Robert Heinlein - Guerra nell'infinito

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Don Harvey è nato nello spazio, a bordo di un’astronave in caduta libera oltre l’orbita degli asteroidi, da padre terrestre e da madre di cittadinanza venusiana, si ritrova senza patria quando le colonie di Venere decidono di ribellarsi allo sfruttamento della Federazione Terrestre. È la storia della prima guerra cosmica, sullo sfondo di una grande trasformazione del sistema solare, in orbita intorno alla luna si sta costruendo il Cercatore di Orizzonti. La nave interstellare che porterà uomini e donne in un viaggio di centinaia d’anni, generazioni e generazioni su un mondo artificiale, verso altri sistemi stellari; su Marte e su Venere, gli indigeni intelligenti che i terrestri hanno trovato al loro arrivo sui pianeti gemelli ricordano epoche remotissime, nelle quali la Terra, Marte, Venere e i satelliti di Giove facevano parte di un grandioso Impero… Don Harvey, strappato al suoi studi, alla vita che conosceva, dallo scoppio della guerra, sfugge miracolosamente alla distruzione di Circum-Terra, la stazione spaziale che collega la Terra a Luna City e ai pianeti, e finisce su Venere, tra le paludi e le giungle del pianeta nebbioso, braccato da tutti i belligeranti perche, suo malgrado, egli è latore di un messaggio così importante che, da solo, potrebbe cambiare la storia del Sistema Solare.

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«Si tratta di una cosa molto semplice… che lei ha evidentemente trascurato. Io sono ancora in servizio attivo. Non posso andarmene per i fatti miei, a una distanza di cento milioni di miglia e più. dal mio posto di combattimento. Parlando in termini tecnici, questa verrebbe definita ‘diserzione’. E lei conosce il dispositivo militare. Quando riusciranno a mettermi le mani addosso, probabilmente prima mi impiccheranno, e poi cominceranno a fare delle domande.»

Phipps si rilassò visibilmente.

«Oh. Forse questo problema può essere risolto. Lasci che sia io a preoccuparmene.»

Effettivamente, il problema poteva essere risolto. Fu solo tre giorni più tardi che Don ricevette dei nuovi ordini, questa volta scritti, recapitati attraverso sistemi incredibilmente tortuosi e complessi, che, avendo combattuto a sua volta la guerriglia, lui poteva soltanto immaginare. Gli ordini erano così concepiti:

Per: HARVEY, Donald J., Sergente-Specialista 1/c

Via: Canali militari.

1. Con i presenti ordini lei viene assegnato al servizio speciale temporaneo, di durata indefinita.

2. Per esplicare questo servizio lei dovrà viaggiare come e quanto le sarà necessario.

3. Questi ordini le vengono impartiti per gli alti interessi della Repubblica. Quando, a suo giudizio, il suo servizio sarà stato completato, dovrà presentarsi a rapporto alla più vicina autorità competente, e chiedere di essere fornito di mezzi di trasporto che le permettano di presentarsi a rapporto personalmente dal Capo di Stato Maggiore.

4. Per la durata di questo servizio lei viene promosso al grado di sottotenente.

J. S. Busby, Colonnello di Brigata

Per il Generale Comandante

Prima Convalida:

1. Recapito (via corriere)

Henry Marsten, Capitano

Comandante 16a Compagnia di Combattimento

Gondola-trasportata

Unita agli ordini da una graffetta metallica c’era una breve nota scritta, a mano, che diceva:

P.S. Caro «Tenente»,

Questi sono gli ordini più stupidi che io abbia mai dovuto convalidare. Cosa diavolo stai facendo? Hai sposato un’ereditiera dragonessa? O hai sorpreso un Pezzo Grosso che rubava marmellata? In ogni caso, divertiti… e buona caccia!

Marsten.

Don s’infilò gli ordini e il biglietto in tasca. Di quando in quando, infilava là mano in tasca, e li toccava. C’erano sempre.

I giorni passarono lentamente; la linea tratteggiata si avvicinava sempre di più a Marte; e l’intero gruppo fu pervaso da un nervosismo sempre crescente. Un’altra data era stata affissa nella mensa, la data entro la quale il Little David doveva essere pronto… se volevano arrivare in tempo.

Il calendario segnava esattamente quella scadenza improrogabile, il giorno in cui il traghetto-incrociatore vide finalmente salire a bordo il suo equipaggio. Venti minuti prima del decollo, Don era ancora nello studio di Sir Isaac, mentre il suo bagaglio (esiguo com’era) si trovava già a bordo. Dire addio a Sir Isaac, scoprì Don, era assai più difficile di quanto avesse immaginato. La sua mente non era ingombra di concetti psicologici, quali ‘immagine paterna’ e cose simili; si rendeva semplicemente conto che quel drago costituiva tutta la famiglia che lui aveva, assai più della remotissima coppia che viveva sul pianeta che era la sua destinazione.

Fu quasi sollevato, quando uno sguardo all’orologio gli disse che era quasi tardi.

