Fritz Leiber - I tre tempi del destino

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I tre tempi del destino: краткое содержание, описание и аннотация

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Il presupposto del romanzo è l’esistenza di un dispositivo, la “macchina delle probabilità” in grado di creare universi alternativi in cui qualcosa differisce da quello attuale. Grazie ad altri dispositivi, chiamati talismani, è possibile spostarsi da un universo all’altro.

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Certo, i suoi nervi ormai erano a pezzi. Aveva bisogno di Thorn. Non aveva mai compreso prima d’ora quanto lui e Thorn avessero bisogno l’uno dell’altro per mantenere il reciproco equilibrio. Ma Thorn non si trovava, e le agenzie d’investigazione non avevano fatto alcun progresso. Malgrado le immense preoccupazioni che lo assillavano, Clawly era talmente sconvolto dall’assenza di Thorn, che gli era sembrato diverse volte di vederlo nella folla che si trovava intorno alla Blue Lorraine.

Ma ancora più che di Thorn, lui aveva bisogno di Oktava. Ora che la crisi era giunta, poteva capire fino a qual punto le parole del veggente avevano determinato ogni sua azione, dalla prima seria convinzione della possibilità di un’invasione transtemporale all’organizzazione della falsa minaccia marziana. Sia che fosse superstizione, credulità ignorante o ipnotismo, lui credeva in Oktav, era convinto che Oktav avesse accesso a cose sconosciute a chiunque. E ora che Oktav non c’era più, la disperazione e l’impotenza lo assalivano, ed egli non aveva saputo resistere al desiderio di tornare un’altra volta nell’ufficio misteriosamente deserto.

Quando sollevò la mano per aprire la porta, la sua mente fu assalita dai ricordi… ricordi di altri colloqui nell’ufficio, dell’ultimo colloquio, dello strano individuo che aveva chiamato Oktav, paludato negli abiti dell’Alba della Civiltà, dell’inesplicabile scomparsa di colui che aveva chiamato e del veggente nella stanza interna priva di uscite.

Ma prima che la sua mano potesse attivare la porta, questa si aprì.

Vestito del suo solito abito nero, Oktav era seduto alla scrivania.

Come in un sogno nel bel mezzo di un sogno, Clawly entrò.

Sebbene il veggente fosse sempre sembrato incredibilmente vecchio, la prima impressione di Clawly fu che Oktav fosse enormemente invecchiato negli ultimi tre giorni. Qualcosa era accaduto, e le sue ultime risorse di energia vitale si erano ormai ridotte all’ultima goccia. Le mani erano scheletriche. Il volto era un mero rivestimento di pelle tesa e trasparente su ossa fragili e sottili. Ma negli occhi profondi la saggezza brillava più vivida che mai. E non solo la saggezza, ma qualcosa di nuovo… una determinazione incrollabile di usare quella saggezza. Fu uno sguardo che fece rabbrividire Clawly… di paura e di eccitazione… quello che il veggente sollevò su di lui.

Tutte le domande che avevano torturato la sua mente per tanto tempo, nell’attesa di quel colloquio, scomparvero d’incanto.

— Ho fatto un viaggio molto lungo — disse il veggente. — Ho visitato molti mondi che dovevano essere morti, e ho visto quali strani orrori possono verificarsi quando dei semplici esseri umani cercano di usare saggiamente un potere degno solo degli dèi o di creature simili a dèi Sono stato in costante pericolo, perché quegli uomini erano coloro contro i quali mi sono ribellato, ed essi di conseguenza ora cercano di uccidermi; ma per un po’ di tempo sono al sicuro. Siedi, e ti dirò ciò che penso.

Clawly obbedì. Oktav si piegò in avanti, e le sue dita tamburellarono sul piano della scrivania.

Continuò: — Per molto tempo ti ho parlato per enigmi, ho trattato con te in maniera vaga, perché stavo cercando di fare il doppio gioco… impartirti istruzioni essenziali, e nello stesso tempo, non farlo. Questo periodo è passato. D’ora in poi parlerò chiaro. Tra poco partirò per una missione disperata. Se riuscirò, non credo che tu debba più temere la minaccia dell’invasione sul tuo mondo. Ma potrei fallire, e di conseguenza prima devo mettere a tua disposizione tutte le informazioni che possiedo, in modo che tu possa scegliere il miglior modo di agire al momento giusto.

Sollevò lo sguardo, di scatto. Clawly udì che nel corridoio qualcuno si muoveva. Ma l’interruzione veniva dalla stanza interna.

Ancora una volta, la persona che era venuta a chiamare Oktav era in piedi nel vano della porta interna. Ancora una volta quel volto giovane e vecchio, ignorante e saggio, animalesco e divino era rivolto su Oktav Il volto era duro come una pietra. Un braccio, all’interno della manica a cilindro di stoffa rigida e antica, era teso verso il veggente.

