La signorina Bishop si liberò dall’abbraccio della signorina Blushes.
— Cercate di ricomponi — disse secca — Cos’è successo all’Editrice Razzi?
— Niente, che io sappia — disse con alterigia la robicchia rosea. — Quel vecchio ubriacone mi ha spaventata, ecco tutto.
— Ma avevate detto a Zane che avreste custodito Mezza Pinta e gli altri…
— Oh, credo proprio di averlo detto — continuò la signorina Blushes nello stesso tono. — Ma poi il signor Cullingham mi ha detto che disturbavo e mi ha pregato di uscire nel corridoio. Il signor Flaxman mi ha detto di montare di guardia alla porta che aveva la serratura elettrica rotta, in modo che nessuno potesse fare irruzione all’improvviso. Ho lasciato la porta socchiusa per poter guardare. — Esitò un attimo, poi proseguì: — Vedete, signorina… oh, non è successo niente del tutto, non pensate questo… ma io non credo che quei tre cervelli siano molto felici là all’Editrice Razzi.
— Cosa intendete dire? — scattò la signorina Bishop.
— Ecco non mi sembravano molto felici — disse la robicchia.
— Cosa intendete dire, non sembravano ? — domandò la signorina Bishop. — Se stavano facendo i capricci e discorsi di autocommiserazione, non è niente per cui valga la pena di agitarsi. Li conosco bene… si lagneranno per un pezzo, prima di arrendersi e di ammettere che vogliono tornare a scrivere.
— Ecco, non so niente in proposito — disse la robicchia. — Ma quando uno di loro cominciava a lamentarsi, il signor Flaxman gli disinseriva l’altoparlante… per lo meno, è ciò che ho visto io.
— Qualche volta è necessario farlo — disse la signorina Bishop, un po’ imbarazzata. — Ma se quei due… Avevano giurato di seguire le Regole di Zukie: gliene ho lasciato una copia. Che cos’altro avete visto, signorina Blushes?
— Non molto. Il signor Cullingham è venuto a chiudere la porta quando si è accorto che io sbirciavo. Immediatamente prima di questo, ho sentito un uovo che diceva: “Non resisto più. Non resisto più. Per amor di Dio, smettetela. Ci fate impazzire. È una tortura”.
— E poi…? :- La voce della signorina Bishop era dura e acuta.
— E poi il signor Flaxman gli ha disinserito l’altoparlante e il signor Cullingham ha chiuso la porta, e io sono venuta qui e quel vecchio ubriacone mi ha spaventata.
— Ma cosa stavano facendo alle uova Flaxman e Cullingham?
— Non ho potuto vedere. Il signor Flaxman aveva un trapano sulla scrivania.
La signorina Bishop si strappò la cuffietta bianca, si slacciò il camice e lo lasciò cadere sul pavimento, senza preoccuparsi troppo del fatto che così era rimasta con un corto pagliaccetto bianco.
— Zane — disse — chiamerò immediatamente la signorina Jackson. Non voglio che voi lasciate la Nursery fino al suo arrivo. Custodite le uova. Signorina Blushes, prendetemi una gonna e il maglioncino dal lavatoio… quella porta. Poi restate con Zane. Venite, Gaspard, andremo subito a fondo di questa storia.
Si toccò il fianco e per un attimo Gaspard vide profilarsi, sotto al pagliaccetto, una pistola nella relativa fondina.
Anche senza quel particolare, e nonostante il suo spettacoloso sviluppo anteriore, aveva un’aria straordinariamente sinistra.
Il Viale del Lettorato non era precisamente brulicante di attività, ma ne era liberalmente cosparso: ed era sempre un’attività di tipo imbarazzante.
Subito all’inizio del loro rapido tragitto, Gaspard vide una macchina scoperta carica di apprendisti scrittori che incrociava lentamente per il viale. Per fortuna era tallonata da un furgone della polizia governativa. Dietro, veniva una macchina senza carrozzeria con tre robot dall’aria dura agganciati per le costole alla sua nuda ossatura metallica. Passò un camion carico di rifiuti.
