L’intero gioco ruotava intorno ai movimenti casuali dei buchi neri e degli uragani spaziali, che il computer centrale costruiva con impulsi di energia subatomica. Ciò rendeva difficilissimo, o addirittura impossibile, usare la telecinesi per barare. Il computer poteva certo essere influenzato con sistemi più macchinosi, ed anzi questa doveva essere la più comune forma d’imbroglio dei Professionisti più capaci, ma Rheba non disponeva del tempo né del denaro che sarebbero occorsi per un sotterfugio di quel genere. Parecchi giocatori a vari livelli sembravano agire in accordo fra loro, in barba alle norme di quel ciclo, e provocavano risonanze gravitazionali che si concludevano con l’assorbimento dei corpi celesti appartenenti a singoli partecipanti più deboli. Almeno una delle galassie presenti sullo schermo era un’illusione ottica, ed ella non fu capace di stabilire chi fra i partecipanti la stesse inviando mentalmente ed a quale scopo. Ma poco dopo vide arrivare due impiegati, che afferrarono un giocatore per le braccia e lo trascinarono via senza complimenti. Dai discorsi degli altri seppe che si trattava di uno PSI, e il suo allontanamento segnò la fine dell’illusione ottica.
Da lì a cinque minuti, uno dei gruppi che s’erano accordati per agire di concerto venne sconfitto e rovinato da un gruppo rivale, e i corpi celesti assorbiti da quelli vincenti cambiarono colore. La ragazza cominciò a percepire con più facilità le correnti energetiche da cui erano composti gli uragani e i buchi neri. Pian piano, e con discrezione, prese a manovrare gli impulsi che il computer centrale inviava allo schermo per costruirne gli spostamenti.
Non era facile barare con quel sistema. L’intensa concentrazione faceva prudere e dolere il complesso intreccio di linee disegnate sotto l’epidermide delle mani. Ma pian piano il suo pianetino rosso e giallo si vide inaspettatamente tallonare da un immenso uragano spaziale, che senza affatto distruggerlo lo seguì aumentandone la forza d’urto in modo enorme. Tre galassie appartenenti a un Professionista del quinto livello ne furono investite, e il loro colore mutò da verde in rosso e giallo: il computer ne aveva attribuito la distruzione al pianetino isolato, e il giocatore perse all’istante i 1000 crediti che gli erano costate. L’uomo bestemmiò sulla sua malasorte, e ritirò velocemente le galassie rimastegli, lasciando a Rheba una preda discreta.
A parte la vittima stessa, nessuno fece caso alla fortuna sfacciata della proprietaria del pianeta, e le sue nuove proprietà seguitarono ad essere immuni dalla pericolosa vicinanza dell’uragano. Sul terminale di Rheba il deposito AVO aumentò di 1000 crediti, e vi apparvero i contrassegni indicanti che possedeva tre galassie. Le programmò su un’orbita a basso rischio che costò 50 crediti, e mise all’opera la sua mente inviando impulsi a un paio di grossi buchi neri.
Ora che aveva compreso il meccanismo, la manovra seguente le riuscì più semplicemente. In pochi secondi un gruppo di grossi sistemi solari si vide costretto a deviare nella piccola zona controllata da lei, sotto la minaccia di due buchi neri che avanzavano insieme, e finirono conglobati dalle sue galassie. La vittima di quell’azione era stata una donna seduta al terzo livello, che si guardò attorno con occhi scintillanti di rabbia. Era una Professionista, e doveva aver capito che il computer centrale si stava comportando in modo decisamente insolito.
Rheba vide la cifra sul suo conto accrescersi di altri 300 crediti. Il soffitto-schermo mostrava ora che presso i suoi corpi astrali rossi e gialli ve n’erano altri di colore azzurro, più numerosi, dai quali rischiava di subire delle perdite. Usando la striscia nebulosa di un uragano li tagliò allora in due, e quindi fu lei ad attaccarli con due azioni successive, mentre l’uragano da lei mosso si spostava a proteggerla dall’assalto di un avversario ancora più forte. Per quanto sbalorditiva, la sua apparente fortuna continuò ad essere attribuita a un capriccio del computer, ma il giocatore del colore azzurro ne fu rovinato. Non avendo abbastanza crediti per continuare il gioco su quel livello, il suo terminale lo informò che doveva scendere al primo.
