La sala da pranzo era quasi sulla sommità del Palazzo. Il pavimento era di cristallo nero; le pareti circolari scintillavano di colori diversi, e si curvavano fino a formare una cupola il cui apice distava almeno quindici metri dal pavimento.
I tavoli erano disposti a forma di enorme ferro di cavallo, e quando tutti gli ospiti ebbero preso posto, Markham si rese conto che erano più di duecento. Vivain si sedette tra lui e Norvens, mentre Marion-A, come un centinaio di altri androidi personali, stava in piedi immobile dietro la sedia del padrone.
Il discorso che il Presidente Bertrand pronunciò come formale preludio al pranzo fu più che altro un breve e banale elogio sul tema della vita nella Repubblica di Londra. Tuttavia fece qualche riferimento indiretto che Markham trovò molto interessante. Parlò con evidente disgusto dei moti antiandroidi nelle Midlands, e fece sapere che il cancelliere delle Midlands aveva finalmente accettato il consiglio del suo Primo Ministro, e stava emanando condanne a cinquant’anni di Animazione Sospesa a coloro che vi avevano preso parte. Parlò anche della recente campagna del Primo Generale Scozzese contro una colonia di Fuggiaschi che si erano stabiliti nelle Highlands. Markham rimase perplesso nell’apprendere che c’era voluta una brigata psichiatrica di un migliaio di androidi per affrontare meno di trecento Fuggiaschi, e che ciononostante solo sessanta Fuggiaschi erano stati catturati, mentre centocinquanta androidi erano stati distrutti o messi fuori uso.
Mentre si avvicinava alla fine del suo discorso, Clement Bertrand rivolse agli ospiti un sorriso benevolo. «Cari signori» disse, «converrete con me che una simile situazione non potrebbe mai verificarsi in Londra. La società avrà sempre qualche psicopatico e qualche pervertito, gente che, incapace di adattarsi allo schema sociale normale, tenterà di distruggerlo e di crearne un altro confacente al suo gusto anormale. Ma da noi i Fuggiaschi rappresentano una quantità trascurabile. Il loro sogno assurdo di un ritorno al barbarismo preandroide merita da noi soltanto pietà e derisione, perché la vigilanza dello Psicoprop continua a ridurre regolarmente il loro numero... Androide vivo! Ho già sprecato troppo del vostro tempo con argomenti seri. Questo è compito di Solomon. E adesso, pensiamo a divertirci.»
Dagli ospiti si levò un educato mormorio di approvazione, poi gli androidi camerieri si fecero avanti.
«Non sembra molto intelligente ed è troppo pomposo, vero?» disse Vivain a Markham. «Ma a conoscerlo bene, non è un completo disastro. In fondo, qualcuno deve pure gonfiare le penne e fare l’usignolo del re.»
«Credevo che fosse Solomon l’usignolo del re» disse Markham. Aveva notato che il Primo Ministro, seduto a fianco di Clement Bertrand, era l’unico androide che avesse preso posto a tavola... a meno che qualcun altro degli ospiti fosse un androide dotato della stessa possibilità di apparire assolutamente umano.
«L’hai conosciuto?» chiese Vivain.
«Abbiamo scambiato qualche parola poco prima che arrivassi tu. L’avevo preso per un umano vero.»
«È l’errore che fanno tutti la prima volta» disse lei, accigliandosi leggermente. «Si diverte a sorprendere la gente. Dev’esserci una striatura di vanità nella sua programmazione.»
«Se fossi al posto di tuo padre» disse Markham, «l’avrei già distrutto.»
Vivain gli diede un’occhiata sbalordita. «Non dovresti dire queste cose, John... per lo meno a nessuno tranne che a me.»
«Perché? Come macchina, è un po’ troppo umano. Mi sembra pericoloso.»
«Ma è anche molto brillante... e indispensabile.»
Markham tornò a guardare il Primo Ministro che stava solennemente mangiando la sua minestra.
«Il che lo rende ancora più pericoloso.»
«Confesso di esserne anch’io un po’ intimorita» disse Vivain. «Ma dirige la Repubblica meravigliosamente. Clement non deve fare altro che autorizzare le decisioni di Solomon.»