«Devo scappare,» disse. «Diciannove miniati.»

«Sì, mio caro Donald. La tua razza dalla vita troppo breve deve sempre vivere in una fretta frenetica.»

«Be’… arrivederci.»

« Addio, Nebbia-Sulle-Acque. »

Si fermò, non appena fu uscito dalla porta dello studio di Sir Isaac, per soffiarsi il naso e ricomporsi. Isobel uscì, improvvisamente, da dietro una massiccia colonna.

«Don… volevo salutarti.»

«Uh? Certo, certo… ma non vieni a vedere il decollo?»

«No.»

«Be’, come vuoi, ma devo sbrigarmi, nonna.»

«Ti ho detto mille volte di smettere di chiamarmi ‘nonna’!»

«Così hai barato, a proposito della tua età. E così adesso sei legata a quel gioco… nonna.»

«Don, bestione ostinato che non sei altro! Don… torna indietro, hai capito? Hai capito bene?»

«Be’, certo! Torneremo presto.»

«Guarda di farlo davvero! Non sei abbastanza furbo da cavartela da solo. Hai bisogno di qualcuno che si occupi di te. Be’… cielo aperto!» Lo afferrò per le orecchie, e lo baciò sulle labbra, in fretta, e poi corse via.

Don la seguì con lo sguardo, passandosi la mano sulla bocca. Le ragazze, rifletté, erano molto più strane dei draghi. Probabilmente erano una razza completamente diversa. Si affrettò, lungo i corridoi e le gallerie, verso il punta del decollo. L’intera colonia pareva radunata in quel luogo, e lui fu l’ultimo dell’equipaggio ad arrivare, guadagnandosi così un’occhiata omicida da parte del capitano Rhodes, comandante del Little David. Rhodes, che era stato un tempo nell’Interplanet, e ora faceva parte della Media Guardia, era comparso tre giorni prima; non era stato propenso a parlare, e aveva passato tutto il tempo con Conrad. Don si toccò la testa, e si domandò se Rhodes portava degli ordini bizzarri come i suoi.

Il Little David era stato trascinato su uno spazio aperto, dove era posato. Non era necessaria una catapulta di lancio, per il decollo; ed era una fortuna, perché non ce n’erano a disposizione. Le tre catapulte di lancio per traghetti esistenti su Venere erano tutte nelle mani delle forze della Federazione. Il traghetto era stato nascosto da uno schermo di arbusti; adesso gli arbusti erano stati tagliati, dando al futuro incrociatore cielo aperto, spazio per decollare.

Don guardò l’incrociatore, pensando che somigliava più a una impastatrice di cemento di dimensioni abnormi e insolitamente sgraziata che a un incrociatore siderale. I moncherini delle ali rimosse sporgevano sconsolatamente a prua e a poppa. Il muso a punta era stato staccato, e sostituito da una speciale apparecchiatura radar. Portava delle cicatrici, qua e là, dove i saldatori avevano compiuto delle modifiche frettolose; nessuno aveva avuto il tempo di curare le forme, di levigare, ripulire, raffinare, rimediando alle cicatrici dopo l’intervento chirurgico.

Gli ugelli dei razzi erano stati rimossi, e lo spazio occupato in precedenza dai serbatoi di combustibile liquido ora conteneva una pila atomica, mentre la maggior parte di quello che era stato lo spazio per i passeggeri era occupato adesso da una massiccia testa di ponte, lo schermo antiradiazioni che avrebbe protetto l’equipaggio dalle mortali emanazioni della pila atomica. Su tutta la superficie esterna dell’ex traghetto, si trovavano dei discoidi sporgenti, che sfiguravano l’antico aspetto aerodinamico… «antenne», le aveva chiamate Conrad, antenne usate per forzare e modificare la forma stessa dello spazio. Per Don, non avevano certo l’aspetto di antenne.

Il Little David trasportava un equipaggio di nove persone, Rhodes, Conrad, Harvey, e altri sei, tutti giovani e tutti ‘apprendisti’… a eccezione di Roger Conrad, che era stato battezzato con l’irriguardoso appellativo di ‘Ufficiale dei Trabiccoli’, abbreviazione dell’esatta terminologia di ‘Ufficiale Responsabile delle Applicazioni Speciali dei Metodi Scientifici e delle Tecnologie Più Avanzate». L’astronave trasportava un passeggero, il vecchio Malath. Il marziano non si vedeva, e Don non andò a cercarlo; la parte posteriore dello spazio abitabile residuo era stata sigillata da una paratia stagna, e l’aria era stata condizionata per creare un ambiente marziano… aria rarefatta, secca, gelida.

Tutti erano a bordo; i portelli vennero sigillati, e Don sedette al suo posto. Malgrado lo spazio occupato dalle apparecchiature scientifiche, nel piccolo incrociatore erano rimasti sedili a sufficienza per ospitare tutti gli occupanti. Il capitano Rhodes sedette al posto di comando, e abbaiò:

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