Edmund Cooper - Uomini e androidi

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Uomini e androidi: краткое содержание, описание и аннотация

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Nel sottosuolo vicino a Londra viene scavato un immenso magazzino dove, grazie a opportuni accorgimenti, potranno essere conservati enormi quantitativi di generi alimentari. Lo scopo dell’impresa è quello di preservare le scorte di cibo da un inquinamento radioattivo, nel caso che si scateni una guerra atomica. Dei lavori si è interessato l’ingegnere John Markham. Così, quando viene segnalata una irregolarità negli impianti elettronici, è Markham a scendere nei sotterranei per un controllo. A un tratto, una scossa violentissima, seguita da altre, poi un crollo improvviso. L’ingegnere pensa a un terremoto o a un errore di costruzione. Comunque, lì vicino c’è una delle tante nicchie col telefono collegato all’esterno. Vi arriva scavalcando i detriti, ma l’apparecchio non funziona. Be’, si tratterà di aspettare un po’. Fuori si accorgeranno che è successo qualcosa e scenderanno a cercarlo. E deve proprio essere andata così perchè Markham, adesso, è in un lettino. Si sente un po’ debole ma è sano e salvo. Però ha freddo. Molto freddo. E quella donna che si china su di lui è Katy! No, non è lei. Ma Dio Santo come le assomiglia. E quello strano dottore che dice cose tanto strampalate... Insomma, affrettatevi a leggere questo romanzo per poter dire a John Markham dove esattamente si trova e cosa gli è successo.

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La sala da pranzo era quasi sulla sommità del Pa­lazzo. Il pavimento era di cristallo nero; le pareti cir­colari scintillavano di colori diversi, e si curvavano fino a formare una cupola il cui apice distava almeno quin­dici metri dal pavimento.

I tavoli erano disposti a forma di enorme ferro di cavallo, e quando tutti gli ospiti ebbero preso posto, Markham si rese conto che erano più di duecento. Vivain si sedette tra lui e Norvens, mentre Marion-A, come un centinaio di altri androidi personali, stava in piedi immobile dietro la sedia del padrone.

Il discorso che il Presidente Bertrand pronunciò co­me formale preludio al pranzo fu più che altro un bre­ve e banale elogio sul tema della vita nella Repubbli­ca di Londra. Tuttavia fece qualche riferimento in­diretto che Markham trovò molto interessante. Parlò con evidente disgusto dei moti antiandroidi nelle Midlands, e fece sapere che il cancelliere delle Midlands aveva finalmente accettato il consiglio del suo Primo Ministro, e stava emanando condanne a cinquant’anni di Animazione Sospesa a coloro che vi avevano preso parte. Parlò anche della recente campagna del Primo Generale Scozzese contro una colonia di Fuggiaschi che si erano stabiliti nelle Highlands. Markham rima­se perplesso nell’apprendere che c’era voluta una bri­gata psichiatrica di un migliaio di androidi per affron­tare meno di trecento Fuggiaschi, e che ciononostante solo sessanta Fuggiaschi erano stati catturati, mentre centocinquanta androidi erano stati distrutti o messi fuori uso.

Mentre si avvicinava alla fine del suo discorso, Clement Bertrand rivolse agli ospiti un sorriso benevolo. «Cari signori» disse, «converrete con me che una simile situazione non potrebbe mai verificarsi in Lon­dra. La società avrà sempre qualche psicopatico e qual­che pervertito, gente che, incapace di adattarsi allo schema sociale normale, tenterà di distruggerlo e di crearne un altro confacente al suo gusto anormale. Ma da noi i Fuggiaschi rappresentano una quantità trascurabile. Il loro sogno assurdo di un ritorno al barbarismo preandroide merita da noi soltanto pietà e derisione, perché la vigilanza dello Psicoprop conti­nua a ridurre regolarmente il loro numero... Androide vivo! Ho già sprecato troppo del vostro tempo con ar­gomenti seri. Questo è compito di Solomon. E adesso, pensiamo a divertirci.»

Dagli ospiti si levò un educato mormorio di appro­vazione, poi gli androidi camerieri si fecero avanti.

«Non sembra molto intelligente ed è troppo pom­poso, vero?» disse Vivain a Markham. «Ma a cono­scerlo bene, non è un completo disastro. In fondo, qualcuno deve pure gonfiare le penne e fare l’usigno­lo del re.»

«Credevo che fosse Solomon l’usignolo del re» dis­se Markham. Aveva notato che il Primo Ministro, se­duto a fianco di Clement Bertrand, era l’unico androi­de che avesse preso posto a tavola... a meno che qual­cun altro degli ospiti fosse un androide dotato della stessa possibilità di apparire assolutamente umano.

«L’hai conosciuto?» chiese Vivain.

«Abbiamo scambiato qualche parola poco prima che arrivassi tu. L’avevo preso per un umano vero.»

«È l’errore che fanno tutti la prima volta» disse lei, accigliandosi leggermente. «Si diverte a sorprendere la gente. Dev’esserci una striatura di vanità nella sua programmazione.»