Nel momento in cui raggiunsero l’Editrice Razzi, un grosso elicottero scese obliquamente verso il tetto dell’edificio; sul muso recava scritto, a grandi lettere: GENTE DI PENNA. Dalla cabina si intravedevano giovanotti dai maglioni neri e dai capelli scompigliati dal vento e, accanto a loro, vecchie megere vestite d’oro e d’argento. Dalla chiglia pendeva un cartello: IN GUARDIA, ROBOT! MULINI-A-PAROLE E SCRITTORI SONO FINITI! ADESSO SPETTA AI DILETTANTI IL DIRITTO DI SCRIVERE!
Gaspard e la signorina Bishop furono introdotti nelEditrice Razzi da un fattorino dalla faccia di topo che il meccanico dei mulini-a-parole non riconobbe e da un robot-portiere alto due metri e mezzo e dalla doratura scrostata: probabilmente, pensò Gaspard, facevano parte del nuovo sistema difensivo approntato da Flaxman, poiché quella coppia era degna di Joe la Guardia.
Il pianterreno era ancora saturo dell’odore funereo di isolanti bruciati, e la scala mobile non era stata riparata. Non era stata riparata neppure la serratura elettrica: spinsero la porta, facendo cadere Flaxman dalla sedia… o per lo meno, la loro prima visione del piccolo editore fu la sua testa che scompariva dietro la scrivania.
I tre cervelli riposavano sui cercini, nella metà di scrivania spettante a Cullingham: erano inseriti soltanto i loro microfoni. I tre microfoni erano tutti riuniti vicini allo stesso Cullingham, che teneva in mano alcune pagine manoscritte, mentre parecchie altre erano sparse sul pavimento attorno alla sua sedia.
Gaspard e la signorina Bishop ebbero appena il tempo di guardare quando Flaxman riapparve dietro la scrivania, agitando il trapano di cui aveva parlato la signorina Blushes e spalancando la bocca per urlare qualcosa. Poi evidentemente cambiò idea, perché chiuse le labbra, alzò un dito verso di loro e indicò Cullingham con il trapano.
A questo punto Gaspard cominciò a udire ciò che quest’ultimo stava leggendo.
— “Lo Sciame d’Oro si spinse oltre e oltre, appollaiandosi sui pianeti, bivaccando nelle galassie” — intonò Cullingham con voce sorprendentemente drammatica.
“Qua e là, su sparsi sistemi, la resistenza divampava. Ma le lance spaziali lampeggiavano e colpivano senza misericordia alcuna e quella resistenza cessò.
“Ittala, Gran Khan dello Sciame d’Oro, chiese il suo super-telescopio. Fu portato nel padiglione macchiato di sangue dagli scienzati atterriti. Il Khan l’afferrò con una risata selvaggia, licenziò i calvi con un gesto sprezzante e lo puntò verso un pianeta in una lontanissima galassia che fino a quel momento era sfuggita ai predatori gialli.
“La bava scese dal becco del Gran Khan e corse lungo i suoi tentacoli. Egli urtò con il gomito il grasso Ik Huk, Capo dell’Harem. ‘Quella’, sibilò, ‘quella in mezzo al gruppo, su quella collinetta erbosa, quella che porta a tiara di radium, portamela!’”.
La signorina Bishop mormorò, storcendo la bocca: — La signorina Blushes si sbagliava, qui non torturano nessuno.
— Come? — batté Gaspard, nello stesso tono — non state ascoltando?
— Oh, quello — disse lei sarcastica. — Come dico spesso ai marmocchi, i bastoni e le pietre possono spezzarmi le ossa…
— Ma le parole possono farmi impazzire — finì Gaspard. — Non so dove abbiano pescato quella roba, ma so che se una persona abituata alla buona letteratura della qualità prodotta dai mulini-a-parole fosse costretta ad ascoltarla a lungo, comincerebbe a delirare.
La ragazza gli lanciò un’occhiata di sbieco.
— Siete veramente un lettore serio, Gaspard, un lettore da veri scrittori. Dovreste dare un’occhiata ai vecchi libri che i cervelli mi consigliano… scommetto che vi piacerebbero.
— Mi farebbero soltanto impazzire in un modo diverso — le assicurò Gaspard.
— E come lo sa? — chiese lei. — Anch’io ne ho letti molti, ma buoni o cattivi che fossero non mi hanno mai influenzato come siete influenzato voi.
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