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Poul Anderson: Il viaggio più lungo

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Poul Anderson Il viaggio più lungo

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Sorseggiammo lentamente, senza parlare. Udivo i rumori delle piccole onde sullo scafo, i passi degli uomini di guardia, il lontano fragore dei marosi. Nient’altro. Infine Rovic si allungò all’indietro, fissando il rosso del vino nel bicchiere. Non riuscivo a leggere nei suoi lineamenti.

— Dunque, ragazzo — disse. — Cosa ne pensi?

— Non so che cosa pensare, signore.

— Tu e Froad siete in qualche modo preparati all’idea che le stelle siano altrettanti soli; voi siete istruiti. Per quanto mi riguarda, ho visto tante cose nella mia vita, che anche questa mi sembra credibile. Ma il resto della nostra gente…

— È un’ironia del destino, il fatto che dei barbari come Guzan si siano potuti familiarizzare con questo concetto… avendo per più di quarant’anni con loro il vecchio venuto dalle stelle a istruirli personalmente… È veramente un profeta, signore?

— Egli lo nega. Recita la parte del profeta perché deve farlo, ma è evidente che tutti i duchi e i signori di questo reame sanno che si tratta di una finzione. Iskilip è vecchio, e ormai praticamente convertito a un suo credo artificiale. Cianciava di profezie che Val Nira ha fatto molto tempo fa, vere profezie! Bah! Scherzi della memoria e dei desideri: Val Nira è umano e fallibile né più né meno di me. Noi montaliriani siamo della stessa sostanza di questi hisagaziani, anche se abbiamo imparato prima di loro l’uso dei metalli; a sua volta, la gente di Val Nira ne sa più di noi. Tuttavia sono sempre mortali, perdio, non dobbiamo dimenticarcene.

— Guzan lo sa.

— Bravo, ragazzo! — Rovic torse la bocca in su e di lato. — Guzan è furbo e in gamba. Appena siamo arrivati ha sùbito visto la possibilità di smettere di restare un piccolo signorotto nella sua isola lontana e non vorrà tralasciare questa possibilità senza battersi. Come molti simulatori, sta accusando noi di complottare proprio quello che ha in animo di fare lui.

— Ma che cosa spera?

— Io credo che voglia la Nave per sé. Val Nira ha detto che è facile farla volare. La navigazione tra le stelle sarebbe troppo difficile per altri tranne che lui, e d’altra parte nessuno con la testa a posto penserebbe di andare a fare il pirata in mezzo alla Via Lattea. Tuttavia… Se la Nave resta qui, su questa terra, e non si allontana più di un miglio dal suolo… il guerriero che la comandasse potrebbe conquistare tutto quel che vuole.

Ero senza fiato: — Davvero Guzan non tenterebbe nemmeno di cercare il Paradiso?

Rovic guardò il suo bicchiere con occhi tanto cupi da farmi comprendere che voleva restar solo. Così andai via a coricarmi nella mia cuccetta a poppa.

Il capitano si era alzato prima dell’alba e aveva cominciato a preparare gli uomini. Era giunto lentamente a una decisione, e non era piacevole; tuttavia una volta che egli sceglie una rotta difficilmente l’abbandona. Parlò a lungo con Etien, che uscì dalla cabina seriamente impaurito. Quasi per rassicurarsi il nostromo diede gli ordini che doveva con la massima durezza.

I dodici fra noi che sarebbero partiti erano Rovic, Froad, io stesso, Etien e otto marinai, ognuno munito di elmo e corazza, moschetto e spada. Dato che Guzan ci aveva detto che c’era una pista battuta fino alla Nave, preparammo sul molo un carretto di provvigioni ed Etien si occupò di controllarne il carico. Fui stupito di vedere che tutto quel che vi fu sistemato erano barili di polvere da sparo, tanti da far scricchiolare gli assi. — Ma non porteremo con noi un cannone!? — protestai.

— Ordine del comandante — replicò Etien. Mi volse la schiena. Dopo un’occhiata alla faccia di Rovic, nessuno gli avrebbe chiesto la ragione. Ricordai che si sarebbe dovuto salire su per il pendio montuoso e un carretto di polvere con una miccia accesa, lasciato piombare dall’alto sopra un gruppo di nemici, avrebbe deciso le sorti di una battaglia. Ma Rovic prevedeva già così presto un conflitto aperto?

