Fritz Leiber - L'alba delle tenebre
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- Название:L'alba delle tenebre
- Автор:
- Издательство:Casa Editrice La Tribuna
- Жанр:
- Год:1965
- Город:Piacenza
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Si mise sull’attenti.
— Sharlson Naurya, in nome del Grande Dio e della Gerarchia, io ti dichiaro in arresto!
Lei inclinò la testa e una luce malvagia si insinuò nel sorriso dei suoi occhi. Poi, all’improvviso staccò le mani dal grembo e le protese davanti a sé.
— Corri Micia! — gridò con tono vagamente birichino. — Racconta tutto all’Uomo Nero!
Un artiglio scintillante le strappò il vestito all’altezza della vita… dall’interno. Vi fu un rapido sommovimento sotto la stoffa, poi, contorcendosi, qualcosa uscì dalla fessura e spiccò un balzo.
Qualcosa di peloso, grande come un gatto, ma più simile a una scimmia e incredibilmente magro.
Come un ragno rapidissimo, si arrampicò su per il muro e attraversò il soffitto, al quale rimase attaccato senza sforzo alcuno.
A Chulian si paralizzarono tutti i muscoli. Con un grido soffocato, il suo compagno protese un braccio e dall’indice puntato uscì, crepitando, un ago di luce viola. Zigzagando, il raggio seguì il percorso della cosa misteriosa, bruciando l’intonaco grezzo della parete e del soffitto.
La cosa indugiò per un istante in corrispondenza della presa d’aria e si voltò a guardare. Poi scomparve, e la luce violetta del raggio crepitò invano attraverso il foro verso il cielo scuro, dove si vedeva brillare una sola stella.
Ma Chulian continuò a guardare in alto, la mandibola rilasciata percorsa da un brivido. Aveva avuto una fugace visione del minuscolo viso della cosa. Non mentre si muoveva, perché in quel momento era solo una macchia ondeggiante, ma quando si era fermata per guardare indietro.
Non aveva tutti i tratti di una vera faccia. Alcuni mancavano e altri sembravano inseriti l’uno nell’altro, come le parti rientranti di un cannocchiale. Un pelo sottile invadeva il viso.
Ciò nondimeno, là dove i lineamenti riuscivano a emergere dal pelo, gli erano apparsi bianchi e, benché fortemente deformati, vi aveva rinvenuto una copia di quelli di Sharlson Naurya: una caricatura dallo sguardo acuto, senza mento, senza naso, infernale, ma terribilmente somigliante.
E il pelo era della stessa tonalità dei capelli scuri della ragazza.
Dopo un po’ Chulian abbassò lo sguardo su di lei. Non si era mossa. Era in piedi davanti a lui e gli sorrideva con gli occhi.
— Che cos’era quella cosa? — le domandò con voce strozzata. Era più un appello disperato che una domanda.
— Non lo sapete? — gli domandò lei con tono grave.
Prese uno scialle che era appeso a un’estremità del telaio. — Sono pronta — disse. — Non dovete condurmi al Santuario?
E gettandosi lo scialle sulle spalle, si avviò verso la porta.
Fuori, la notte sembrava più buia che mai e regnava un silenzio di tomba. Se qualcuno aveva udito il trambusto, non era certo uscito a indagare. Così imponeva la legge, come Chulian ben sapeva, ma in quel momento desiderò con tutto il cuore che qualche cittadino la infrangesse. Se almeno avessero incontrato una pattuglia di diaconi!
Le due aureole violette si affannarono balzelloni attraverso le stradine strette e irregolari, puntando in direzione della luce-guida del Santuario.
Se solo la ragazza non avesse camminato così piano! Certo, potevano indurla ad affrettare il passo (ognuno di loro due disponeva di un gomito all’interno di uno dei guanti rigonfi), ma a Chulian non piaceva l’idea di farle del male; considerando soprattutto che per il resto si stava dimostrando molto docile. Per non parlare del fatto che quella cosa che aveva chiamato per nome doveva essere da qualche parte sui tetti e forse li stava seguendo. Niente di più probabile che se avesse alzato gli occhi avrebbe visto quel minuscolo muso antropoide fare capolino dietro qualche comignolo, stagliato contro il cielo stellato.
