James White - L'astronave del massacro

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L'astronave del massacro: краткое содержание, описание и аннотация

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A non pochi lettori, l’apparizione in un’orbita vicina al nostro pianeta di questa gigantesca e silenziosa astronave, ricorderà l’arrivo, in una sperduta baia sudamericana, del misterioso veliero di Benito Cereno. Anche qui — come nel famoso romanzo di Herman Melville — gli uomini mandati a prendere contatto con l’equipaggio si trovano di fronte a una enigmatica situazione: chi comanda, in realtà, a bordo? Chi sono i “buoni” e chi i “cattivi” ? Ma questo classico tema marinaresco si complica presto di tutte le snervanti, contraddittorie, confusionarie difficoltà che possono affliggere una moderna missione spaziale: la burocrazia militare, l’opinione pubblica, la televisione, l’impotenza tecnologica, la responsabilità di decidere — per chi è prigioniero nei labirinti della nave — sulla vitale questione: massacrare o lasciarsi massacrare?

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— Ha una tosse persistente, che può essere dovuta soltanto all’irritazione della gola. Non presenta altri sintomi preoccupanti. Walters non accusa dolori al petto, e non ho riscontrato effetti tossici visibili. Il morale è buono.

Il dottore non era sicuro delle proprie affermazioni, ma ricorreva all’ottimismo per non demoralizzare il paziente. — Comunque, gli farò un esame accurato appena possibile — soggiunse rapidamente prima che il colonnello intuisse il motivo di quelle sue affermazioni.

Poco dopo, Morrison li informò che Drew era uscito e che il P-Uno si stava avvicinando con lo scafo al P-Due. Il colonnello ammise che, tatticamente, non era una mossa consigliabile, ma la giustificò dicendo che, in un’occasione del genere, la tattica e il buon senso potevano subire delle varianti. A ogni modo i due scafi si sarebbero potuti allontanare rapidamente, se necessario.

— Per tornare a casa? — domandò McCullough.

— Non so, dottore. Ci sono altre considerazioni da fare.

Dopo il momento drammatico del primo e sfortunatamente violento contatto con gli stranieri, il colonnello cominciò a preoccuparsi della possibilità che il Controllo Prometeo non avesse provveduto a interrompere il contatto radio durante l’incidente tra Walters e gli stranieri. Improvvisamente consci della possibilità di avere milioni di ascoltatori, gli astronauti divennero laconici fino all’eccesso. Il colonnello augurò a Walters buona fortuna. E Walters rispose: — Grazie. — Berryman suggerì a McCullough di fare uno schizzo dell’essere che aveva attaccato Walters e di consegnarlo a Drew. Morrison disse che era un’ottima idea, per ogni eventualità. Nessuno gli domandò a quale eventualità pensasse.

Durante i venti minuti che Drew impiegò per raggiungere l’Astronave, venti minuti che sembrarono a tutti dieci anni, McCullough disegnò uno schizzo dello straniero e fece un disegno del compartimento in cui si trovavano. Nel fare questo, scoprì una piccola incrinatura in una delle giunture dei tubi. Probabilmente il continuo aprire e richiudere del portello aveva sottoposto il sistema idraulico a uno sforzo eccessivo. La giuntura perdeva, e alcune gocce di un liquido di color brunastro ribollivano lungo il tubo, McCullough si augurò che non succedesse niente nel momento in cui la camera si sarebbe vuotata dell’atmosfera.

Drew raggiunse l’Astronave e domandò per radio istruzioni per aprire il portello. Poi aspettò che McCullough aprisse il portello interno e si mettesse al riparo, con Walters, nel corridoio. Nel momento in cui usciva l’aria e Drew entrava, attorno al tubo incrinato si formò una leggera nebbia. Nient’altro.

Nella parte illuminata del corridoio, non si vedevano stranieri.

— Se ne vedo arrivare qualcuno mi afferro alla rete e lo colpisco con i piedi — disse McCullough a Walters. — Voi badate soltanto a non far staccare i cerotti.

Il dottore cominciava a provare la sensazione che il guaio accaduto al pilota fosse dovuto a una mancanza sua anziché a uno sbaglio di Walters.

Il guasto nel sistema idraulico lo preoccupava. Si trattava senza dubbio di un guasto recente, probabilmente verificatosi per l’eccessivo sforzo al quale lo avevano sottoposto. McCullough si era dimenticato il numero di volte che aveva aperto e richiuso il portello. Diciassette o diciotto in pochi minuti; e il portello, forse poteva sopportare soltanto lo sforzo di un paio di aperture al giorno.

