La sua idea era di attirare in qualche modo l’attenzione degli stranieri e distogliere i loro sguardi da Walters. Per fare questo, doveva avvicinarsi al pannello trasparente e fare qualcosa che suscitasse tutto il loro interesse, o li spaventasse. McCullough non riusciva a immaginare gesti in grado di accendere il loro interesse; però, li avrebbe potuti spaventare con la macchina fotografica.
Era uno stupendo apparecchio, irto di obiettivi supplementari e di attacchi, che poteva benissimo venire scambiato per un’arma.
Una voce interna ricordò a McCullough la necessità di considerare il punto di vista degli stranieri e di non fare niente che potesse dare un’idea sbagliata sugli esseri umani e sul comportamento umano. McCullough provò un attimo di smarrimento, ma era troppo spaventato per ascoltare quella voce.
Quando si spinse verso il pannello trasparente puntando la macchina fotografica, da parte degli esseri sconosciuti non vi fu nessuna reazione percettibile. Uno di loro stava volteggiando al centro del corridoio. Era tozzo e ricoperto di aculei. Ciascuna metà del suo corpo aveva circa le dimensioni di un pallone da football, e non si vedevano organi sensori né arti. Un secondo essere stava appeso come un ragno alla rete del corridoio. McCullough poteva perfettamente vedere il corpo, a forma di stella di mare, e i tentacoli che terminavano con delle pinze ossee, bianche e simili a delle zanne d’elefante in miniatura. Stimò che la massa fisica del corpo fosse circa la metà di quella di un uomo, e che i tentacoli misurassero dal metro e venti al metro e cinquanta.
Il terzo straniero era dello stesso tipo del secondo. Copriva con il corpo parte del pannello trasparente, e McCullough poteva vederne la parte inferiore. Era di un colore rosa brunastro, coperto di pieghe e aperture che potevano essere bocche, o branchie, oppure organi sensori, tutti raccolti attorno a un grosso corno o aculeo centrale.
McCullough si sentì mancare il fiato. A giudicare dall’aspetto puramente fisico, quelli non erano certamente degli esseri trattabili.
All’improvviso, gli stranieri cominciarono a muoversi. McCullough non sapeva ancora dove avessero gli occhi; tuttavia, per qualche strana ragione, capì che il centro delle loro attenzioni si era spostato. Qualcosa stava avanzando lungo il corridoio. McCullough non riuscì ad avvicinare gli occhi al pannello, ma, attraverso le pareti metalliche a contatto con il casco, gli giunse un profondo brontolio. Abbassò rapidamente la macchina fotografica e la puntò verso la parte buia del corridoio. L’obiettivo disponeva di un angolo di visuale molto più grande del suo.
I tre stranieri scomparvero.
In quel momento, Walters spalancò il portello esterno, e il risucchio dell’aria trascinò i due uomini fuori dallo scafo, a roteare lentamente nello spazio. Comunque, McCullough fece ancora in tempo a vedere qualcosa ricoperto di pelo bianco, forse di una pelliccia, che passava davanti al pannello trasparente.
— Sono proprio uno stupido — disse McCullough, in tono di scusa, a Walters. — Avrei dovuto pensarci quando eravamo nell’Astronave. Se non altro, lo avrei dovuto immaginare quando ho esaminato lo strappo.
— Ammesso che cambiare la tuta nel corridoio avrebbe procurato minori disturbi alla gola e agli occhi di Walters, io dubito che avreste fatto in tempo a completare tutte le operazioni prima dell’arrivo degli stranieri. Quindi non avete niente da rimproverarvi. Avete scattato delle fotografie… Be’, avete fatto un bel lavoro.
— E io non mi lamento — disse Walters.
Le analisi del campione d’aria preso nel corridoio avevano dimostrato che l’atmosfera dell’Astronave non era pericolosa per gli esseri umani; anzi, risultava molto meno tossica di quella respirata nelle grandi città. Invece il campione preso nella camera stagna conteneva una quantità di liquidi vaporizzati che potevano soltanto provenire dal tubo avariato. Apparentemente, ciò che Walters aveva respirato non era più pericoloso di una uguale quantità di gas lacrimogeni.
