— Non è proprio la stessa cosa — osservò Ove, in fretta. — E non devi sentirti in colpa per quanto è successo. Però puoi contribuire a impedire altri disordini. Capito?
Arnie annuì, in silenzio, guardando fuori della grande finestra. La butterata pianura lunare si stendeva tutt’attorno alla nave, ma la vista della maggior parte del cielo era nascosta dall’orlo ripido di un cratere. Lì accanto, un grande trattore diesel stava scavando un’immensa buca nel suolo. E la nuvola blu che usciva dallo scappamento svaniva nel vuoto quasi nel medesimo istante in cui appariva. Sei grosse bombole di ossigeno erano fissate con cinghie dietro al guidatore.
— Va bene, lo farò — disse lo scienziato. E, presa la decisione, si affrettò a scacciare dalla mente quel pensiero spiacevole. — Si sono verificate altre perdite dagli scafandri? — domandò, indicando il pilota del trattore che ne indossava uno giallo e nero, con un casco tondo in testa. Intanto il funzionario del ministero degli interni filava via, soddisfatto.
— Qualcuna, ma piccolissima. Stiamo attenti e li ripariamo subito. Li teniamo pressurizzati a valori piuttosto bassi, così non c’è un vero pericolo. Comunque, dobbiamo considerarci fortunati di essere riusciti ad avere queste tute. Non so proprio che cosa avremmo fatto, se non avessimo potuto acquistare dagli inglesi quelle in sovrappiù, l’avanzo del loro programma spaziale non realizzato. Quando le cose saranno sistemate, gli americani e i sovietici faranno a gara per fornirci scafandri per… come si dice?
— Per il gran finale.
— Giusto. Presto la base sarà terminata e completamente ricoperta da una cupola, e trasformeremo tutto in modo che possa funzionare con l’energia elettrica, così non dovremo più trasportare i cilindri d’ossigeno dalla Terra.
Si interruppe mentre la troupe televisiva entrava nella stanza, spingendo i carrelli con le attrezzature. Lampade e telecamere vennero montate rapidamente e i cavi del microfono serpeggiavano sul pavimento. Il regista, un tipo con la barba a punta e gli occhiali scuri e agitatissimo, gridava istruzioni a tutti.
— Vi spiace spostarvi? — disse rivolto a Ove e Arnie, facendo segno ai suoi uomini di avvicinarsi. I mobili furono tirati in disparte e al loro posto venne messo un lungo tavolo.
Il regista osservava la scena incorniciandola con le mani.
— Inquadrate quella finestra, là di lato. Gli oratori, davanti… I microfoni sul tavolo. Portate una caraffa d’acqua e dei bicchieri! E adesso trovate qualcosa per quel muro vuoto… — Girò sui tacchi e indicò. — Ecco, quella foto della Luna. Portatela lì.
— È fissata alla parete — protestò qualcuno.
— Be’, staccatela! Siete qui per questo, perbacco! — Si allontanò in fretta e guardò nel mirino della telecamera.
Leif Holm entrò con passo pesante nella stanza; era grande e grosso con lo stesso vestito di taglio sorpassato che indossava nel suo ufficio di Helsingør.
— Ho fatto un bel volo, in quel piccolo Blaeksprutten ! — disse, dando una vigorosa stretta di mano ai due fisici. — Se fossi cattolico, mi sarei segnato senza interruzione per tutto il viaggio. Non potevo neppure fumare. Nils aveva paura che intasassi l’impianto di condizionamento dell’aria o qualcosa del genere. — E in memoria della forzata astinenza, sfilò una grande scatola di sigari da una tasca interna.
— Nils è qui, adesso? — domandò Arnie.
— Appena decollato — disse Ove. — Usano la nave come «ponte» televisivo e deve restare sospesa sopra l’orizzonte.
— Sul «retro» della Luna, per essere precisi — spiegò Leif Holm, decapitando il suo sigaro con una piccola lama appesa alla catena dell’orologio. — Così non potranno guardarci con i loro enormi telescopi.
— Non ho avuto ancora occasione di congratularmi con voi — disse Ove.
— Molto gentile, da parte vostra! Ministro dello spazio! Suona davvero bene. E poi non devo preoccuparmi di quello che hanno fatto i miei predecessori, perché non ce ne sono stati.