Ma Clawly ebbe appena il tempo di dare una rapida occhiata, e Oktav non ebbe nemmeno quello… stava voltandosi, e i suoi occhi non erano ancora stati illuminati da un barlume di comprensione… prima che una lunga lingua di fiamma bluastra fosse uscita dalla mano del nuovo venuto e, senza spegnersi, come ogni fiamma, si fosse avvolta intorno a Oktav come un sudario.

Davanti agli occhi di Clawly, l’abito di Oktav si incendiò. Il corpo dell’uomo rabbrividì, si annerì, si contorse nell’agonia, si raggrinzì come una foglia. Poi rimase immobile.

La fiamma bluastra ritornò nella mano del nuovo venuto.

Incapace di muoversi e di ragionare e di provare qualcosa, all’infuon di una cupa disfatta, Clawly guardò. Il nuovo venuto si avvicinò alla scrivania di Oktav… goffamente, come se non fosse abituato ai mondi tridimensionali, ma anche con disprezzo, come se i mondi a tre e più dimensioni per lui non fossero che cose molto banali. Estrasse dai resti bruciati della veste di Oktav una piccola sfera grigia, che Clawly scoprì essere uguale a una tenuta in mano dal nuovo venuto. Poi, con uguale goffaggine e disprezzo, con un ultimo sguardo d’assieme che si posò su Clawly e lo ignorò, l’uomo ritornò verso la porta interna, e ne varcò la soglia.

Clawly sentì che il suo corpo era come un ammasso di gelatina. Non riuscì a distogliere gli occhi dalla cosa che si trovava dietro la scrivania. Sembrava più una mummia bruciata che un uomo bruciato. Chissà come, la fiamma bluastra aveva risparmiato l’alta fronte di Oktav, dando a quel volto annerito e contorto un aspetto assolutamente grottesco.

La porta esterna fu aperta, ma Clawly non si voltò, non si mosse. Udì un rapido sospiro… probabilmente quando il nuovo venuto vide il cadavere orrendo… ma il nuovo venuto dovette avvicinarsi e mettersi di fronte a lui, prima che Clawly riconoscesse… perlomeno parzialmente… il suo volto. E anche in quel momento Clawly non provò né sollievo, né stupore, né qualsiasi reazione immaginabile. L’incredibile scena alla quale aveva appena assistito si svolgeva ancora davanti ai suoi occhi, e altri pensieri, altri sentimenti, rifiutavano di sostituirsi a essa. Il cadavere di Oktav dominava la sua vista e la sua mente, come se emanasse un alone palpabile, capace di cancellare tutto il resto.

Il nuovo venuto notò la mancanza di reazione da parte di Clawly, perché disse:

— Sì, sono Thorn, ma, penso che tu lo sappia, non il Thorn che è stato tuo amico, sebbene mi trovi nel suo corpo. — Le parole sembrarono giungere da un’immensa distanza; Clawly fu costretto a lottare contro un desiderio folle di non ascoltare, di dormire, di annullarsi. Le parole continuarono. — Quel Thorn è al mio posto, nel mio mondo, e tre giorni or sono ho gioito al pensiero delle sofferenze che avrebbe dovuto patire in esso. Il fatto è che io vero tuo nemico… tuo, e suo nemico… ma ora non ne sono più tanto certo. Sto perfino cominciando a pensare che potremmo aiutarci moltissimo. Ma sono responsabile di molte vite, oltre la mia, e così fino a quando non sarò sicuro di te, non potrò correre alcun rischio. Ecco la ragione di questo.

E indicò il piccolo oggetto tubolare che teneva in mano, che sembrava l’unità propulsiva di un abito di volo, smantellata e riaggiustata… un’arma rozza ma efficiente.

Clawly cominciò a notarlo, sebbene gli fosse difficile vedere qualcosa che non fosse la cosa dietro la scrivania. Sì, era il volto di Thorn, certo, ma con un’espressione affatto inconsueta di determinazione incrollabile e sicura.

Il nuovo venuto continuò:

— Ti ho seguito perché le registrazioni di Thorn dimostravano che tu e lui stavate lavorando insieme in ciò che sembrava il tentativo di avvertire questo mondo del pericolo imminente. Ma sono accadute altre cose che mi hanno reso dubbioso… cose che vorrei fossero spiegate. Cos’è questa invasione marziana? È autentica? O è un tentativo di far preparare il tuo mondo? O un trucco per rendere più facile l’invasione dei Servitori? E poi, perché sei venuto qui, e chi è quella creatura, e come è morta? — Con un gesto di ripugnanza, indicò il cadavere di Oktav. — Ciò che ho sentito dall’esterno ha rafforzato il mio sospetto che esista qualcuno dietro a questa faccenda di mondi duplicati, qualcuno che cerca di ottenere qualcosa, qualcuno…

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