Ann Maxwell - I danzatori del fuoco

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Questo libro della Maxwell ha immediatamente riscosso un enorme successo di pubblico presso gli appassionati di fantascienza.
La giovane autrice americana ha avuto la felice ispirazione di creare due razze assai singolari le cui caratteristiche psico-fisiologiche sono quanto di più originale sia stato dato di leggere sulle pagine di un libro di fantascienza.
Infatti, i componenti la razza dei Senyasi hanno un dominio totale sugli elementi (terra, acqua, fuoco, aria) che deriva loro dalle Linee di Potenza, un intricato arabesco che costella la loro epidermide e che si illumina quando l’individuo che le possiede pone in atto i suoi poteri.
Rheba e Kirtn, i due protagonisti del Ciclo del quale I DANZATORI DEL FUOCO costituisce il primo volume, sono gli unici superstiti di uno spaventoso, rogo che ha completamente distrutto il pianeta loro sede d’origine.
Alla ricerca di altri eventuali superstiti, percorrono la galassia in lungo e in largo e, specificatamente in questo primo episodio delle loro avventure, si trovano a dover evadere dal pianeta Loo dove sono stati ridotti in schiavitù, una schiavitù dalla quale sembra impossibile fuggire…

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YO KERRATON DAPSL

«Cerchiamo d’esser pratici», disse Rheba a Kirtn ed ai mercenari J/taals. «Avete avuto parecchi giorni per pensarci sopra. Adesso sentiamo: come possiamo andarcene da qui?»

Fssa diede alla traduzione delle sue parole un eco melodioso, residuo delle strane frequenze sonore che aveva imparato da Arcobaleno. Era il primo giorno che la ragazza si sentiva in grado di mettere l’uno dietro l’altro due pensieri che avessero un senso, ed ora che stava meglio il problema di come lasciare il Recinto l’assillava. Il serpente s’era sistemato fra i suoi capelli, posto che ormai gli riusciva gradito più di ogni altro, e non metteva fuori la testa neppure per parlare.

Alla domanda di lei gli J/taals si volsero verso la compagna che per le sue mansioni chiamavano M/Dere, ovvero la Stratega, la donna dalla pelliccia nera che aveva accettato il contratto con Rheba a nome del gruppo. Il riposo era valso a farli guarire tutti e cinque, ma quelli che avevano sofferto di strappi muscolari erano ancora costretti a sottoporsi a massaggi quotidiani, oltreché a singolari esercizi ginnici di notevole complessità.

M/Dere restituì loro una lunga occhiata per capire cosa pensassero. Erano forniti di una forma abbastanza sviluppata di telepatia, simile a un contatto empatico, che nel loro lavoro li aiutava non poco. Generalmente usavano la voce soltanto per comunicare con umanoidi di razza diversa, e come risultato di ciò non possedevano un vocabolario molto esteso, né voci troppo ben modulate.

«Come tu hai suggerito, J/taaleri», disse la donna, «ci siamo consultati sul problema. Ma mi spiace dirti che nessuno di noi ha esperienza di situazioni come questa. Non sappiamo nulla del Recinto, né di come si possa evadere da qui. Abbiamo notizia di schiavi che sono sfuggiti ai loro padroni, o che si sono nascosti in località selvagge di Loo, e di qualcuno che è riuscito a lasciare il pianeta su un’astronave rubata. Si dice che non pochi siano riusciti a scappare da Loo, con vari espedienti».

Kirtn annuì. «Questo è incoraggiante. Ma per uscire dal Recinto come si fa?»

«Scusa. M/Dur mi sta informando di avere qualche notizia in merito».

La donna fissò il compagno di nome M/Dur, per il quale doveva avere del tenero viste le cure che gli aveva prodigato. Era un uomo di pelle liscia, il loro più forte combattente, e secondo in ordine di autorità soltanto a lei. Dopo averlo guardato fisso negli occhi per una ventina di secondi, disse:

«Gli schiavi giudicati di buon valore vengono lasciati nel Recinto finché non li si considera Addomesticati».

«E quanto tempo dura la faccenda?», chiese Rheba.

«Varia da individuo a individuo. Gli schiavi Addomesticati si riconoscono come tali perché restano in permanenza all’interno dei due circoli azzurri. I non-Addomesticati invece entrano solo per bere e mangiare, e poi tornano fuori».

«E i Loos non si interessano di sapere quali schiavi si comportano nel modo voluto?»

«Sappiamo che non prestano alcuna attenzione ai non-Addomesticati», rispose M/Dere.

«La cosa ha un senso», borbottò Kirtn. «Se uno è così testardo e pericoloso da preferire la vita selvaggia fuori dalla zona franca, darebbe ai Loos più guai che altro. E i Loos vogliono gente pacifica, non dei piantagrane. È un sistema di selezione per atteggiamenti mentali».

M/Dur schioccò le dita, nel gesto che gli J/taals usavano fare per dichiararsi d’accordo.

