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Jack Vance: L'ultimo castello

Здесь есть возможность читать онлайн «Jack Vance: L'ultimo castello» весь текст электронной книги совершенно бесплатно (целиком полную версию). В некоторых случаях присутствует краткое содержание. Город: Milano, год выпуска: 1994, ISBN: 88-04-38222-8, издательство: Mondadori, категория: Фантастика и фэнтези / на итальянском языке. Описание произведения, (предисловие) а так же отзывы посетителей доступны на портале. Библиотека «Либ Кат» — LibCat.ru создана для любителей полистать хорошую книжку и предлагает широкий выбор жанров:

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Jack Vance L'ultimo castello

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Sei mesi dopo, poco prima del sorgere dell’alba, i Mek se ne erano andati portandosi dietro gli energovagoni, gli strumenti di lavoro, le armi e le apparecchiature elettriche. Contemporaneamente e nello stesso modo se ne andarono anche i Mek degli altri castelli. Era evidente che quella fuga era stata preparata da tempo.

Anche ad Hagedorn la prima reazione fu l’incredulità, seguita subito dall’indignazione. Solo in un secondo momento, quando si compresero bene le implicazioni di quel gesto, si diffuse un’opprimente premonizione di sventure.

Il nuovo Hagedorn si riunì nella sala ufficiale del Consiglio con i capi dei clan e altri notabili scelti da lui stesso per analizzare la situazione. Hagedorn stava alla cima di un tavolo coperto da un drappo di velluto rosso. Alla sua sinistra sedevano Zanten e Isseth, alla sua destra Overwhele, Aure e Beaudry. Seguivano tutti gli altri, compresi O.Z. Garr, I.K. Linus, A.G. Bernal, grande matematico, e infine B.F. Wyas, abile antiquario che aveva già scoperto l’ubicazione di molte antiche città: Palmira, Lubecca, Eridu, Zanesville e altre ancora. Erano inoltre presenti diversi anziani dei casati: Manine e Baudune di Aure, Quay, Roseth e Idelsea di Xanten, Uegus di Isseth e Claghorn di Overwhele.

Tacquero tutti per una decina di minuti, occupati a riordinare le idee e ad attuare la cosiddetta «intressione», ossia un silenzioso adattamento psichico.

Infine parlò Hagedorn.

— Tutto a un tratto il castello è stato privato dei Mek. È inutile dire che ci troviamo in una scomoda e spiacevole situazione, a cui sarà necessario abituarsi il più in fretta possibile. Credo che su questo siate tutti d’accordo con me.

Si guardò intorno e tutti i presenti spinsero in avanti le tavolette d’avorio scolpito in segno di consenso. Tutti meno Claghorn, che si astenne da qualsiasi gesto.

Prese allora la parola Isseth, un severo nobiluomo sessantenne, ancora splendido nei suoi capelli bianchi.

— Non vedo nessuna ragione per pensare o aspettare. Quello che dobbiamo fare è fin troppo evidente. È vero che i Contadini non costituiscono un grande esercito, ma li dobbiamo radunare ed equipaggiare con sandali, camici e armi, in modo da renderli decorosi, e infine li dobbiamo affidare a un valido comandante. O.Z. Garr oppure Xanten andrebbero bene. Potremmo servirci degli Uccelli per individuare i fuggitivi, inseguirli e comandare ai Contadini di sconfiggerli e di farli tornare a casa all’istante.

Xanten, che per essere un capo clan era incredibilmente giovane con i suoi trentacinque anni, cedendo alla sua nota impulsività scosse la testa.

— È una bella idea, ma non la si può concretizzare. I Contadini non riusciranno mai ad avere la meglio sui Mek, per quanto addestrati possano essere.

Era vero. I Contadini, piccoli andromorfi provenienti da Spica Dieci, non solo erano timidi, ma soprattutto incapaci di agire con durezza.

La tavola piombò in un cupo silenzio, interrotto infine da O.Z. Garr.

— Se avessimo ancora gli energovagoni, come mi divertirei a disperdere con la frusta e a far sobbalzare quelle bestie per farle tornare a casa!

— A farmi pensare è lo sciroppo — riprese Hagedorn. — I Mek se ne sono portati con sé il più possibile, ma quando lo avranno finito… cosa faranno? Si lasceranno morire di fame? Non potranno più tornare alle vecchie abitudini alimentari. Cosa mangiavano una volta? Fango di palude? Claghorn, siete voi l’esperto in materia. Potrebbero tornare a mangiare fango?

