Philip Farmer - I cavalieri del salario viola ovvero La grande abbuffata

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I cavalieri del salario viola ovvero La grande abbuffata: краткое содержание, описание и аннотация

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Ruskinson era balzato in piedi e aveva strillato: «Conosco anch’io questa frase! Stavolta ti ho beccato, Luscus!»

Era così emozionato che era svenuto, a causa di un suo male ereditario, peraltro assai diffuso. Quando era rinvenuto, la conferenza era terminata. Si era precipitato sul registratore, per ascoltare tutto quello che si era perso. Ma Luscus aveva scrupolosamente evitato di parlare della Breccia di Pellucidar. Contava di spiegarla in una successiva lezione.

Il Nonno, che è tornato a guardare nel periscopio, fischia tra sé. — Mi sembra d’essere un astronomo. I pianeti sono in orbita intorno alla nostra casa, che è il sole. C’è Accipiter, che è il più vicino, ossia Mercurio, sebbene non sia il dio dei ladri, ma la loro nemesi. Poi, Benedictine, la tua Venere che non ama fottere. Quant’è dura, quella! Uno spermatozoo si scasserebbe la testa contro i suoi ovuli di pietra. Sei proprio sicuro che sia incinta?

“C’è poi tua Mamma, sempre in cerca di fare il colpaccio, e un giorno o l’altro ne verrà uno a lei. È la Madre Terra, diretta al perigeo con l’emporio del governo, per sprecare laggiù i tuoi soldi.”

Il Nonno si puntella come se fosse sul ponte beccheggiante di una nave, e le vene violacee delle sue gambe sembrano rampicanti che soffocano un’antica quercia. — Breve distacco dal ruolo di Herr Doktor Sternscheissdreckschnuppe, il grande astronomo, per passare a quello di der Unterseeboot Kapitan von Schooten die Fischen in der Barilen. Ach! Io vede ankora das Nafe Skuola, Deine Mama, che rullare, bekkeggiare, tontolare su mare di alcool. Bussola perduta: radio muta. Tre lenzuola al vento. Ruote a pale che girano nell’aria. I macchinisti che sudano sette camicie per alimentare le caldaie della frustrazione. Eliche impigliate nelle reti della nevrosi. E la Grande Balena Bianca, una macchia più chiara negli abissi neri, sale rapidamente, decisa a spaccarle le parti basse, troppo grosse per poterle mancare. Povera nave condannata, piango per lei. Ma vomito per lo schifo, anche.

“Fuori uno! Fuori due! Bum! Mamma si rovescia, con un grosso buco nella chiglia, ma non è quello che pensi tu. Affonda di prua, a muso in giù, come si conviene a una devota pompinara, con l’enorme ponte posteriore che si solleva nell’aria. Giù, giù. A picco!

“E torniamo dal mare allo spazio. Il tuo Marte silvano, Falco Rosso, è appena uscito dalla taverna. E Luscus, Giove, il monocolo Padre Supremo delle Arti, se perdoni il miscuglio tra la mitologia nordica e quella latina, è circondato dal suo sciame di satelliti.”

L’ESCREZIONE È LA PARTE PIÙ AMARA DEL VALORE

Luscus parla agli intervistatori del fideo: — Intendo dire con questo che Winnegan, come ogni artista, grande o non grande, produce arte che è innanzi tutto secrezione, unicamente sua, poi escrezione. Escrezione nel senso originario di “far uscire dopo avere scelto”. Escrezione creativa ovvero escrezione di quantità discrete. So che i miei distinti colleghi si faranno beffe di questa analogia, perciò li sfido a un dibattito in fideo, appena sarà possibile organizzarlo.

“Il valore proviene dal coraggio con cui l’artista mostra al pubblico i suoi prodotti interiori. La parte più amara deriva dal fatto che l’artista può essere respinto e frainteso nel proprio tempo. E anche dalla guerra terribile che scoppia tra l’artista e gli elementi sconnessi o caotici, spesso contraddittori, che lui deve unire e poi plasmare in un’entità unica. Ecco spiegata la mia espressione ‘escrezione discreta’ ”.

Intervistatore del fideo: — Dobbiamo intedere che il mondo è solo una grande massa di merda ma che l’arte opera uno strano cambiamento, la trasforma in qualcosa di dorato e d’illuminante?

