La sua voce tremò per l’emozione, e lui distolse lo sguardo dalla telecamera. Immediatamente il regista diede la parola alla Terra. Dopo i soliti secondi di attesa, venne inquadrato un cronista indiano, che rappresentava un gruppo di giornalisti asiatici.
— Il ministro dello spazio vuol essere tanto cortese da spiegare più dettagliatamente i vantaggi che deriverebbero dall’impiego di questa scoperta e da enumerare quelli che riguarderebbero in particolare i paesi dell’Asia meridionale?
— Sì, lo farò — disse Holm. E guardò il suo sigaro. Se l’era completamente dimenticato, e si era spento.
— È una giornata splendida, proprio quello che ci vuole — disse Martha Hansen, schiacciando la sigaretta nel portacenere e intrecciando poi le dita, per nascondere la sua eccitazione.
— Ma certo, ma certo — disse Skou. E allargò le narici, annusando l’aria quasi per accertarsi che non ci fosse odore di guai. — Vi prego di scusarmi un momento.
E, prima che Martha potesse rispondere, sparì, con le sue due fedeli ombre alle calcagna. Lei prese un’altra sigaretta e l’accese; se andava avanti così, ne avrebbe fumato un intero pacchetto prima di mezzogiorno. Allungò le gambe sul divano, e si lisciò la gonna. Aveva scelto il vestito giusto? L’abito di maglia era quello che Nils preferiva. Quanto tempo era trascorso? Udì il rumore di un’auto e si girò di scatto… ma era soltanto il traffico che passava su Strandvejen. Il sole brillava sull’erba verde, sugli alberi alti e sulle azzurre acque del Sound. Le vele bianche si inclinavano per sfuggire al vento e una barca a motore ronzava come un calabrone, tracciando una pallida e lunga scia verso la Svezia. In una domenica di giugno sfavillante di sole… anche la Danimarca poteva trasformarsi in un paradiso, e Nils stava per tornare! Quanti mesi erano passati…
Tre grosse auto nere imboccarono il vialetto di accesso e si fermarono davanti alla casa. Un’auto della polizia e un’altra non meglio identificabile parcheggiarono davanti al marciapiede. Erano arrivati!
Martha si precipitò, precedendo Skou, e spalancò la porta.
— Martha! — gridò Nils, mollando la borsa e stringendo a sé la moglie. E la baciò con tanta foga da toglierle il respiro, proprio lì, sotto il portico. Quando lei riuscì a svincolarsi ridendo, si accorse che un piccolo circolo di uomini stava aspettando pazientemente la fine delle loro effusioni.
— Scusate! Entrate, prego — disse. Aveva i capelli in disordine e probabilmente delle sbavature di rossetto sul mento, ma se ne infischiava allegramente. — Arnie, che piacere vedervi! Entrate, per favore! — Si ritrovarono nel soggiorno, loro tre soltanto, mentre il rumore di passi pesanti risuonava per tutto il resto della casa.
— Mi spiace per la guardia d’onore — disse Nils. — Ma era l’unico modo di riportare Arnie sulla Terra per una vacanza. Avevamo bisogno tutti di un po’ di riposo, e lui più degli altri. Il mastino Skou si è lasciato commuovere solo a patto che Arnie venisse a stare da noi, e lui potesse prendere tutte le misure di sicurezza che riteneva opportune.
— Grazie per l’ospitalità — disse lo scienziato, abbandonandosi stancamente contro lo schienale di una poltroncina imbottita. Aveva l’aria tesa e aveva perso molti chili. — Mi spiace di imporvi…
— Non fate lo sciocco! Se dite un’altra parola vi caccio fuori e vi mando all’albergo della missione, dove, lo sapete, non si vendono alcolici. Ecco qui i bicchieri. Brindiamo. Che cosa preferite? — Si alzò e andò al bar.
— Ho le braccia pesanti come il piombo — disse Nils alzandole e abbassandole, scocciato. — Mi resta appena forza sufficiente per portare un bicchiere alla bocca. La gravità lunare, un sesto di quella terrestre, rovina i muscoli.
— Povero tesoro! Devo darti il poppatoio?
— Lo sai che cosa devi fare, per ridarmi energie!
— Mi sembri troppo stanco. Meglio bere qualcosa, prima. Ho preparato dei martini. Vanno bene?