«Per amor del cielo, non dirmi altro» disse Markham disgustato, «altrimenti andrò ad unirmi ai Fuggiaschi.»
Verso la quinta portata, la conversazione generale era aumentata considerevolmente di volume, e i valletti del vino andavano avanti e indietro con monotona regolarità. A questo punto una sezione del pavimento scivolò via, e al centro del ferro di cavallo formato dal tavolo sorse una piccola orchestra. La stanza si oscurò leggermente, e una macchia di luce inquadrò una figura femminile che se ne stava in posa su un piedistallo come una statua greca.
Era completamente immobile. La gamba e il braccio sinistro erano argentati, l’altro braccio e la gamba destra, dorati, il corpo e la faccia neri come l’ebano, e i capelli di un verde fosforescente.
All’improvviso, mentre la musica attaccava, la donna balzò dal piedistallo con un lungo grido roco e cominciò a cantare e a ballare, descrivendo con angoscia e ricchezza di particolari il suo primo incontro con l’amore.
La musica era stridula e discordante, i toni della cantante insistevano su tre note sole, mentre i movimenti del corpo, sebbene appena accennati, erano estremamente evocativi. Tuttavia, Markham sentiva che la rappresentazione non era semplicemente eccitante. L’appello ai sensi era accompagnato da un altro appello, diretto alla compassione e alla pietà. Markham, che non perdeva d’occhio i commensali, si accorse che molte donne avevano gli occhi pieni di lacrime. Ma l’aspetto più insolito della danza fu verso la fine, quando la danzatrice lasciò intendere di aspettare un figlio da un uomo che era già padre per la seconda volta nello stesso periodo di cinque anni. Mentre la cantante continuava lamentando la conseguente condanna del suo uomo a cinque anni di A.S., Markham vide che molti uomini presenti erano decisamente a disagio.
Alla fine della canzone, la donna balzò di nuovo sul piedistallo e riprese la posa originale, poi il piedistallo svanì.
La rappresentazione seguente era senza dubbio a tutto beneficio di Markham. Si trattava di un balletto in maschera rappresentato da un uomo vestito in abiti caricaturali del ventesimo secolo, da un androide, e da una ballerina in abito da sera del ventesimo secolo. C’erano inoltre un coro di piccoli androidi, un corpo di ballo, e tre ballerini vestiti da moglie e da bambini del Sopravvissuto.
Markham guardava, affascinato, mentre il finto Sopravvissuto, dopo essersi risvegliato dall’A.S. mostrava con la mimica orrore per l’androide e disgusto verso gli approcci della ballerina. Infine il Sopravvissuto ballava disperato attorno alle figure spettrali di sua moglie e dei suoi figli, cercando invano di raggiungerli attraverso una barriera invisibile.
I gesti imploranti della donna e dei due ragazzi del ventesimo secolo fecero scrosciare le risate fra il pubblico: soprattutto quando danzarono verso Markham stesso, per rendere più diretta l’allusione. Lui voltò la testa, chiudendo gli occhi per nascondere la propria infelicità. Ma gli ospiti del Presidente interpretarono quel gesto come una pubblica ripulsa verso l’antiquato concetto della vita di famiglia e le loro risate, che l’imbarazzo aveva un poco trattenuto, crebbero di intensità. Poi, quando il finto Sopravvissuto, conscio dell’impossibilità di raggiungere la famiglia, crollò a terra in un atteggiamento di disperazione, la musica venne quasi coperta dal boato degli spettatori.
Infine l’androide personale convinceva il Sopravvissuto a ricomporsi. L’uomo saltava in piedi, ricacciava nel buio la sua famiglia con un gesto noncurante della mano, ed eseguiva una breve danza di liberazione. Cambiando simbolicamente i propri abiti antiquati per altri moderni, si univa poi alla ballerina in una danza frenetica che terminava con l’inevitabile unione felice. La sequenza finale mostrava il Sopravvissuto, che dopo essersi innamorato della ballerina, scopriva che moglie e figli si erano materializzati di nuovo. Allontanandosi da loro con disgusto, ordinava all’androide personale e al coro di portarli via.
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