«Contraccambio la visita, Ray. Voi siete stato a casa mia, stamattina» continuò Pitman mostrando i denti in un sorriso giovanile che smentiva i suoi settanta e passa anni. «Credevo che voleste parlare con me.»
«Infatti, ma…» Jerome resistette all’impulso di arretrare. «Qui c’è qualcosa che non quadra.»
«Così va bene, Ray. Siete intelligente e il vostro cervello ha ricominciato a funzionare, il che faciliterà le cose a tutti e due. Poco fa ero preoccupato per voi.»
«Non so cosa farmene della vostra preoccupazione.»
«Lo so. A voi interessa scoprire come sono venuto a sapere della vostra visita quando l’unica persona che avete incontrato a casa mia è morta.»
Jerome annuì. «Questo è un ottimo punto di partenza. Come l’avete saputo?»
«Semplice, Ray.» Pitman s’interruppe come se volesse fare una pausa a effetto, assaporando palesemente il momento. «Sono telepatico. Posso capire quello che la gente pensa.»
Per poco Jerome non si lasciò sfuggire un gemito di sollievo. Tutte le idee che collegavano Pitman agli orrori della morte per autocombustione vennero cancellati dalla constatazione che si era sbagliato in pieno nel giudicare il dottore. Le strane circostanze del loro incontro, lo sguardo penetrante, i modi enfatici, avevano collaborato per infondere in lui la sensazione che il dottore era una specie di superman dotato di pericolose facoltà. Adesso invece si era rivelato per quel che era: un ciarlatano, uno che un uomo razionale poteva dominare e manipolare a suo piacimento. Certo bisognava agire con tatto e prudenza, per via del fucile ma, anche tenendo conto di questo, la situazione non era così brutta come gli era sembrato sulle prime. Pitman teneva fra le mani il fucile, ma non lo puntava contro di lui, e probabilmente non aveva neanche trovato le cartucce.
«Le ho trovate» disse Pitman con gentilezza. «La credenza è il primo posto dove ho pensato di guardare.»
Jerome decise di attenersi alla linea d’azione che giudicava più adatta al caso. «Bravo» disse. «Però io non stavo neanche guardando il fucile.»
«Sono contento che abbiate ricominciato a ragionare in modo logico» commentò il dottor Pitman. «Ma dovete rendervi conto, ragazzo mio, che il mio problema è sempre stato esattamente l’opposto di quello dei ciarlatani che fingono di leggere nel pensiero. Mentre quelli si danno un gran da fare per persuadere la gente che ne sono capaci, io devo nasconderlo. Mi sono chiesto molte volte quanto ci avrei impiegato a convincere uno scettico che sono veramente un telepatico, se mai se ne fosse presentata l’occasione.»
Jerome sbuffò: «Non credo che nessuno di noi due abbia tanto tempo da sprecare per questo.»
«Avete una lingua acida, vero, Ray?» Pitman gli scoccò un’occhiata di paterno rimprovero.
«No, vedrete che basterà un minuto. Per fortuna più uno è scettico più gli è difficile negare una prova lampante. Non è vero?»
«Se lo dite voi…» Jerome non aveva mai avuto a che fare con un pazzo ma intuiva per istinto che doveva stare al gioco, non perdere le staffe e aspettare il momento buono.
«Ray, avete davanti a voi un esemplare in carne ed ossa per cui Rhine avrebbe dato il braccio destro. Bene, è molto semplice. Pensate ad alcuni oggetti e io vi dirò quali sono. D’accordo?»
«D’accordo» rispose Jerome, fingendosi persuaso. Dagli corda, pensava. Ma quanto ci sarebbe voluto prima che il dottore sospettasse della sua buona fede?
Pitman disse con tono impaziente: «Avanti, cominciate. Pensate a qualcosa.»
«Subito.» Jerome finse di concentrarsi. Finora tutto filava liscio, ma i pazzi sono furbi e imprevedibili, e forse Pitman stava tendendogli un trabocchetto. Chissà, se gli avesse detto che aveva indovinato, magari sarebbe montato su tutte le furie.
«Non ricevo niente» protestò Pitman. «Dovete concentrarvi su un oggetto materiale.»
