Philip Farmer - I cavalieri del salario viola ovvero La grande abbuffata

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I cavalieri del salario viola ovvero La grande abbuffata: краткое содержание, описание и аннотация

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CI SONO INFINITI UNIVERSI CHE IMPLORANO DI AVERE UN DIO

eppure Lui continua a stare su questo, in cerca di lavoro

dal manoscritto del Nonno

Il nonno prende posto al periscopio. Ride. — L’Ufficio Imposte Dirette! Il fisco! Credevo che l’avessero liquidato! Chi diavolo ha un reddito abbastanza alto, oggi? Pensi che l’Ufficio sia ancora in attività per causa mia? Potrebbe anche darsi.

Richiama Chib al periscopio, puntato verso il centro di Beverly Hills. Chib può osservare una lunga prospettiva chiusa tra gruppi di sette uova poste sui piedistalli ramificati. Può vedere una parte della piazza centrale: gli ovoidi giganteschi del municipio, degli uffici federali, il Centro delle Arti Popolari, parte della massiccia spirale su cui sorgono gli edifici del culto, e la dora (da pandora) dove quelli che vivono del salario purpureo ritirano i beni garantiti e quelli che hanno redditi extra ritirano i beni voluttuari. Si vede anche un’estremità del grande lago artificiale: vi navigano barche e canoe, e c’è gente che pesca.

La cupola di plastica irradiata che avvolge le case di Beverly Hills è celeste. Il sole elettronico è quasi allo zenith. Ci sono alcune immagini molto autentiche e molto bianche di nubi, e persino uno stormo a V di oche che migra verso sud: le loro grida giungono fioche. Tutto questo è molto bello per quelli che non sono mai usciti dalle mura di Los Angeles, ma Chib ha trascorso due anni nel Corpo per la Reintegrazione e Conservazione Mondiale della Natura, il CORECOMON, e conosce la differenza. Per qualche tempo, aveva quasi deciso di disertare insieme a Rousseau Falco Rosso e di unirsi ai neoamerindi. Però, aveva avuto anche una mezza intenzione di diventare guardia forestale, e questo significava che avrebbe finito per sparare a Falco Rosso, o per arrestarlo. E non voleva diventare un samista, un uomo dello Zio Sam. Soprattutto voleva dipingere.

— C’è Rex Luscus — dice Chib. — Lo stanno intervistando davanti al Centro Popolare. Una vera folla.

LA BRECCIA DI PELLUCIDAR

Il nome più adatto a Luscus sarebbe stato Arrampicatore. Era un uomo di grande erudizione, con accesso immediato al computer della biblioteca della Grande Los Angeles, ed era dotato di un’astuzia degna di Ulisse: aveva sempre la meglio sui suoi colleghi.

Era stato lui a fondare la scuola di critica Go-Go.

Primalux Ruskinson, il suo grande avversario, aveva fatto estese ricerche quando Luscus aveva annunciato il nome della sua nuova filosofia. Poi Ruskinson aveva dichiarato trionfalmente che Luscus aveva preso il nome dal gergo antiquato correntemente in uso verso la metà del ventesimo secolo.

Luscus, nell’intervista al fideo, il giorno seguente, aveva detto che Ruskinson era un ricercatore superficiale, com’era da prevedere.

Go-go derivava dalla lingua degli ottentotti. In ottentotto, go-go significava esaminare, e più precisamente continuare a guardare un oggetto (in questo caso l’artista e il suo lavoro) finché non si giunge a coglierne una caratteristica rivelatrice.

I critici avevano fatto la coda per iscriversi alla nuova scuola. Ruskinson aveva dapprima pensato al suicidio, ma poi aveva accusato Luscus di essersi fatto largo disonestamente nella scalata al successo. Luscus aveva risposto, al fideo, che la sua vita personale riguardava soltanto lui, e che Ruskinson correva il rischio di venir querelato per violazione della sfera privata. Comunque, non meritava maggior sforzo di quello di un uomo che scaccia una zanzara.

«Cosa diavolo è una zanzara?» si erano chiesti milioni di spettatori. «Se almeno quel genio parlasse una lingua comprensibile anche a noi.»

Poi la voce di Luscus si era affievolita per un attimo, mentre l’interprete dava le spiegazioni di rito, dopo aver ricevuto un foglietto da un controllore che era andato a cercare la parola nell’enciclopedia della stazione trasmittente.

