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Fritz Leiber: Il verde millennio

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Fritz Leiber Il verde millennio

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Nella solitudine della stanza in cui egli si ritrovava, la sua avventura allucinante gli stava passando davanti agli occhi. Si era sentito un altro, quel mattino, svegliandosi, quando aveva visto sul davanzale quel gatto stranissimo dal mantello di un verde smeraldo. La fuga del gatto, la visita allo psichiatra erano venute dopo; e poi, via via di seguito tutti gli altri fatti strani. Allucinazioni, sì. Ma qualcosa di vero sarebbe rimasto. Lo sdoppiamento del suo io sarebbe arrivato a qualcosa di concreto: una essenza di vita più buona, un mondo migliore in cui avrebbero agito una creatura di un altro mondo e una interminabile teoria di gatti dai mantelli tutti verdi.

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— Cos’è questo baccano? — chiese con una voce che fece sobbalzare Phil, perché era quella del Vecchio Bracciodigomma.

— Questo tipo… — cominciò Cookie, ma venne zittito da un’occhiata di Jack.

Gli spessi occhiali si volsero verso Phil. — Oh, uno dei tuoi fanatici ammiratori, Jack — disse il grassone con condiscendenza. — Mandalo via.

— Certo, signor Brimstine — disse Jack. — Subito.

La porta si richiuse. Phil si lasciò portar fuori da Juno. Si sentiva uno straccio, tanto che quasi non si accorse di una strana coppia che veniva lungo il corridoio verso di loro. L’uomo aveva un’aria serafica e insieme allegra. Era molto abbronzato, portava scarpe arancioni e un berretto dello stesso colore. La donna assomigliava a una giovane strega, con quel naso ossuto e il mento appuntito. Aveva un cappellino rosso, fissato con una ventina di lunghi spilloni alla sua capigliatura scura e arruffata, e una corta gonna rigida e spessa come un tappeto. Entrambi portavano maglioni neri col collo alto. Phil, immerso nei suoi dispiaceri, li notò appena, ma si accorse ugualmente che i due ignorarono volutamente la gigantessa.

— Troverete il vostro eroe da fumetti là in fondo, che spara ai topi — disse la donna con voce irosa. La ragazza si limitò ad arricciare il naso da strega. L’uomo roteò i suoi occhi da furetto e fece un mezzo sorriso benevolo. — Amore, Juno — ammonì. — Nient’altro che amore.

La gigantessa restò un momento a guardarli con aria corrucciata, poi proseguì. — Un paio di ammiratori di Jack, intellettualoidi — confidò amaramente. — Poeti, fanatici religiosi, e tutto il resto. Gli hanno montato la testa, quei fetenti.

Raggiunsero la fine del corridoio. Il Vecchio Bracciodigomma agitò la sua mano senza dita e borbottò: — Circolare, circolare — ma Juno lo ridusse al silenzio con uno stanco: — Sta’ zitto!

— Ora fila a casa, figliolo — disse a Phil. — Se fossi in te non so se andrei dallo psichiatra di Jack. Probabilmente è qualche svitato che gli hanno affibbiato gli Akeley, quei tizi che abbiamo incrociato poco fa. Però qualche dottore dei matti potrebbe fare al caso tuo. — Gli diede una pacca sulle spalle e sorrise, mostrando una cicatrice all’interno delle labbra. — Mi dispiace per quello che è successo là dentro, con quello schifoso di mio marito. Vieni a trovarmi quando ne hai voglia. Il Vecchio Bracciodigomma ha l’impronta della tua voce. Chiedi di Juno Jones. Ma ricordati di una cosa, figliolo: basta coi gatti verdi.

3

Attraverso le palpebre semichiuse, con le ciglia che sfocavano tutti i contorni, Phil osservava il cerchio spettrale, giallo pallido, della finestra. Era la sola luce che riuscisse a sopportare, quella dello specchio al sodio sopra la stratosfera. Pochi minuti prima aveva spento anche la televisione, tuttavia la voce sexy della ragazza continuava a sussurrare la sua canzone e lui indossava ancora il grosso guantone della sensoradio. Ma la pressione delle dita della cantante registrata da una mano idraulica e trasmessa nell’etere fino al suo guantone, cominciava a sembrargli quella di uno scheletro con le dita di gomma. Phil si strappò di dosso l’arnese, spense l’audio, accese una sigaretta e si ritrovò solo con il suo problema. Era davvero pazzo? Lucky era soltanto il sogno di uno psicopatico, o lui era stato in qualche modo raggirato? Ancora una volta, con angoscia, dovette arrendersi all’evidenza: soltanto lui si era accorto del gatto. E poi c’erano molti altri indizi di allucinazione; il colore assurdo, il cibo incredibile, la sua impressione che Lucky non fosse veramente un gatto; la sua assurda illusione di divina onnipotenza.