— Benissimo. E ricordami che ho una bottiglia di gin di Bombay in valigia per te. Si possono acquistare senza sovrapprezzo, sulla Luna, perché è stato deciso di considerarla porto franco finché a qualcuno non verrà un’idea migliore. I doganieri, molto generosi, ci permettono di portarne un litro sulla Terra. Una gita di andata e ritorno di ottocentomila chiometri, per risparmiare venticinque kroner di dogana! Il mondo è impazzito. — Mandò giù una sorsata del liquido gelato e sospirò soddisfatto.
Arnie bevve qualche sorso. — Spero che mi perdonerete per la presenza di tutte queste guardie e per la confusione, ma mi trattano come un tesoro nazionale…
— E lo siete davvero! — esclamò Nils. — Ora che tutta l’attrezzatura Daleth è sulla Luna, valete un miliardo di kroner per qualsiasi paese che abbia tanto denaro da comprarvi. Vorrei non essere così patriota: vi venderei al miglior offerente, poi mi ritirerei a Bali per il resto della mia vita!
Arnie sorrise, più rilassato, e, rivolto a Martha, disse: — Hanno ordito una congiura. I dottori, Skou, vostro marito, tutti quanti. Hanno pensato che trasformando la vostra casa in un fortino armato io sarei potuto venire. Comunque, il tempo non poteva essere migliore.
— Tempo da vela — disse Nils, scolando il bicchiere. — Dov’è la barca?
— In acqua, come volevi tu, ormeggiata nel lato sud del porto.
— Che giornata, per una gita! Perché non ce ne andiamo tutti insieme laggiù… Ah, no, accidenti! Arnie deve restarsene in casa!
— Andate voi due. Io starò benissimo qui — insisté lo scienziato. — Prenderò il sole in giardino.
— Niente affatto! — replicò Martha. — Andrà Nils al porto e se ne tornerà indietro tutto accaldato e incatramato. Lui non esce mai con la barca, si limita a calafatare le fessure e a verniciare. Lasciamo che vada a distendersi i nervi, mentre noi ce ne stiamo qui a crogiolarci al sole.
— Be’… se non vi spiace… — Nils era già alla porta.
— Va’ pure — rise Martha. — Ma torna in tempo per la cena.
— Vado a cercare Skou per dirgli che cosa ho intenzione di fare. Non che quelli si preoccupino molto di me… Io della propulsione Daleth so soltanto premere i pulsanti.
Martha gli portò i pantaloni da lavoro, la camicia macchiata di vernice e i calzoncini da bagno. Appena pronto, Nils uscì sbattendo la porta. Arnie era andato in camera sua a cambiarsi e, alla vista di quel sole delizioso, anche Martha si mise in costume da bagno. Tutti i danesi si trasformano in adoratori del sole, in giornate simili.
Poi Arnie si allungò su una sdraio, nel patio, e Martha ne spostò un’altra accanto alla sua.
— Magnifico — disse lo scienziato. — Non mi rendevo conto di quanto ci mancassero i colori e l’aria aperta. — L’ombra di un gabbiano scivolò sull’erba e si arrampicò sullo steccato di legno. Tutto era tranquillo. Qualcuno rideva, lontano, e si udiva distintamente il toc toc di una palla da tennis.
— Come va il lavoro? Per lo meno quel tanto di cui potete parlarmi?
— L’unico segreto è la propulsione. Per il resto, è come dirigere una compagnia di navi a vapore e aprire le porte del West selvaggio. Avete letto della nostra visita a Marte?
— Sì. E vi ho invidiato. Quando comincerete a vendere biglietti per passeggeri?
— Prestissimo. E voi avrete il primo. Si stanno già facendo molti progetti in quel senso. Comunque, quelle vene superficiali di uranio su Marte hanno fatto alzare tremendamente le azioni della DFRS sui mercati mondiali. Tutti versano denaro a palate nel super transatlantico che gli svedesi stanno costruendo, principalmente per trasporto merci, ma anche con molte cabine passeggeri per i turisti che verranno poi. Lo rimorchieremo fino sulla Luna, e là inseriremo la propulsione. La base è diventata quasi una città, ormai, con officine e catene di montaggio. Quasi tutti i pezzi delle unità Daleth sono costruiti là, tranne gli elementi elettronici standard, che vengono dalla Terra. Procede tutto a meraviglia e nessuno trova da lamentarsi. — Si guardò intorno per toccare ferro, ma le sedie in plastica del giardino non ne avevano.
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