«Se fossi al posto di tuo padre» disse Markham, «l’avrei già distrutto.»

Vivain gli diede un’occhiata sbalordita. «Non do­vresti dire queste cose, John... per lo meno a nessuno tranne che a me.»

«Perché? Come macchina, è un po’ troppo umano. Mi sembra pericoloso.»

«Ma è anche molto brillante... e indispensabile.»

Markham tornò a guardare il Primo Ministro che stava solennemente mangiando la sua minestra.

«Il che lo rende ancora più pericoloso.»

«Confesso di esserne anch’io un po’ intimorita» disse Vivain. «Ma dirige la Repubblica meravigliosa­mente. Clement non deve fare altro che autorizzare le decisioni di Solomon.»

«Per amor del cielo, non dirmi altro» disse Mar­kham disgustato, «altrimenti andrò ad unirmi ai Fug­giaschi.»

Verso la quinta portata, la conversazione generale era aumentata considerevolmente di volume, e i val­letti del vino andavano avanti e indietro con monoto­na regolarità. A questo punto una sezione del pavi­mento scivolò via, e al centro del ferro di cavallo for­mato dal tavolo sorse una piccola orchestra. La stan­za si oscurò leggermente, e una macchia di luce in­quadrò una figura femminile che se ne stava in posa su un piedistallo come una statua greca.

Era completamente immobile. La gamba e il braccio sinistro erano argentati, l’altro braccio e la gamba de­stra, dorati, il corpo e la faccia neri come l’ebano, e i capelli di un verde fosforescente.

All’improvviso, mentre la musica attaccava, la don­na balzò dal piedistallo con un lungo grido roco e co­minciò a cantare e a ballare, descrivendo con angoscia e ricchezza di particolari il suo primo incontro con l’amore.

La musica era stridula e discordante, i toni della cantante insistevano su tre note sole, mentre i movi­menti del corpo, sebbene appena accennati, erano estremamente evocativi. Tuttavia, Markham sentiva che la rappresentazione non era semplicemente eccitante. L’appello ai sensi era accompagnato da un altro ap­pello, diretto alla compassione e alla pietà. Markham, che non perdeva d’occhio i commensali, si accorse che molte donne avevano gli occhi pieni di lacrime. Ma l’aspetto più insolito della danza fu verso la fine, quan­do la danzatrice lasciò intendere di aspettare un figlio da un uomo che era già padre per la seconda volta nello stesso periodo di cinque anni. Mentre la can­tante continuava lamentando la conseguente condan­na del suo uomo a cinque anni di A.S., Markham vide che molti uomini presenti erano decisamente a disagio.

Alla fine della canzone, la donna balzò di nuovo sul piedistallo e riprese la posa originale, poi il piedistal­lo svanì.

La rappresentazione seguente era senza dubbio a tut­to beneficio di Markham. Si trattava di un balletto in maschera rappresentato da un uomo vestito in abiti caricaturali del ventesimo secolo, da un androide, e da una ballerina in abito da sera del ventesimo seco­lo. C’erano inoltre un coro di piccoli androidi, un cor­po di ballo, e tre ballerini vestiti da moglie e da bam­bini del Sopravvissuto.

Markham guardava, affascinato, mentre il finto So­pravvissuto, dopo essersi risvegliato dall’A.S. mostrava con la mimica orrore per l’androide e disgusto verso gli approcci della ballerina. Infine il Sopravvissuto ballava disperato attorno alle figure spettrali di sua moglie e dei suoi figli, cercando invano di raggiunger­li attraverso una barriera invisibile.

I gesti imploranti della donna e dei due ragazzi del ventesimo secolo fecero scrosciare le risate fra il pub­blico: soprattutto quando danzarono verso Markham stesso, per rendere più diretta l’allusione. Lui voltò la testa, chiudendo gli occhi per nascondere la propria infelicità. Ma gli ospiti del Presidente interpretarono quel gesto come una pubblica ripulsa verso l’antiqua­to concetto della vita di famiglia e le loro risate, che l’imbarazzo aveva un poco trattenuto, crebbero di in­tensità. Poi, quando il finto Sopravvissuto, conscio del­l’impossibilità di raggiungere la famiglia, crollò a ter­ra in un atteggiamento di disperazione, la musica ven­ne quasi coperta dal boato degli spettatori.

Infine l’androide personale convinceva il Sopravvis­suto a ricomporsi. L’uomo saltava in piedi, ricacciava nel buio la sua famiglia con un gesto noncurante del­la mano, ed eseguiva una breve danza di liberazione. Cambiando simbolicamente i propri abiti antiquati per altri moderni, si univa poi alla ballerina in una danza frenetica che terminava con l’inevitabile unio­ne felice. La sequenza finale mostrava il Sopravvissuto, che dopo essersi innamorato della ballerina, scopriva che moglie e figli si erano materializzati di nuovo. Al­lontanandosi da loro con disgusto, ordinava all’an­droide personale e al coro di portarli via.

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