«Scusate… non ci sono abituato.» Con lo stato d’animo di chi consente con riluttanza a partecipare a un gioco da bambini, Jerome visualizzò un trattore.
«Un trattore» disse Pitman. Jerome rimase per un attimo sorpreso, ma poi ricordò che lungo il tragitto fino al lago aveva visto parecchi trattori nei campi, e anche Pitman doveva averli visti. La prova non era convincente. Ci pensò sopra un momento, poi pensò a un taxi di New York.
«Un’automobile gialla» disse Pitman.
Anche questo si poteva spiegare, sia il trattore che il taxi erano mezzi di trasporto. Ci pensò sopra a lungo e infine evocò l’immagine della Gioconda.
«Monna Lisa» disse Pitman.
Il quadro più famoso del mondo, conosciuto da tutti. Avrebbe dovuto sceglierne uno anonimo… come lo sbiadito acquerello rappresentante una goletta appeso nel salotto di sua zia Mary, ad Albany.
«Un dipinto di una nave a vela» disse Pitman.
Anche la nave era un mezzo di trasporto. Meglio il piano.
«Un pianoforte» disse Pitman.
Perplesso e turbato, Jerome lo guardò a lungo, e poi disse: «Se non vi spiace vorrei mettermi a sedere.»
«Farete bene» rispose Pitman, che non sorrideva più. «È stata una giornata campale, per voi, e purtroppo non è ancora finita.»
Jerome si lasciò cadere su una sedia vicino alla porta. Si sentiva stranamente calmo, considerando che il suo universo aveva subito un altro violento scossone, ma gli tremavano le gambe. Meno male che riusciva ancora a parlare senza che gli tremasse la voce.
«Un’altra cosa che vorrei sapere» disse «è come mai sapevate che sarei venuto qui. Ma credo di sapere già la risposta.»
Pitman prese un’altra sedia e la sollevò portandola davanti a quella di Jerome, con la scioltezza di movimenti di un giovanotto. «Voi sapete solo parte della risposta» disse mettendosi a sedere. «Prima di tutto dovete sapere che sono stato io a farvi venire l’idea di venire qui, e vi farà forse piacere sentire che sono stato io a impedirvi di raccontare la storia di Sammy Birkett. Non potevo esercitare un controllo diretto, non sono tanto potente, ma sono riuscito a influire sulle vostre decisioni. Per consolarvi v’assicuro che non siete così inetto sul lavoro come temete.»
«Ma questo è…»
«Non è impossibile, Ray… solo difficile. E molto stancante. La telepatia diretta mi logora, per cui sono contento di non dovervi ricorrere spesso.»
«Non riesco a capacitarmi» balbettò desolato Jerome. «Fino a ieri non credevo nella combustione umana spontanea, e fino a un minuto fa non credevo nella telepatia, e adesso … adesso voi siete qui, col mio fucile… A cosa vi serve il fucile, per l’amore di Dio?»
«Mi serve perché forse vi dovrò uccidere» rispose Pitman. «Non voglio uccidervi, e mi dispiace molto dovervi parlare così, ma è in gioco una posta troppo importante, e se vi rifiuterete di collaborare dovrò eliminarvi. È chiaro?»
«Altroché, se è chiaro» Jerome rimase stupito nel provare risentimento più che paura. «Va bene se mi comporto come vuole il copione?»
«Ray, passerò sopra a questo, ma vi prego di smetterla di comportarvi come se stessimo recitando la scena di una commedia. Ho delle catene in macchina, e fra un momento prenderemo la vostra barca e andremo in mezzo al lago. Non c’è nessuno nei paraggi che possa sentire lo sparo, nessuno che possa vedere il vostro cadavere cadere in acqua… Dovete prendere la cosa sul serio.»
«Non rido» asserì Jerome. «Sentite, è ovvio che sono disposto a collaborare. Vi prometto che farò quello che vorrete.»
«Che altro potevate dire?» Pitman si alzò, e cambiò presa al fucile stringendo la mano sulla protezione del grilletto. «Avete ripreso colore. Credo che siate in grado di remare un po’ senza affaticarvi. Andiamo.»
Jerome scattò in piedi. Adesso era spaventato davvero. Spaventato da morire. «Non è necessario. Ho promesso…»
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