In silenzio e a denti stretti l’uomo cambiò il suo posto con Rheba, che avendogli portato l’attacco aveva il diritto ed i mezzi per sostituirlo. La ragazza possedeva ora 4200 crediti, più che bastanti per consentirle il gioco contro avversari più poveri, ma del tutto insufficienti a proteggerla se uno dei gruppi organizzati l’avesse presa di mira direttamente.
La sua repentina ascesa al terzo livello non attrasse troppa attenzione. Ai primi tre c’erano in totale sessanta giocatori, e l’alternarsi di essi era abbastanza rapido. Ma la ragazza scoprì ben presto un metodo ancor più rapido per arricchire: le era stato assegnato il colore azzurro, e con impulsi mentali d’energia riuscì a far diventare azzurre moltissime galassie appartenenti ad altri, pur senza attaccarle affatto. Quando poté sostituirsi a un Professionista del quarto livello, dopo averlo ridotto in bolletta, su di lei si appuntarono tuttavia molti sguardi freddamente interessati. Sul suo stesso gradino della piramide quadrangolare c’erano altri undici giocatori, distribuiti tre per lato e ciascuno seduto su una comoda poltroncina, dunque era arrivata già piuttosto in alto sulle teste della folla sottostante.
Un quarto d’ora e 46.000 crediti più tardi, Rheba salì al quinto livello e fu alla pari con gli altri otto giocatori che agivano a quell’altezza, due per ogni lato della piramide. Il suo colore divenne l’argento, e possedeva ora una gran quantità di corpi astrali distribuiti in ogni angolo dell’immenso schermo. Tre dei Professionisti più forti si coalizzarono subito contro di lei, e non riuscendo a decifrare l’invio dei loro impulsi d’energia ella comprese che stavano barando in un modo troppo complicato per lei.
Accigliata vide la cifra del suo conto AVO decrescere a scatti continui, finché disperata decise di agire con violenza. In un sol colpo riuscì a far diventare argentee una buona metà delle galassie che comparivano sullo schermo, senza che nessuno ne capisse il motivo e annientando sia il gruppo che l’assaliva sia molti innocenti giocatori di tutti i livelli. Quell’effetto, stupefacente e inaspettato, aveva tuttavia dei precedenti, visto che il computer del Caos sovente era stato programmato con regole basate sull’improbabile. Cionondimeno fra i giocatori dei livelli più alti vi furono dei mormorii, a cui fece eco un coro di commenti di quelli all’opera più in basso. I Professionisti e i Dilettanti lasciarono pian piano perdere i giochi a cui si dedicavano, per osservare con interesse quel che stava accadendo al Caos, e la folla degli spettatori si radunò alla ringhiera esterna come un’ameba che ritirasse a sé gli pseudopodi.
Rheba avvertì il mutamento d’atmosfera nel vasto salone, e decise d’aver esagerato in modo forse pericoloso. Sotto la pelle delle sue mani l’arabesco del tatuaggio energetico era adesso visibile, ed emetteva un lieve bagliore dorato che traspariva nettamente. Si massaggiò le dita, assorta in una nuova strategia di gara. Per salvare le apparenze aveva continuato a programmare sul terminale, usando in parallelo un’energia che agli altri risultava occulta. Zufolando fra i denti spese 5.000 crediti per sistemare un centinaio di galassie su orbite di sicurezza, lasciandole agire quasi da sole contro chi avrebbero investito, e non le importò quando finì col perderne una ventina.
Il computer segnalò il termine di uno dei periodi programmati per il pagamento di una tassa di partecipazione, e mentre i giocatori del livello inferiore si videro decurtati di 20 crediti, a Rheba toccò sborsarne 1.000. Subito dopo sul terminale apparve il segnale video che indicava un mutamento di regole: Mercante Jal e altri grossi giocatori dovevano essersi coalizzati in quella manovra, e la nuova norma che lampeggiò sullo schermo della ragazza era tutta rivolta ai danni del giocatore n° 7: se non si fosse immediatamente spogliato per far controllare i suoi vestiti, gli inservienti lo avrebbero espulso dal gioco.
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