Si era anche convinto, naturalmente, che quelli non erano stranieri onnipotenti, e che il loro scafo poteva avere occasionali guasti meccanici. Un guasto simile doveva risultare segnalato nella loro cabina comando, e loro avrebbero mandato qualcuno a controllare, o ad affrontare coloro che avevano provocato il guasto, cioè gli esseri umani che avevano invaso lo scafo. McCullough si rese conto che le loro azioni, intese semplicemente ad avvisare gli stranieri della loro presenza a bordo, potevano essere state interpretate come azioni criminali o atti di sabotaggio. In questo caso, una certa ostilità degli stranieri era perfettamente comprensibile.

“La gente che pensa di trattare con dei retrogradi” rifletté McCullough “finisce spesso con la faccia a terra.”

— Walters. Dottore — disse a un tratto la voce di Drew. — Il colonnello vi ha mandato una specie di arma. Dice di usarla soltanto in caso di autodifesa. Afferratela al centro e usatela come una lancia.

McCullough guardò prima ai due lati del corridoio, sempre deserto, poi nella camera stagna.

— Ma è soltanto un pezzo di tubo.

— Una baionetta spuntata fa più danni di una lama appuntita — disse Drew — e un pezzo di tubo da tre, spuntato, può diventare un’arma temibile. Badate soltanto a mirare bene e a colpire con forza. Vi garantisco che può scoraggiare chiunque non sia protetto da una corazza. Adesso vado. Buona fortuna.

Dopo qualche secondo, Drew venne proiettato fuori dall’aria che usciva dal portello. Il tempo che ci mise a tornare indietro facendo uso dei razzi e a richiudere, parve un’eternità. Walters e McCullough rientrarono nella camera stagna, senza venire ostacolati dagli stranieri.

Ora il problema era quello di togliere Walters dalla tuta danneggiata e infilarlo nell’altra, senza farlo morire soffocato. McCullough cominciò con l’aprire la visiera, chiudendo le narici al pilota e facendolo respirare direttamente dal tubo della bombola d’ossigeno. Poi gli si mise a cavalcioni sui fianchi e cominciò a strappare la tuta danneggiata.

Fu un lavoro duro, faticoso. Era difficile tagliare con un coltello il tessuto di plastica e metallo, e McCullough aveva anche paura di tagliare la pelle. L’apparecchio di condizionamento della sua tuta non riusciva più ad asciugare l’eccessiva abbondanza di sudore, il visore gli si era spaventosamente appannato, nonostante la sua speciale composizione, e lui non riusciva a disperdere a sufficienza il calore del corpo.

Gli sarebbe stato difficile non lasciarsi vincere da un colpo di calore.

Riuscì a liberare le gambe, le braccia e il torace. Lasciò solo la sezione di tuta delle spalle, quella che conteneva la riserva dell’aria e l’attaccatura del casco. Eseguendo una lenta danza senza peso nell’aria, riuscì a infilare le gambe e le braccia del pilota nella nuova tuta, lasciando penzolare sulle spalle i resti di quella vecchia. Walters non gli poteva dare nessun valido aiuto, perché l’atmosfera della camera gli aveva riempito gli occhi di lacrime. E non riusciva a smettere di tossire, fatto che finiva col fargli introdurre nuova aria viziata nei polmoni. Quando McCullough disse al compagno di raccogliere il fiato e di trattenerlo per dargli tempo di completare il cambiamento della tuta, ebbe anche il timore che Walters avesse ormai respirato troppa aria infetta.

Finalmente furono pronti per partire. La tuta inservibile ondeggiava lentamente nella leggera nebbia che usciva dal tubo rotto. Sembrava un cadavere smembrato. McCullough si domandò cosa ne avrebbero fatto gli stranieri, e cosa ne avrebbero dedotto sulla razza umana. Il pensiero gli fece girare lo sguardo verso il pannello trasparente del portello.

E vide tre stranieri.

McCullough avanzò, allora, senza pensare, verso la porta del corridoio… La ragione di questo suo modo di comportarsi la capì dopo, non prima. Rivolgendosi a Walters, disse: — Se aprono questa porta ci sarà impossibile aprire l’altra… Ci deve essere certamente un collegamento di sicurezza tra le due porte… Se intuiscono che abbiamo intenzione di andare, apriranno la porta del corridoio. Io mi avvicino al pannello per bloccare la visuale; voi, intanto, aprite la porta esterna. Il risucchio ci trascinerà fuori. Dov’è quel maledetto tubo che ha portato Drew?

Non riuscì a vederlo. Probabilmente si nascondeva sotto i suoi occhi, in mezzo ai tubi dell’Astronave: un albero nascosto in una foresta.

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