Connie Willis - Terra Promessa

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Tornata sul suo pianeta natale per vendere, nel più breve tempo possibile una tenuta ereditata dalla madre, appena sconparsa, Delanna si trova di fronte a un ostacolo imprevisto: prima di poter cedere le proprie terre, dovrà trascorrere un intero anno su Keramos. E come se non bastasse, scopre anche di essere la moglie del figlio dei vicini. Sonny Tanner, un giovanotto non troppo sveglio e decisamente zotico. Il matrimonio era stato combinato dalle famiglie prima che Delanna lasciasse il pianeta, per evitare che la tenuta finisse nelle mani di speculatori intergalattici. La vita di Delanna è a un bivio: si rassegnerà a perdere la proprietà della splendida tenuta di Milleflores Lanzye oppure seguirà Sonny in un lungo viaggio, effettuato a bordo di veicoli a energia solare, lungo le sterminate e fertili pianure di Keramos per raggiungere le sue terre, conservarne la proprietà e, una volta scaduto l’anno sbarazzarsene? È ovvio che voi abbiate già immaginato la risposta, ma è ancora più ovvio che apprezzerete l’atmosfera spumeggiante e scanzonata di questo romanzo.

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«C’è la pompa dell’acqua,» spiegò Sonny. «Se hai sete, adesso potresti anche bere. Anche se c’è sempre dell’acqua nel serbatoio dell’acqua calda, che è dotato anche di un rubinetto.»

«Be’, forse dovrei riempire una brocca d’acqua,» commentò Delanna, dirigendosi in cucina. Prese una brocca bianca dallo scaffale e andò al lavandino per riempirla in modo che, prima di andare via, Sonny potesse vedere che l’aveva fatto davvero. Voleva anche essere sicura di sapere come fare uscire l’acqua. Era più che certa che non ci fosse nessuna unità computerizzata a cui avrebbe potuto rivolgersi per chiedere informazioni.

«Premi solamente il rubinetto,» le spiegò Sonny, dopo averla osservata tirare e poi spingere le leve sul lavandino.

Delanna spinse e l’acqua uscì dal rubinetto, che funzionava in modo molto simile a quello di una borraccia da picnic. Riempì la brocca, la poggiò sul tavolo e vi mise dentro il mazzo di fior-di-rosa. Poi riempì un’altra brocca per sé.

«Hai fame?» le chiese Sonny. Aveva aperto la credenza dietro il tavolo. Era piena di vasetti di ceramica e di contenitori di terracotta. «Questi cracker sono ottimi con il formaggio,» commentò, togliendo il coperchio di uno dei contenitori.

«No, non ho fame. Ma sono molto stanca,» rispose Delanna, quasi in tono di rimpianto. Non voleva dirgli davvero di andare via, considerato soprattutto che stava cercando con tanta sollecitudine di metterla a proprio agio, visto che Delanna non sapeva ancora orientarsi molto bene in quella casa. Ma stava iniziando a sentirsi così stanca che pensava che se si fosse seduta al tavolo per consumare uno spuntino, sarebbe finita a russare con la testa nel formaggio.

Sonny prese alcuni cracker prima di rimettere il coperchio sul contenitore. «Be’, immagino che sia meglio che vada a controllare le oche. Devo assicurarmi che Harry e Wilkes abbiano chiuso la porta del pollaio.» Chiuse la credenza e andò alla porta. Delanna lo vide rivolgere un’occhiata ai fior-di-rosa e sorridere prima di uscire nella notte.

Le luci tremolarono di nuovo. Forse è il preavviso che mancano cinque minuti? si chiese Delanna. Entrò nell’altra stanza, dove aveva visto il cassettone della madre. Nel secondo cassetto trovò alcune camicie da notte. O almeno avevano l’aria di esserlo, visto che si trattava di lunghi abiti sciolti, tutti in sfumature pastello. Però non avevano un’aria comoda, come avrebbero dovuto averla della camicie da notte. Prese quella più morbida proprio nell’istante in cui le luci si spensero. Che fosse una camicia da notte oppure no, per quella sera lo sarebbe diventata. La luce proveniente dal camino fu sufficiente per permetterle di trovare il letto senza inciampare da nessuna parte. Lasciò i vestiti di Cadiz in un mucchio sul pavimento, indossò l’indumento consunto e scostò le coperte dal letto. Sentì Cleo fare la fusa sul cuscino. Sarebbe stato bello fare un bagno, ma dopo settimane di campeggio all’aperto, il pensiero di un vero letto era ancora più attraente. Spostò leggermente Cleo e poggiò il volto sul cuscino. L’ultima cosa che ricordò furono gli starnazzi delle oche.