Luscus era stato sulla cresta dell’onda, grazie alla novità della scuola Go-Go, per due anni.

Poi aveva ristabilito il suo prestigio, che stava declinando un tantinello, con la sua nuova filosofia dell’Uomo Totipotente.

E questa era divenuta così popolare che l’Ufficio per lo Sviluppo Culturale e la Ricreazione aveva dedicato una rubrica fissa quotidiana di un’ora, per un anno e mezzo, a un programma introduttivo del totipotenziamento.

Commento di Nonno Winnegan nelle sue Eiaculazioni private :

Che dire dell’Uomo Totipotente, l’apoteosi dell’individualismo e dello sviluppo psicosomatico completo, di questo Übermensch democratico, raccomandato da Rex Luscus, che peraltro è sessualmente unilaterale? Povero vecchio Zio Sam! Cerca di costringere il Proteo dei suoi cittadini in un’unica forma istituzionalizzata, per poterli dominare meglio. E nello stesso tempo incoraggia ciascuno a far maturare le sue capacità innate… se ci sono! Povero vecchio schizofrenico con le gambe lunghe, la barbetta, il cuore di burro e il cervello di pietra! In verità, la mano sinistra non sa quel che fa la destra. Anzi, per l’esattezza, neppure la mano destra sa quello che fa la mano destra.

«L’uomo totipotente?» aveva risposto Luscus al presidente durante la quarta puntata della serie delle Lezioni di Luscus. «In che modo è in conflitto con lo Zeitgeist contemporaneo? Non è affatto in conflitto. L’uomo totipotente è l’imperativo dei nostri tempi. Deve esistere prima che si possa realizzare l’Età dell’Oro. Come si può avere un’Utopia senza utopisti, o un Mondo d’Oro con uomini d’ottone?»

Fu durante quella giornata memorabile che Luscus tenne la sua conferenza sulla Breccia di Pellucidar e in tal modo rese famoso Chibiabos Winnegan. E, più che incidentalmente, fu questo a dare a Luscus il principale vantaggio sui suoi concorrenti.

«Pellucidar? Pellucidar?» aveva borbottato Ruskinson. «Oh, Dio, cosa sta combinando adesso?»

«Mi occorrerà un po’ di tempo per spiegare perché ho usato questa frase per descrivere il genio di Winnegan» aveva proseguito Luscus. «Prima, mi sia consentita un’apparente divagazione.»

DALL’ARTICO ALL’ILLINOIS

Ora, Confucio disse una volta che un orso non poteva scorreggiare al Polo Nord senza causare un gran vento a Chicago.

«Con questo intendeva dire che tutti gli eventi, e quindi tutti gli uomini, sono legati tra loro da una rete infrangibile. Ciò che un uomo fa, per quanto possa sembrare insignificante, trasmette una vibrazione lungo tutti i fili e influisce sugli altri uomini.»

Ho Chung Ho, davanti al suo fideo al 30° livello di Lhasa, nel Tibet, aveva protestato con la moglie: «Quel cazzone bianco ha capito tutto al contrario. Non l’ha detto Confucio, che Lenin ci conservi! Lo chiamerò e gliene dirò quattro».

Sua moglie però aveva detto: «Cambia canale. Adesso va in onda Pai Ting Hospital , e…».

E Ngombe, 10° livello, Nairobi: «I critici di qui sono un branco di bastardi neri. Prendi Luscus: lui sì che sarebbe capace di vedere il mio genio in un secondo. Domattina faccio domanda di emigrazione».

La moglie: «Potresti almeno chiedere il mio parere! E i bambini… la mamma… gli amici… il cane?…». E così via, nella notte senza leoni dell’Africa chiusa entro una cupola luminosa.

«…l’ex presidente Radinoff» aveva continuato Luscus «disse una volta che questa è l’“Era dell’Uomo Infilato”. Sono stati fatti giochi di parole assai volgari su questa frase che, per me, è ricca di intuizione. Ma Radinoff non intendeva dire che la società umana è una catena in cui tutti gli uomini sono saldamente infilati l’uno nell’altro. Intendeva dire che la corrente della società moderna fluisce nel circuito di cui tutti facciamo parte. Questa è l’Era dell’Interconnessione Completa. Non possono esservi fili staccati: altrimenti andremmo tutti in corto circuito. Tuttavia, è innegabile che la vita senza individualità non è degna di essere vissuta. Ogni uomo deve essere uno hapax legomenon…»

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