere conto di sé soltanto al direttore. Sadler aveva il sospetto che questo segretario Wagnall fosse una potenza locale e che valesse la pena di coltivarlo.

Esaminò lo schema per mezz’ora, e già si era perduto in tutte le sue ramificazioni, quando uno dei passeggeri accese la radio. A Sadler la musichetta che si diffuse nella carrozza non diede alcun fastidio poiché le sue facoltà di concentrazione erano tali da permettergli di sopportare interferenze ben più fastidiose di quella. Alla musica seguirono i sei fischi del segnale orario, e infine una voce soave annunciò: — Qui la Terra, Canale Due, Rete Interplanetaria. Abbiamo trasmesso il segnale delle ore ventuno, tempo medio di Greenwich. Ultime notizie.

Non c’era il minimo disturbo, le parole arrivavano nitide come se fossero trasmesse dalla stazione locale. Erano invece partite dalla Terra, un secondo e mezzo prima, e già procedevano verso altri mondi più lontani. Per minuti e minuti non ci sarebbero stati uomini ad ascoltarle sul loro cammino, forse anche per ore, posto che gli apparecchi che la Federazione aveva dislocato intorno a Saturno fossero in ascolto. E quella voce proveniente dalla Terra avrebbe continuato per la sua strada, esasperandosi e affievolendosi oltre gli estremi limiti dell’esplorazione umana, finché in un punto imprecisato della zona di Alfa del Centauro sarebbe stata sopraffatta dall’incessante ronzio radio delle stelle.

— Ecco il notiziario. È stato ora annunciato dall’Aia che la conferenza sulle risorse planetarie è fallita. I delegati delle Federazioni lasceranno domani la Terra. La seguente dichiarazione è stata emanata dalla Segreteria del Presidente…

Niente che Sadler non si fosse aspettato, ma quando un timore, sia pure atteso per lungo tempo, alla fine diventa realtà, si prova sempre una stretta al cuore. Sadler guardò i suoi compagni: si erano resi conto della gravità delle notizie?

Sì. Il segretario Wagnall se ne stava col mento cupamente affondato tra le mani, il dottor Molton stava adagiato contro lo schienale della poltrona, con gli occhi chiusi, Jamieson e Wheeler fissavano tetri il tavolino. Sì, avevano capito. Il lavoro che li assorbiva e la lontananza dalla Terra non li avevano del tutto estraniati dalle vicende umane.

Quella voce impersonale, con la sua sequela di notizie sgradevoli, di minacce appena velate dagli eufemismi della diplomazia, pareva far penetrare all’interno della vettura il freddo disumano della notte lunare. Era duro dover affrontare l’amara verità, e milioni di uomini avrebbero continuato a illudersi, i folli, alzando le spalle e asserendo con forzata allegria: “Non te la prendere… è tutta una montatura!”.

Ma Sadler non era di questo parere. Mentre se ne stava lì seduto nel piccolo cilindro illuminato che correva veloce verso nord attraverso il Mare delle Piogge, si rendeva conto che per la prima volta dopo duecento anni l’umanità si trovava di fronte alla minaccia di una guerra.

2

Se la guerra fosse scoppiata, pensava Sadler, sarebbe stato più per una tragica catena di circostanze, che per volute manovre politiche. Infatti, il problema su cui la Terra si era impuntata, finendo per mettersi contro le sue ex colonie, gli pareva uno scherzo maligno della natura.

Anche prima del suo incarico sgradito e inatteso, Sadler conosceva i retroscena dell’attuale crisi che era andata evolvendosi nel corso di una generazione ed era stata causata dalla particolare posizione del pianeta Terra.

La razza umana era nata in un mondo unico nel Sistema Solare, ricco di minerali introvabili altrove. Questo caso voluto dal destino aveva dato l’avvio al progresso umano. Ma quando aveva raggiunto altri pianeti, l’uomo aveva scoperto con grande delusione e disappunto che per le sue necessità essenziali doveva continuare a dipendere dal pianeta natale.

La Terra è il più denso di tutti i pianeti, solo Venere le si avvicina, sotto questo aspetto. Ma Venere non ha satelliti, e il sistema Terra-Luna forma un doppio mondo, il cui tipo non ha uguali tra gli altri pianeti. È ancora un mistero come si sia formato, ma si sa che quando la Terra era un mondo in fusione, la Luna le ruotava intorno a una distanza di gran lunga inferiore all’attuale, provocando gigantesche maree sulla superficie plastica del suo compagno.

Per effetto di queste maree, la crosta terrestre è ricca di metalli pesanti, molto più ricca di quella di qualsiasi altro pianeta. Altrove, le ricchezze sono sepolte sotto strati altissimi, protette da pressioni e temperature che le tengono lontane dalle mani avide dell’uomo. Perciò, più la civiltà umana si espandeva, allontanandosi dalla Terra, più le risorse del mondo natale venivano richieste e sfruttate.

Gli elementi leggeri esistevano in grande quantità anche sugli altri pianeti, ma metalli essenziali come mercurio, piombo, platino, torio e tungsteno erano praticamente introvabili. E senza questi la tecnica non poteva vivere.

Era dunque una situazione disgraziata e spiacevole per le repubbliche indipendenti di Marte, Venere e i satelliti maggiori che si erano uniti a formare la Federazione. Dovevano dipendere in tutto e per tutto dalla Terra e non potevano effettuare alcun tentativo di espansione al di fuori del Sistema Solare. Sebbene avessero fatto ricerche fra gli asteroidi e le lune, fra i detriti lasciati dopo la formazione della superficie dei mondi, avevano trovato ben poco.

Questa situazione in sé avrebbe potuto anche non approdare a niente dì serio, se la Terra non fosse diventata ogni giorno più gelosa dei suoi prodotti. Era una storia vecchia, il cui esempio più classico è forse quello dell’Inghilterra e delle colonie americane. È stato giustamente detto che la storia non si ripete mai, tuttavia si ripetono le situazioni storiche. Gli uomini che governavano adesso la Terra erano di gran lunga più intelligenti di Giorgio III, ciononostante cominciavano ad avere le medesime reazioni di quel re sciagurato.

Entrambe le parti potevano addurre valide giustificazioni, cosa che succede sempre. La Terra era stanca, esausta per aver mandato sulla via delle stelle il suo sangue migliore. Vedeva il potere scivolarle dalle mani, e sapeva di avere ormai già. perduto l’avvenire. Perché avrebbe dovuto accelerare i tempi dando ai propri rivali gli strumenti di cui aveva bisogno?

D’altro canto, la Federazione guardava con disprezzo affettuoso il mondo da cui era sorta e che aveva donato a Marte, a Venere e ai satelliti dei pianeti giganti alcune tra le menti migliori e gli spiriti più avventurosi dell’umanità. Qui era il nuovo confine da cui muoversi per andare verso le stelle. Era questa la più grande sfida che fosse mai stata posta all’uomo e che si sarebbe potuta affrontare solo con suprema abilità scientifica e decisione indomabile. Queste virtù non erano più essenziali, sulla Terra, e il fatto che la Terra lo sapesse non serviva a facilitare le cose.

Tutto questo poteva condurre alla discordia e al dissidio interplanetario, ma non certo alla violenza. Per arrivare all’urto vero e proprio ci volevano altri fattori, una scintilla finale che producesse l’esplosione capace di farsi sentire in tutto il Sistema Solare.

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