Ma per fortuna, una volta arrivati al Santuario, quell’incubo sarebbe finito. Oltrepassarono file di case buie e fauci di strade altrettanto buie. Al crocicchio successivo avrebbero dovuto girare a sinistra per evitare la casa stregata, rifletté Chulian.
Ma quando giunsero all’incrocio, trovarono la strada che piegava a sinistra murata: un muro solido, invalicabile, fatto di tenebra.
Non quella tenebra vagamente rischiarata dalla luce stellare che li aveva circondati fino a quel momento, ma un buio totale e assoluto, al confronto del quale il cielo notturno sembrava grigio.
Chulian lanciò una rapida occhiata a Fratello Arolj, cereo sotto l’aureola luminosa, e ne colse lo sguardo allarmato.
Subito dopo, di corsa per non cedere alla tentazione di indietreggiare, i due sacerdoti si tuffarono insieme nell’oscurità, la ragazza sempre in mezzo a loro.
Le loro aureole si spensero. Non vi era neanche la più piccola traccia di luce.
Ritornarono precipitosamente sui loro passi, e, ansando, riemersero dal buio come da un muro di inchiostro. Per un angoscioso momento, Chulian temette che sarebbero rimasti intrappolati in quella tenebra per sempre.
Girarono a destra. Anche lì l’oscurità riempiva la strada, dall’imboccatura fino su, a celare le stelle.
Sharlson Naurya era rimasta diligentemente in mezzo a loro. Non aveva tentato di scappare, anche se le sarebbe bastato rimanere nascosta nella stradina buia per farla franca, perché loro due non sarebbero andati sicuramente a cercarla. Certo, era probabile che anche lei avesse paura di quella tenebra minacciosa, ma Chulian non era convinto.
Con la coda dell’occhio si guardò rapidamente alle spalle. Era come aveva temuto. La tenebra li aveva seguiti dalla strada da cui erano venuti.
La sola via vagamente illuminata era quella che proseguiva dinanzi a loro, quella che portava alla casa stregata. Qualcosa voleva che loro passassero davanti a quella vecchia casa… Del resto non avevano altra scelta… prima che il buio decidesse di scivolare oltre e di inghiottirli.
Quella paura doveva aver assalito contemporaneamente anche Fratello Arolj, perché entrambi i sacerdoti si precipitarono in avanti, trascinando con sé la prigioniera.
Dietro di loro, il muro di tenebra divorava l’acciottolato che le loro suole avevano appena calpestato, incalzandoli quando incespicavano. Quando raggiunsero la piccola piazza abbandonata dove sorgeva la casa stregata, avevano smesso di camminare da un bel pezzo e stavano correndo senza alcun ritegno.
La costruzione si ergeva solitaria al di sopra di tutte le altre casupole, simbolo perfetto di desolazione. Ma Chulian vide solo di sfuggita il suo complesso di muri follemente incurvati e stranamente molli, interrotti da cadenti finestre circolari, simili a occhi sporgenti e lascivi. Perché, all’improvviso, la tenebra avanzò da ogni lato, come un grande sacco, tagliando loro la strada, oscurando le stelle e costringendoli, attraverso lo slargo coperto di pietrisco, verso la bocca del sacco e l’ingresso ovale e malandato della casa stessa.
Allora, in preda al panico, Chulian offrì la sua prima e unica prova di disperato coraggio. Puntò l’indice contro Naurya.
— In nome del Grande Dio, se non la fai sparire ti incenerirò! — la minacciò con la voce che gli tremava.
Un secondo dopo la tenebra si ripiegò su se stessa, chiudendosi intorno a loro come una busta. Si fermò a una spanna dal trio, escludendo quasi del tutto l’uno alla vista dell’altro.
— Non lo farò! Non lo farò! — urlò Chulian abbassando la mano.
La tenebra arretrò di alcuni metri.
E a quel punto, finalmente, Naurya gli sorrise con le labbra. Allungò un braccio e, prima che lui potesse rendersi conto di quello che stava per fare, lo colpì rapidamente in un certo punto del torace.
Il suo campo di inviolabilità si spense, la sua aureola si smorzò e la sua veste si afflosciò.
Lei gli fece un buffetto sulla guancia, come si fa ai bambini, e al tocco gentile delle sue mani Chulian sentì formicolare la pelle del viso.
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