Fritz Leiber - I tre tempi del destino

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I tre tempi del destino: краткое содержание, описание и аннотация

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Il presupposto del romanzo è l’esistenza di un dispositivo, la “macchina delle probabilità” in grado di creare universi alternativi in cui qualcosa differisce da quello attuale. Grazie ad altri dispositivi, chiamati talismani, è possibile spostarsi da un universo all’altro.

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“Sì.” Oktav sembrava concentrare nel suo pensiero tutta l’amarezza del mondo. “Annegando i gattini indesiderati. Mentre riversate il vostro apparente affetto su uno solo, mettete gli altri nel sacco.”

“Era la cosa migliore da fare” rispose Prim. “La più umana. Non c’è stato alcun dolore… soltanto l’oblio istantaneo, l’annullamento.”

Oktav reagì. Tutti i suoi dubbi primitivi, tutti i suoi lampi di ribellione, si materializzarono improvvisamente in una fiamma di desiderio, il desiderio di scuotere gli altri dalla loro indifferenza. Lanciò una fiamma di pensieri ironici nell’oscurità, come frustate.

“Chi siete voi per dire che non c’è dolore nell’annullamento istantaneo? Oh, sì, i mondi sbagliati, i controlli, gli esperimenti falliti… non hanno importanza, togliamoli dalle loro sofferenze, liberiamoci delle prove dei nostri errori, annulliamoli perché non possiamo sopportare il loro muto atto d’accusa. Come se i mortali dei mondi sbagliati non avessero gli stessi diritti sul loro futuro, per quanto doloroso e tormentato, di quanto non abbiano i mortali del mondo centrale. Quale delitto hanno commesso, oltre a quello di scegliere male, quando, per tua ammissione, Prim, è stato tutto un lavoro di scelta? Quale differenza c’è tra il tronco e i rami abbattuti, tranne il vostro giudizio che dice come questi ultimi sono sbagliati, e il tronco sembra più felice, più riuscito? Voglio dire qualcosa a tutti voi. Avete seguito il mondo centrale per tanto tempo, avete legato i vostri affetti umani a esso così strettamente, che siete arrivati a crederlo l’unico mondo reale, l’unico mondo che conta… e gli altri per voi non sono che fantasmi, ipotesi, divagazioni accademiche. Ma in verità essi vivono come il mondo centrale, sono reali, veri e meritevoli di considerazione, né più né meno dell’oggetto della vostra passione morbosa.”

“Non esistono più” pensò furioso Prim. “È chiaro che la tua mente, sconvolta da emozioni terrestri, è ormai in condizioni disperate. Stai sostenendo la causa di ciò che non esiste più.”

“Ne sei così certo?” Oktav sentì che il suo pensiero si tuffava nell’oscurità, come una grande bolla nera, e attirava l’attenzione di tutti. “E se i mondi sbagliati esistessero ancora? Se, pensando di averli annullati, voi non aveste fatto che allontanarli, sistemarli al di fuori della corrente principale del tempo, mandarli alla deriva nell’oceano dell’eternità? Vi ho detto che dovreste visitare il mondo più spesso, in carne e ossa. Scoprireste che i vostri amatissimi abitanti del mondo centrale cominciano a rendersi conto dell’esistenza di un pericolo incombente e oscuro, che stanno scoprendo le prove di un’infiltrazione, un’invasione silenziosa e piena di incognite, che avviene all’interno dei corpi umani. Qua e là, nel vostro mondo centrale, menti straniere si impadroniscono delle menti umane. E se questa invasione venisse da uno dei mondi sbagliati… diciamo, da uno dei mondi creati nell’ultima divisione? Questa divisione è avvenuta tanto recentemente, che negli altri due mondi esistono ancora i duplicati degli abitanti del mondo centrale, e tra duplicati possono intercorrere legami così forti che neppure l’abisso che divide le correnti temporali è capace di spezzare… per tua stessa ammissione. Prim, le divisioni temporali non sono mai complete, all’inizio, e possono esistere recessi comuni e immutabili nell’abisso del subcosciente degli individui duplicati, capaci di aprire la strada tra gli abissi del nulla, di rendere possibile lo scambio delle menti. E se i mondi sbagliati avessero continuato a esistere nell’oscurità eterna, al di là della portata delle vostre ricerche, e in essi si fossero verificati chissà quali orrori, chissà quali anormalità, magari mostruosi mutanti ritornati nelle caverne? E se per mezzo dell’intelligenza, torturata e costretta a rendere il massimo per sottrarsi a quell’abisso di orrore, essi avessero scoperto cose, sul tempo, che perfino voi non conoscete? E se fossero là fuori… in attesa, in agguato, divorati dal rancore, pronti a balzare sul vostro mondo prediletto?”