I loro starnazzi furono anche i primi rumori che udì al risveglio, seguiti dalle urla di Harry; il tutto proveniva direttamente da sotto la finestra della sua camera da letto. La luce del sole filtrava dalla finestra e Cleo non era più sul cuscino. Delanna scese dal letto, sicura che sarebbe dovuta andare a salvare le oche da Cleo, anche se non riusciva a capire come avesse fatto lo scarabeo a uscire dal letto. Ma Cleo era sul tavolo della cucina, impegnata ad assaggiare i petali dei fior-di-rosa; un biglietto, anch’esso mordicchiato da Cleo, che evidentemente non lo aveva trovato di suo gusto, rivelò a Delanna che Sonny era entrato nella stanza di mattina presto per accendere il fuoco nella stufa per l’acqua calda.

Guardò fuori della finestra della cucina, verso gli alberi di palle di cannone che fiancheggiavano la strada fin dove giungeva lo sguardo: la sommità di una cresta rocciosa che doveva essere distante molte miglia. Delanna rimase sorpresa che le piantagioni fossero tanto vaste, anche se era ragionevole che seguissero il tracciato della strada, poiché così era più facile arrivarvi con l’equipaggiamento per la raccolta, ammesso che esistesse.

Più vicino, nel punto in cui la strada terminava davanti alla casa, qualcuno aveva srotolato sul solaris i pannelli per la raccolta dell’energia solare; Delanna vide anche dei piedi che spuntavano da sotto il veicolo, così immaginò che Sonny stesse di nuovo provando ad aggiustarlo. Invece il piccolo Harry stava tentando di condurre le oche dal pollaio allo stagno, ma stavano andando nella direzione sbagliata: ormai erano quasi tornate al pollaio e Harry stava cercando di arrivare lì prima di loro, senza dubbio per chiudere la porta prima che entrassero dentro e si rifiutassero di uscire di nuovo. Delanna ebbe la tentazione di andare ad aiutarlo, che durò solo fino a quando non diede un’altra occhiata al biglietto che stringeva in mano. Non ebbe bisogno di una seconda occhiata per stabilire che, per prima cosa, avrebbe fatto una doccia. Le unghie e le nocche erano nere e i suoi capelli erano così sporchi che le prudeva il cuoio capelluto; le oche non sarebbero state certo più felici con due persone a dare loro la caccia. Tornò in camera da letto per trovare degli asciugamani e qualcosa da indossare che non fossero gli abiti sporchi di Cadiz.

Gli asciugamani erano nell’armadio delle lenzuola, proprio dove Delanna ricordava che erano sempre stati, e trovò anche un vestito sciolto e con le maniche corte appeso tra i pantaloni da fatica e le camicie, tutte apparentemente troppo grandi per lei. Prese il vestito, se lo strinse in vita usando la cintura della gonna di Cadiz e si diresse verso la doccia. In un primo momento, l’acqua fu calda e carezzevole, ma si era appena lavata i capelli per la seconda volta quando iniziò a diventare fredda. Iniziò subito a risciacquarli, ma non abbastanza in fretta da evitare un risciacquo finale nell’acqua ghiacciata. Dopo essersi asciugata e avere indossato il vestito aveva ancora la pelle d’oca, così prese un pettine e andò a sedersi alla luce del sole per asciugarsi i capelli. Cleo la seguì zampettando.

All’esterno della camera da letto c’era un vero portico, con una panca e un tavolo per lavorare all’aperto. Il giardino ormai lambiva i gradini e le piante si arrampicavano sui pergolati, dove Cleo aveva già adocchiato una profusione di boccioli rosa che avrebbe potuto gustare a suo piacimento. Delanna si guardò intorno per vedere dove fossero le oche e le trovò che nuotavano con aria soddisfatta nello stagno. Era improbabile che attirassero l’attenzione di Cleo a quella distanza, e così si limitò a chiamarla, invece di andare a prenderla.

Scesero in giardino, dove, mentre si asciugava i capelli al sole, Delanna poté dare un’occhiata più da vicino alla piante in fiore e a quelle che stavano per fiorire. C’erano molte candele di scimmia e alcune facce-di-zucca appena fiorite. Nei dintorni della casa il giardino sembrava ben curato: i fiori crescevano in file ordinate, le piante erano state palettate. Ma più Delanna si allontanava dalla casa, più la vegetazione diventava fitta e intricata. Tentò di pettinarsi i capelli mentre camminava, ma, dopo qualche minuto, infilò il pettine nella cintura in modo da usare entrambe le mani per raddrizzare un bocciolo pendulo, ammirandone i petali arancioni e aspirandone la dolce fragranza.

«Lo senti questo profumo, Cleo?» chiese al piccolo scarabeo che si estendeva per vedere ciò che Delanna sembrava trovare tanto interessante. Erano vicine all’angolo del giardino in cui una folta siepe fiancheggiava l’intrico di vegetazione. In quel punto fiori e ortaggi crescevano fianco a fianco: ormai era impossibile riconoscere qualsiasi schema avesse regolato in precedenza quella confusione. La pianta cespugliosa che Delanna stava osservando somigliava a una cascata di foglie che spuntassero da un letto di rape, ma i fiori erano assolutamente adorabili. «Penso che sia una peonia, anche se non ne ho mai vista una così grande.»

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