Ma questi stessi sentimenti erano anche la ragione per la quale Lucky doveva esistere. Dopo quanto era successo quel giorno, Phil non avrebbe più potuto sopportare la vita senza Lucky, senza quelle calde sensazioni intuitive che l’avevano galvanizzato nel pomeriggio e gli avevano fatto dimenticare il lavoro perso, la solitudine, la vigliaccheria, le frustrazioni. — Lucky — mormorò prima ancora di rendersene conto, e il suono querulo da malato della sua voce lo spaventò talmente che si frugò in tasca e tirò fuori il nastro che gli aveva dato Swish Jack Jones. Aspirò con forza dalla sigaretta, e al chiarore della brace lesse: Dr. Anton Romadka. Cima della Fortezza. Ore otto.

Nella sua mente apparve l’immagine della guglia nera e sottile della “Fortezza”, un lussuoso edificio adibito ad albergo e uffici. Pensò che gli ci volevano pochi minuti per arrivarci. Ma poi, di scatto, appallottolò il pezzo di nastro e se lo rimise in tasca. Cominciò a camminare su e giù per la stanza. Se fosse andato dal dottor Romadka sarebbe stato come ammettere che non credeva all’esistenza di Lucky.

Pensò alle pillole di sonnifero, ma temeva che non gliene fossero restate abbastanza. Prese un libro che aveva cominciato, ma trovò il suo stereotipato sadismo insopportabilmente noioso. Come ultima risorsa accese di nuovo la televisione, audio e video.

— … preda dell’Anticristo.

Quelle parole, insieme al viso scarno apparso sullo schermo, indicavano che il Presidente Robert T. Barnes stava facendo una nuova predica sulla Russia ai suoi Fratelli Americani.

— Ma ci sono peccatori anche da questa parte della trincea — continuò la grande figura patriarcale, piegandosi in avanti e inarcando le sopracciglia. — Peccatori in mezzo a noi, creature dedite alla lussuria. Troppo a lungo costoro si sono crogiolati nei piaceri più bassi. — Agitò un dito e si chinò ancora una volta verso lo schermo. — Io li ammonisco che la loro ora è giunta.

Phil fece per spegnere (quante volte Barnes aveva lanciato quelle futili, e, secondo alcuni, ebbre, minacce, quando tutti sapevano che la sua amministrazione era compromessa fino al collo con la Divertimenti SpA?), ma si fermò avvertendo nella voce del Presidente una nota diversa e anche un poco inquietante.

— Fratelli Americani — disse Barnes quasi in un sussurro, con un leggero ondeggiamento del corpo — delle forze misteriose sono all’opera, pensieri insani, spiriti dell’aria più alta come quelli che perseguitarono l’antica Babilonia. Qualcuno cerca di condizionare le nostre menti, è l’ora della prova finale…

La sua momentanea curiosità svanì e Phil spense l’apparecchio, ripiombando nell’oscurità e nel silenzio. Eppure la retorica del Presidente aveva influenzato il corso dei suoi pensieri. Smise di camminare e si rannicchiò sulla poltrona di schiuma incastrata fra la televisione e il letto.

“Devo essere pazzo” si disse con una rassegnata certezza che tuttavia non gli provocava nessun dolore, forse perché se ne stava seduto immobile. Tutto quello che aveva fatto quel pomeriggio non rispondeva al suo carattere, compresa la sua sopravvalutazione di quel gatto immaginario.

Sì, doveva essere matto.

Il quel momento il pallido cerchio della finestra venne intersecato da un cerchio più piccolo e molto più luminoso. Automaticamente si alzò e si avvicinò.

La ragazza dell’appartamento di fronte aveva acceso la luce. Si era levata il mantello e ora si aggirava nella stanza, come se cercasse qualcosa, mentre la coda di capelli neri le ondeggiava da una parte e dall’altra secondo i movimenti della testa. Era lontano meno di sette metri, e poteva vederla molto distintamente. Indossava un vestito grigio, all’ultima moda. Aveva un viso stretto, naso piccolo, bocca larga, occhi molto distanziati e, si accorse Phil per la prima volta, le orecchie erano prive di lobo e si appuntivano in alto in modo quasi faunesco. Come nelle altre rare occasioni in cui l’aveva vista, Phil provò un brivido di inquietudine.

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