Oktav fece una pausa, e ascoltò l’oscurità. Debole, ma inconfondibile, giunse il battito della paura. Certo, aveva scosso la loro indifferenza… ma non a suo vantaggio.

“Stai pensando delle assurdità” tuonò il gelido pensiero di Prim, il cui tono non conteneva ormai la minima speranza d’indulgenza e di perdono. “La sola idea della possibilità che noi abbiamo commesso un errore simile, fa ridere. Conosciamo ogni incrinatura dello spazio-tempo, ogni piega, ogni sacca di esso. E siamo i padroni del Motore, della Probabilità.”

“Lo siete davvero?” Ormai incurante di qualsiasi conseguenza, Oktav formulò la domanda che non aveva precedenti, la domanda proibita. “Solo che quando io sono stato iniziato, e probabilmente, quando tutti voi siete stati iniziati, è stato sempre sottinteso, e suggerito quasi inequivocabilmente, benché una parola chiara e definitiva non sia mai stata pronunciata, che Prim, il primo del nostro gruppo, un mutante mentale, un supergenio del diciannovesimo secolo, ha inventato il Motore della Probabilità. Io ero un neofita pieno di reverenza, e accettai questo atteggiamento. Ma adesso capisco di non avere mai creduto veramente questo. Nessuna mente umana può avere, non dico inventato, ma concepito, il Motore della Probabilità. Prim non lo ha inventato. Lo ha semplicemente trovato, probabilmente imbattendosi per caso in un talismano perduto. Poi qualche particolarità del Motore gli permise di sottrarlo, di metterlo fuori della portata dei suoi veri padroni, di nasconderlo. Poi ci prese con lui, uno per uno, perché una sola mente era insufficiente a far funzionare il motore in tutte le sue fasi e nelle sue possibilità. Ma Prim non lo ha mai inventato. Lo ha rubato.”

Con un senso di esultanza, Oktav comprese di avere colpito il loro punto debole… sebbene, nello stesso tempo, avesse segnato il suo fato. Sentì che le sette menti spaventate e risentite convergevano su di lui, in maniera soffocante. Continuò a cercare, ma questa volta, cercava una cosa soltanto… qualsiasi allentamento della sorveglianza, qualsiasi attenuazione della loro attenzione, da parte di uno di loro. E mentre cercava, aggiunse altri insulti, tentando di minare la loro capacità di resistenza.

“Esiste qualcuno di voi, Prim incluso, che riesca perlomeno a capire il Motore della Probabilità, lasciando perdere la possibilità di costruirlo, che è assurda?

“Voi blaterate continuamente a proposito della scienza, ma siete capaci di comprendere perlomeno la scienza dei terrestri dell’epoca attuale? Qualcuno di voi può spiegarmi la base teorica sulla quale poggia la fisica subtronica? Perfino le vostre marionette vi hanno superati. Voi rappresentate l’atavismo, siete relitti dell’Alba della Civiltà, mummie mentali, scimmie entrate di notte in una fabbrica, che si divertono a scimmiottare gli uomini intorno alle macchine.

“Voi siete apprendisti stregoni… e cosa accadrà quando lo stregone sarà di ritorno? Cosa accadrà, se io porrò fine a questo eterno sussurrio, e griderò con voce forte e chiara, attraverso l’eternità: ‘Oh stregone, Veri Possessori, qui si trova il vostro Motore rubato’?»

La pressione fu su di lui, esasperata, come se con la sola forza mentale gli altri volessero schiacciarlo, per impediere che un richiamo del genere fosse lanciato. Lui capì che sarebbe rimasto schiacciato da quella pressione, che avrebbe cessato di esistere. Ma nello stesso istante la sua ricerca incessante scoprì qualche traccia di cedimento nei pensieri di Kart, un ondeggiamento dovuto al dubbio e alla paura, e si afferrò a questo cedimento, disperatamente, ma in maniera assolutamente impercettibile.

Prim terminò di pronunciare la sentenza:

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