— No — rispose Claghorn. — Gli organi degli adulti si sono atrofizzati. Forse, i piccoli potrebbero farcela.

— Proprio come avevo supposto. — Hagedorn fece una smorfia incredibile, guardandosi le mani intrecciate per cercare di non far capire agli altri la sua completa mancanza di proposte.

Comparve sulla soglia un nobiluomo vestito di blu scuro, il colore dei Beaudry. Sollevò il braccio destro e si inchinò, facendo sfiorare alle dita il pavimento.

Hagedorn si alzò.

— Prego, B.F. Robarth, avanti. Che novità ci portate? — Questo, infatti, indicava la genuflessione del nuovo arrivato.

— Un messaggio da Halcyon. I Mek hanno attaccato il castello e stanno uccidendo tutti. La radio ha smesso di comunicare un minuto fa.

Tutti si volsero di scatto e alcuni si alzarono dalle sedie.

— Un massacro? — gracchiò Claghorn.

— Sono certo che Halcyon non esiste già più.

Claghorn restò seduto, con gli occhi fissi nel vuoto. Gli altri iniziarono a parlare con voci rese gravi dall’orrore.

Hagedorn cercò di richiamare all’ordine i membri del Consiglio.

— Siamo di fronte a una situazione gravissima… probabilmente la più grave dell’intera nostra storia, e confesso di non sapere cosa fare.

— E gli altri castelli? — chiese Overwhele. — In quali condizioni sono?

Hagedorn si girò verso B.F. Robarth.

— Per piacere, cercate di stabilire un contatto radio con tutti i castelli per sapere delle loro condizioni.

— Gli altri castelli sono vulnerabili come Halcyon, soprattutto Isola del Mare, Delora e forse Marval — gli rispose Xanten.

Claghorn si riscosse, tornando alla realtà.

— I nobili di quei castelli dovrebbero pensare di trasferirsi qui o a Janeil finché la situazione non sarà di nuovo sotto controllo.

Alcuni di quelli seduti intorno al tavolo lo fissarono stupiti e dubbiosi. O.Z. Garr chiese, con la sua voce più soave: — Come fate a pensare a dei gentiluomini in fuga davanti a degli esseri inferiori di tal fatta?

— Mi sembra naturale, se vogliono sopravvivere — rispose educatamente Claghorn. Era un uomo sulla soglia della vecchiaia, forte e robusto con i capelli striati d’argento e due magnifici occhi verdi. I suoi modi facevano pensare a un grande autocontrollo. — È vero che fuggire significa perdere parte della dignità — proseguì. — E se O.Z. conosce un modo più elegante per darsela a gambe sono ben felice di impararlo, e così dovrebbero fare tutti, perché nei prossimi tempi una simile capacità potrebbe rivelarsi molto utile.

Hagedorn si inserì nella conversazione senza lasciare a O.Z.Garr il tempo di replicare.

— Non divaghiamo. Ammetto che neppure io riesco a immaginare come finirà. I Mek si sono rivelati degli assassini: come potremmo pensare di riprenderli tra di noi? Però, se non lo faremo… be’ ecco, la situazione sarà a dir poco grigia fino a che non troveremo e addestreremo dei nuovi tecnici. Ecco a cosa dobbiamo pensare.

— Le astronavi! — esclamò Xanten. — Per prima cosa dobbiamo pensare alle astronavi!

— Cosa sarebbe questa novità? — domandò Beaudry, con il volto duro come un macigno. — Cosa significa «dobbiamo provvedere»?

— Devono essere protette sotto tutti gli aspetti! Cos’altro? Sono il nostro legame con i Mondi Patrii. Può darsi che i Mek incaricati della loro manutenzione non se ne siano andati, dal momento che, se intendono sterminarci, devono per forza tenerle sotto controllo.

— Intendereste marciare con i Contadini verso le rimesse? — insinuò O.Z. Garr con alterigia. La rivalità e l’antipatia con Xanten era di vecchia data e reciproca.

— Potrebbe essere la nostra unica speranza — ribatté Xanten. — Comunque… come si fa a combattere con i Contadini? Farei molto prima a recarmi di persona alle rimesse per compiere un sopralluogo e magari nel frattempo voi e altri esperti militari potreste darvi da fare per reclutare e addestrare un esercito di Contadini.

— Quanto a questo — lo informò Garr — sto aspettando l’esito delle consultazioni in corso. Se risulterà evidente che non c’è soluzione migliore, metterò a disposizione tutta la mia competenza in materia. E se le vostre doti migliori consistono nello spiare le attività dei Mek, fareste bene a fare altrettanto.

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