Certo è che i suoi ordini agli uomini e agli ufficiali che sarebbero restati suggerivano proprio questo: essi infatti dovevano rimanere a bordo della Cerva d’oro , pronti a combattere o a partire.

Come il sole fu sorto, recitammo le preghiere del mattino alla Figlia di Dio e discendemmo sul molo. Il legno risuonava sotto i nostri stivali. Brume lontane andavano alla deriva sulla baia; la falce di Tambur era appesa bene in alto, e la città di Nikum era silenziosa al nostro passaggio.

Guzan ci venne incontro al tempio. Uno dei figli dell’imperatore aveva nominalmente il comando, ma il duca ignorava il giovane come facevamo noi. Essi avevano con sé un centinaio di guardie dal cranio rasato, tatuate con tempeste e draghi, coperte da corazze di scaglie ossee. Il primo sole faceva brillare le loro armi d’ossidiana. In silenzio ci guardarono mentre ci avvicinavamo, ma quando giungemmo davanti a quei ranghi disordinati, Guzan si fermò davanti a noi. Anch’egli era rivestito di cuoio e portava la spada donatagli a Yarzik da Rovic. Gocce di rugiada brillavano sulla sua acconciatura di piume. — Che cosa avete nel carro? — chiese.

— Provviste — rispose Rovic.

— Per quattro giorni?

— Rimanda indietro tutti i tuoi uomini e tientene solo dieci — rispose Rovic freddamente — e io rimanderò indietro questo carro.

Si scrutarono negli occhi. Poi Guzan si voltò e diede i suoi ordini, e così partimmo, noi pochi montaliriani circondati da guerrieri pagani. Davanti a noi si stendeva la foresta verde e soffocante che saliva fino a mezza costa sui fianchi del monte Ulas. Più su la montagna diventava spoglia e nera fino al picco nevoso che coronava il cratere fumante.

Val Nira camminava tra Rovic e Guzan. Era strano, pensavo, che quello strumento della volontà di Dio fra noi avesse una figura tanto meschina: avrebbe piuttosto dovuto marciare alto e orgoglioso, con una stella sulla fronte. Durante il giorno, la notte successiva quando ci accampammo e la nuova giornata, Rovic e Froad gli fecero molte domande sul suo luogo d’origine. Naturalmente, tutta la conversazione procedeva frammentariamente, e io non riuscii ad ascoltare tutto, anche perché dovevo fare il mio turno a spingere il carretto su per quel sentiero stretto, ripido e faticoso. Gli hisagaziani non hanno animali da tiro, e quindi fanno poco uso della ruota e non hanno delle vere strade. Tuttavia quello che potei ascoltare mi tenne sveglio a lungo.

Ah, meraviglie maggiori di quelle che s’inventarono i poeti per il Paese degli Elfi! Intiere città costruite in una sola torre alta mezzo miglio, il cielo reso tanto splendente che non esiste un vero buio al calar delle ombre, cibo che non cresce nella terra ma viene preparato nei laboratori degli alchimisti… E il più miserabile dei villici possiede in abbondanza macchine che lo servono con un’accuratezza e un’umiltà che non avrebbero mille schiavi… E hanno carri aerei che possono trasportarli a volo attorno al mondo in meno d’un giorno; hanno finestre di cristallo in cui appaiono immagini di teatro, per divertirsi nel tempo libero. Ci sono flotte mercantili che vanno da un sole all’altro, cariche della ricchezza di mille pianeti: e pure ogni vascello è senz’armi e senza scorta, perché non esistono pirati e questo reame è da lungo tempo in rapporti così eccellenti con le altre nazioni siderali che anche la guerra è completamente cessata. (Tali nazioni, a quel che sembra, in cui le razze non sono umane, sebbene capaci di esprimersi e di ragionare, sono particolarmente versate al soprannaturale, più che non il paese di Val Nira.) In questa terra felice esistono pochi delitti e, quando accadesse, il colpevole viene subito catturato con i mezzi del corpo dei supervisori, ma non viene impiccato né portato oltremare: invece la sua mente viene curata dal desiderio di violare la legge ed egli ritorna a casa a vivere come un cittadino particolarmente rispettato, perché ognuno sa che egli è ora degno di ogni fiducia. Per quanto riguarda il governo, qui io persi il filo del discorso. Credo però che si tratti formalmente di una repubblica, ma in pratica è piuttosto una compagnia di uomini generosi, scelti con un esame, che provvedono alla prosperità degli altri. Certamente, pensavo, è questo il Paradiso!

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