McCullough aveva portato a termine l’esame dello sfortunato pilota con estrema scrupolosità.
— Ora dobbiamo decidere cosa fare. Vorrei che il dottore e il maggiore Walters dessero qualche suggerimento. In fondo, ne sanno più di tutti, sull’Astronave. Come vedete la situazione?
— Io non dico niente. Ho la gola troppo irritata — disse Walters.
Dagli altoparlanti giunse un sospiro irritato. McCullough fece un rapido cenno a Walters e cominciò a parlare.
Secondo lui, l’ispezione compiuta all’interno dell’Astronave straniera non aveva ancora dato risposta ai quesiti più importanti; a quelli, cioè, sulle origini e sugli scopi dell’Astronave stessa, la quale rimaneva ancora un gigantesco scafo, di circa ottocento metri, orbitante attorno al Sole a una distanza di duecentoquaranta milioni di chilometri; pareva che non possedesse l’energia sufficiente a continuare il viaggio, e rifiutava di rispondere ai segnali. La precisione con cui era stata inserita in orbita e la reazione di quel gruppo dell’equipaggio, che doveva essere una squadra di controllo delle avarie, faceva cadere l’ipotesi che si trattasse di un relitto o di un’Astronave in serie difficoltà.
Le indicazioni raccolte facevano pensare a un rifiuto di avere contatti, da parte dell’equipaggio, perché il suo compito era semplicemente quello di svolgere osservazioni di qualche genere. Forse quegli esseri non volevano contatti con razze inferiori, o avevano ordine di non accettarne. McCullough fu molto accorto nell’usare la parola osservazioni anziché ricognizione ; comunque, aveva paura che, sulla Terra, la gente avrebbe ricavato delle conclusioni, senza badare alla parola che aveva usata.
Per quanto riguardava la struttura fisica dell’Astronave, le osservazioni fotografiche e quelle visuali stabilivano con chiarezza che lo scafo non era fatto per sopportare forti accelerazioni, e neppure per decollare da un pianeta normale. Inoltre, se le reti osservate coprivano tutte le pareti dei corridoi dello scafo, era poco probabile che esistesse un controllo di gravità, sia all’interno dello scafo, sia come mezzo di propulsione. Dato che non erano visibili razzi o altri propulsori convenzionali a reazione in grado di muovere uno scafo di quelle dimensioni, era chiaro che, a parte il mezzo di propulsione usato, lo scafo rimaneva in stato di mancanza di peso, sia che fosse in movimento o meno.
Sull’equipaggio dello scafo straniero, McCullough poté dire qualcosa di più.
— Oltre ai particolari fisiologici che appaiono sulle fotografie — osservò — fotografie che ci potranno essere molto utili quando avremo la possibilità di studiarle attentamente, noi sappiamo che l’equipaggio è composto da tre specie distinte. Lo straniero con il pelo, o pelliccia bianca, sembra essere in posizione di autorità o di dominio sugli altri. Benché la loro curiosità dovesse essere fortissima, gli altri si sono subito allontanati alla comparsa del terzo tipo di straniero.
McCullough continuò.
— Il secondo tipo, quello che si è lanciato su Walters, è molto più aggressivo o impulsivo del tipo Tre. A mio avviso, il Tre è pari a un ufficiale, mentre gli altri due appartengono alle squadre dei tecnici incaricati delle riparazioni; arrabbiati per i danni che abbiamo arrecato al sistema idraulico, hanno voluto esprimere la loro collera assalendo Walters. Ma se presumiamo che avessero ordine di ignorarci e di rimandare le riparazioni a quando avessimo lasciato lo scafo, e che il tipo Tre sia arrivato sulla scena per ricordare gli ordini e per cacciarli…
— Se ne sono andati — lo corresse Walters. — Non li ha cacciati.
— Non credo che questo sia molto importante — disse McCullough, poi continuò: — Colpire uno di noi è stata una reazione comprensibile. Non amichevole, certo; ma se non altro dimostra che le loro reazioni emotive sono identiche alle nostre e potrebbero un giorno formare la base di una reciproca comprensione… se ci viene permesso di mantenere il contatto con loro.
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