— Se non vi spiace prendere i vostri posti, ora vi darò le istruzioni necessarie — interruppe il funzionario del ministero degli interni, entrando frettolosamente. Cominciava a sudare. Amie e Leif Holm sedettero al tavolo, e qualcuno si precipitò a cercare un portacenere. — Ecco qui i principali punti che dovranno essere toccati. — Il giovanotto posò i fogli preparati davanti a loro. — So che sapete già che cosa dire, ma questi vi saranno comunque d’aiuto. Ministro Holm, a voi l’introduzione. Poi i giornalisti, dalla Terra, faranno le domande. A quelle tecniche, risponderà il professor Klein.
— Chi sono i giornalisti? — domandò Arnie. — Di quali paesi?
— Gente importante. Un gruppo agguerrito. Sovietici e americani, naturalmente, e poi di tutti i principali paesi d’Europa. Le altre nazioni si sono unite e hanno eletto i propri rappresentanti. Sono venticinque in tutto.
— Israele?
— Ha insistito per avere un rappresentante particolare. Tutto considerato, abbiamo acconsentito.
— Il collegamento è aperto — gridò il regista. — State pronti. Tre minuti. Siamo collegati in Eurovisione, e, via satellite, con l’America e con l’Asia. Guardate il monitor e saprete quando sarà il momento.
Un apparecchio televisivo con un grande schermo era sistemato sotto la telecamera numero uno. Le immagini erano chiare e il pubblico appariva teso. L’annunciatore danese stava terminando la presentazione in inglese, la lingua che sarebbe stata usata in quella trasmissione.
— … da tutto il mondo, riuniti qui a Copenaghen, oggi, per parlare a loro, sulla Luna. Bisogna ricordare che le onde radio impiegano circa due secondi a raggiungere la Luna, e la stessa quantità di tempo per tornare indietro. Avremo quindi un intervallo di due secondi tra domanda e risposta nella seconda metà di questa conferenza stampa. Ora ci collegheremo con la stazione lunare danese, dove si trova il signor Leif Holm, ministro dello spazio.
La luce rossa si accese sulla telecamera numero due, e sullo schermo del monitor apparve la base lunare. Leif Holm fece cadere accuratamente la cenere nell’apposito piattino e aspirò dal sigaro, cosicché le sue prime parole furono accompagnate da una generosa nube di fumo.
— Parlo dalla Luna, dove la Danimarca ha stabilito una base per ricerche scientifiche e per lo sfruttamento commerciale della propulsione Daleth, che ha permesso questi voli. Il progetto è ancora agli inizi, e infatti potete vedere alle mie spalle, attraverso la finestra, i lavori in corso, e continuerà fino a che qui non sarà sorta una piccola città. Dapprima ci dedicheremo unicamente allo studio della propulsione Daleth e dei suoi sviluppi. In un certo senso, questa parte del progetto è già stata realizzata, perché tutto — si protese, fissando severamente la telecamera — proprio tutto quanto riguarda detta propulsione è ormai quassù. Il professor Klein, seduto alla mia destra, è qui per dirigere le ricerche. Ha portato con sé i suoi assistenti, le sue attrezzature, i suoi appunti, tutto quanto ha a che fare con i suoi studi, insomma. — Si appoggiò all’indietro e aspirò ancora dal suo sigaro prima di continuare.
— Perdonate se insisto su questo punto, ma voglio chiarirlo perfettamente. Negli scorsi mesi, la Danimarca ha subito molti atti di violenza contro le sue frontiere. Sono stati commessi delitti. Sono state uccise persone. Triste a dirsi, ma sulla Terra esistono potenze nazionali pronte a qualsiasi cosa pur di ottenere informazioni sulla propulsione Daleth. Mi rivolgo proprio a loro, in questo momento, scusandomi in anticipo con tutti i paesi del mondo che invece amano la pace, e che costituiscono la stragrande maggioranza. Basta con la prepotenza, ora: andatevene! Non c’è più niente da rubare. Noi danesi vogliamo approfondire la conoscenza dell’effetto Daleth per il bene dell’umanità, non per fomentare la violenza.
Читать дальше