— Non esattamente. Ma c’è andato vicino. Mi spiegherò più ampiamente in seguito. Ora voglio parlare di Winnegan. Dunque, gli artisti minori danno solo la superficie delle cose: sono fotografi. Ma quelli grandi ci danno l’interiorità degli oggetti e degli esseri. Winnegan, tuttavia, è il primo che rivela più di un’interiorità in un’unica opera d’arte. La sua invenzione della tecnica del rilievo multilivello gli permette di operare un’epifania… una rivelazione… di molti strati sotterranei.

Primalux Ruskinson, a voce alta: — Il grande Pelacipolle della Pittura!

Luscus, con calma, dopo che si è spenta l’ilarità: — In un certo senso, è detto bene. La grande arte, come la cipolla, fa venire le lacrime agli occhi. Tuttavia, la luce dei quadri di Winnegan non è semplicemente riflessa: è risucchiata, assorbita, e poi rifratta e irradiata. Ognuno dei raggi spezzati rende visibili, non vari aspetti delle figure sottostanti, ma intere figure. Mondi, anzi, potrei dire.

“Io lo chiamo la Breccia di Pellucidar. Pellucidar è l’interno cavo del nostro pianeta, come venne rappresentato nel romanzo fantastico, oggi dimenticato, di uno scrittore del ventesimo secolo, Edgar Rice Burroughs, il creatore dell’immortale Tarzan.”

Ruskinson geme e sviene di nuovo. — Pellucido! Pellucidar! Luscus, bastardo riesumatore, maniaco dei giochi di parole!

— Il protagonista di Burroughs forò la crosta terrestre per scoprire all’interno un altro mondo. Sotto molti aspetti, era il contrario dell’esterno: continenti dove in superficie vi sono i mari, e viceversa. Allo stesso modo, Winnegan ha scoperto un mondo interiore, l’inverso dell’immagine pubblica proiettata dall’uomo normale. E come il protagonista di Burroughs, è tornato per narrarci una storia di pericoli e di esplorazioni della psiche.

“E come l’eroe del romanzo scoprì che il suo Pellucidar era popolato da uomini dell’età della pietra e da dinosauri, così il mondo di Winnegan, sebbene sia in un certo senso assolutamente moderno, in un altro è arcaico. Profondamente primitivo. Eppure, nell’illuminazione del mondo di Winnegan, vi è una chiazza maligna e imperscrutabile di tenebra, e questo ha un parallelo in Pellucidar, dove c’è la minuscola linea che getta un’ombra agghiacciante e inamovibile.

“Ora, io intendevo che il normale ‘pellucido’ dovesse far parte di Pellucidar. Tuttavia ‘pellucido’ significa ‘che riflette la luce in modo uguale da tutte le superfici’ oppure ‘che permette il massimo passaggio della luce senza diffusione o distorsione’. I quadri di Winnegan fanno esattamente il contrario. Ma… sotto la luce spezzata e distorta, l’osservatore acuto può vedere una luminosità primordiale, costante. È questa luce che raccorda tutte le fratture e i plurilivelli, è la luce cui pensavo nella mia precedente discussione dell’’Era dell’Uomo Infilato’ e della scorreggia polare.

“Mediante un’attenta osservazione, chi guarda può percepire tutto questo e sentire il fremito fotonico del battito del cuore del mondo di Winnegan.”

Poco manca che Ruskinson svenga un’altra volta. Il sorriso e il monocolo nero fanno apparire Luscus come un pirata che si è appena impadronito di un galeone spagnolo carico d’oro.

Il Nonno, che è ancora al periscopio, dice: — Ecco Maryam bint Yusuf, l’egiziana delle retrovie di cui mi parlavi. Il tuo Saturno: altera, regale, fredda, e con uno di quei cappelli sospesi rotanti e multicolori che vanno tanto di moda. Gli anelli di Saturno? Oppure un’aureola?

— È bellissima, e sarebbe una madre meravigliosa per i miei figli — dice Chib.

— La fica d’Arabia. Il tuo Saturno ha due lune, madre e zia. Non la mollano un momento. Tu dici che sarebbe una buona madre. Che buona moglie! È intelligente?

— È intelligente come Benedectine.

— Allora è scema. Certo che le sai scegliere. Come fai a sapere che sei innamorato di lei? Ti sei innamorato di venti donne negli ultimi sei mesi.

— Io l’amo. È certo.

— Fino alla prossima. Puoi amare veramente qualcosa, a parte la pittura? Benedectine abortirà, vero?

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