«Dunque», concluse Rheba, «noi ci stiamo già comportando come schiavi ben Addomesticati. Il problema è: in che modo attirare l’attenzione dei Loos su questo fatto, e venir tolti dal Recinto?»

Gli J/taals si guardarono l’un l’altro, ma M/Dere rimase zitta. Non avevano una risposta a quella domanda.

Fssa sibilò dolcemente in un orecchio di Rheba: «Da quando sono qui, ho notato che ogni trentotto giorni intorno al pozzo c’è molta attività. La cupola d’energia cambia aspetto, e né scende della gente. Gli schiavi che si trovano qui all’interno vengono divisi in gruppi. Poi alcuni sono condotti via».

«E cosa accade a quelli che non vengono scelti?»

«Non lo so. Però potrei domandarlo ad Arcobaleno. Lui conosce …»

«No!», esclamarono Rheba e Kirtn insieme, ricordando i dolori intensi che avevano già dovuto sopportare. La ragazza aggiunse: «Dubito che quella roccia abbia imparato qualcosa di utile, standosene conficcata nel fango». Il nervosismo e la frustrazione che si sentiva addosso le fecero emettere un bagliore di energia dalle braccia. Cercò di calmarsi. «Perché, in nome di tutte le stelle, Mercante Jal non ci ha detto nient’altro di questa dannata faccenda?»

«Forse Jal si aspetta che tu faccia qualcosa di spettacolare con l’energia, per far salire il prezzo che spera di ricavare da te», disse Kirtn.

«Poniamo che io lo accontenti: in questo caso credo che verrei separata da voi. E che ne sarebbe di te, degli J/taals e di Fssa?»

In quel momento uno dei clepts mandò un ringhio d’avvertimento. M/Dur gli fece cenno di star fermo: a poca distanza da loro era comparso uno schiavo piccolo e sporco, che indossava un abito preso evidentemente al distributore del pozzo. I cani da guerra scoprirono minacciosamente le zanne nella sua direzione.

«Per favore», gridò l’individuo in universale. «Tenete a freno queste terribili bestie. Io soltanto un miserabile schiavo e non faccio del male a nessuno. Appartengo a una razza pacifica».

M/Dere guardò Rheba interrogativamente, visto che non capiva l’universale e che Fssa non aveva tradotto.

Kirtn s’era alzato. «Cosa sei venuto a cercare?»

Nel vedere l’aspetto fisico del Bre’n, l’uomo indietreggiò. Poi si rivolse a Rheba, pallido e tremante: «Senti, buona signora, tutto ciò che voglio è di andarmene da questo kaza-flatch di un Recinto», ansimò.

La parola usata dall’individuo rimase oscura alla giovane donna, ma il suo atteggiamento la tranquillizzò. «Vieni pure avanti. Non ti siamo ostili». Poi parlò a Fssa: «Traduci per gli J/taals, serpente».

Lo sconosciuto si mosse a passi esitanti, rivelando un carattere pavido e sospettoso. «Buona signora, il mio nome è Yo Kerraton Dapsl. Dapsl per gli amici … e io desidero esservi amico», affermò con fervore.

Era fisicamente molto minuto, magro e con un’epidermide scura dai toni purpurei. Portava i capelli uniti in due trecce untuose, aveva occhi privi di pupilla e d’un colore giallo chiaro, che parevano mal sopportare anche la luce nebulosa del Recinto, ed a paragone di tutti loro sembrava un bambino di dieci anni. Dal suo aspetto non era possibile capire come avesse fatto a sopravvivere alle insidie di quell’ambiente.

«Chi ti ha aiutato ad arrivare sano e salvo fin qui, Dapsl?», chiese Kirth, interpretando anche la curiosità degli altri.

L’ometto vacillò e si portò le mani sul volto. «Oh, io … io non … questa è una cosa che …», balbettò confusamente.

«Calmati, Dapsl», disse Rheba gentilmente. «Certo dev’essere stato terribile per te, ma ora sei al sicuro».

Lui ansimò stancamente. «Sì … al sicuro! Sono al sicuro, non è vero? Dopotutto sono qui al pozzo, e questo significa che sono vivo. Sì, è … è abbastanza chiaro».

Rheba indirizzò a Kirtn un’occhiata ironica. «Costui mi sembra un po’ matto. Non pare anche a te?», sussurrò.

Dapsl stava accostandosi a lei, ma un paio di clepts righiarono così cupamente che balzò subito indietro, mormorando una supplica a certi suoi Dei di Porpora.

«Fai stare calmi gli animali», raccomandò Rheba a M/Dere. «Questo poveretto sembra innocuo».

I mercenari placarono i clepts, e per una volta tanto mormorarono qualcosa fra loro a voce. Fssa non tradusse a Rheba le loro parole, ma commentò: «Gli J/Taals sono convinti che questo schiavo sia pericoloso».

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