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Edmond Hamilton: Agonia della Terra

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Edmond Hamilton Agonia della Terra

Agonia della Terra: краткое содержание, описание и аннотация

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Una bomba superatomica viene lanciata, da una nazione sconociuta, su una piccola città americana dove si cela un centro per le ricerche atomiche. L’esplosione ha per effetto di rompere la continuità del tempo e sbalestrare la piccola città, intatta, in un’epoca dell’avvenire, a milioni di anni nel futuro, in una Terra morente e arida, inabitabile e deserta. La Federazione delle Stelle, che governa tutti i mondi del futuro, interviene per evacuare la popolazione della città su un altro pianeta. Ma la popolazione si ribella, e, con l’aiuto di uno scienziato del futuro, alla Terra morente viene iniettata una potente carica atomica che ha la virtù di riscaldarla nuovamente. Gli ultimi superstiti rimangono quindi sulla Terra rinata e la vita degli abitanti della piccola città può riprendere il suo corso normale, nella eterna storia dell’Universo.

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Arnol osservava gli aghi dei quadranti, che vibravano. Non tremava più, ora. Era ormai troppo tardi per qualsiasi sentimento, anche per l’emozione.

Dalle profondità imperscrutabili della Terra partì un tre­mito, come un brivido lungo, che si dilatò, salì lentamente, fino alle nude rocce, dove tutti stavano in attesa. Un brivido lungo, che parve toccarli tutti, e svanire.

Fu come se un cuore morto avesse d’improvviso comin­ciato a battere ancora; a battere forte, esultante. Il cuore di un pianeta rinato...

Le lancette dei quadranti, sui quadri di controllo, impazzi­rono per un attimo; poi, a poco a poco, tornarono normali. Tutte le lancette, a esclusione di una sola fila di quadranti, che Arnol e i suoi tecnici osservavano con una morbosa, so­vrumana intensità.

Kenniston non poté sopportare più a lungo quel terribile silenzio.

«È...» Ma non poté proseguire. La sua voce si perdette in un roco mormorio.

Arnol si volse lentamente verso di lui. Lentamente, come se gli riuscisse difficile parlare, disse: «Sì. La reazione è co­minciata. Vi è una grande fiamma di calore e di vita, nel cuo­re della Terra, ora. Ci vorranno delle settimane, prima che quel calore e quella vita raggiungano la superficie, ma giun­geranno!»

Volse quindi le spalle a Kenniston e a tutti gli altri. Ciò che aveva da dire, ora, era per i suoi tecnici, i suoi tecnici fe­deli e stanchi, che avevano lavorato con lui tanto a lungo. A loro disse: «Qui, su questa piccola Terra, molto, molto tempo fa, uno dei nostri selvaggi antenati ha acceso il fuoco, per la prima volta, per riscaldarsi. Ora, noi abbiamo acceso un mondo. E vi sono tutti gli altri mondi, i freddi mondi mo­renti, lassù...»

Kenniston non poté udire più nulla. Una babele si era sca­tenata. Varn Allan si era stretta istintivamente a lui. Gorr Holl urlava in modo assordante. Kenniston udì il sindaco Garris che balbettava domande, con voce tremante. Udì la voce tremante di Hubble.

Ma, al disopra di tutto questo, udì il calpestio precipitoso di migliaia di piedi, sulla roccia nuda. Gli abitanti di Middletown correvano, a migliaia, verso la cresta della collina, con una sola, un’unica domanda, di vita o di morte, sui visi spet­tralmente pallidi.

«Parla, Ken!» gridò Hubble, con la voce rotta dall’emo­zione. «Parla, Ken! Vogliono sapere!»

Kenniston saltò su una roccia, e tutta quella folla si fermò d’improvviso, in un silenzio teso, mentre egli urlava, a gran voce: «L’esperimento è riuscito! L’esperimento è riuscito! Ogni pericolo è scomparso! Fra poche settimane il calore delle profondità della Terra comincerà a raggiungere la su­perficie...»

Ma s’interruppe. No, non erano quelle le parole che pote­vano raggiungere i loro cuori. Allora trovò quelle parole, e le gridò a quelle migliaia di cuori in attesa: «Per milioni di an­ni, il gelo dell’inverno ha ricoperto la Terra. Ma ora, presto, la primavera ritornerà, sulla Terra. La primavera! »

Questo lo potevano capire. Cominciarono allora a ridere e a piangere, e poi a gridare, a gridare a perdifiato.

Gridavano ancora quando i grandi incrociatori del Con­trollo calarono velocissimi, ronzando nel cielo, su di loro.

21

Un mondo risorto

Lentamente, molto lentamente, durante le settimane che se­guirono, la primavera era venuta. Non era la primavera della vecchia Terra, ma ogni giorno che passava, il vento soffiava meno freddo, e ora, alla fine, i primi fili d’erba spuntavano, macchiando qua e là di verde le pianure color ocra.

Ma solo per sentito dire, Kenniston sapeva tutto questo. Confinato con gli altri in un edificio di Nuova Middletown, gli sembrava che il tempo non passasse mai. Settimane di at­tesa per il Comitato speciale dei Governatori, inviato da Vega, settimane di interrogatori fra la popolazione, la lenta rac­colta delle testimonianze, il vagliare accurato dei motivi e delle circostanze. E poi, giorni e giorni, in attesa del verdetto definitivo.

Arnol non era preoccupato. Era un uomo felice. In tutti gli interrogatori aveva parlato molto poco, ma aveva sempre avuto negli occhi una luce di trionfo. Il lavoro della sua vita era ben giustificato, ed egli era contento.

Anche Gorr Holl e Magro non erano affatto preoccupati. Il grosso Gorr Holl, anche ora, in attesa della decisione, era sempre giubilante.

«Al diavolo! Che possono fare?» diceva a Kenniston per la centesima volta. «La cosa è fatta, ormai. Il procedimento di Arnol si è dimostrato praticabile, e a quest’ora lo sanno or­mai in tutta la Galassia. Non possono rifiutare, ora, di lascia­re che anche gli umanoidi ne facciano uso, sui loro mondi morenti. Non oserebbero!»

E Magro aggiunse: «E nemmeno possono obbligare il tuo popolo a evacuare la Terra ora che diventa più calda. Sa­rebbe una cosa senza senso.»

Kenniston osservò: «Ci potrebbero tenere rinchiusi per il resto della nostra vita, e questo non sarebbe una cosa diver­tente.»

Gorr Holl sorrideva, col suo largo sorriso, e diceva:

«Ricordati, uomo, che noi siamo per loro dei selvaggi emotivi, e questo sarà per noi un’attenuante.»

Quando furono ricondotti nella grande sala per il verdet­to, gli occhi di Kenniston corsero non al gruppo dei giudici, tre uomini e un umanoide, che sedevano a un grande tavolo, ma a Varn Allan. Kenniston sapeva che anche la carriera di lei era in gioco, in quell’udienza. Ma ella non appariva preoc­cupata e, quando incontrò i suoi occhi, gli sorrise.

Lund, che le stava al fianco, aveva uno sguardo attento, ora, e pareva piuttosto preoccupato. Lanciò a Kenniston un’occhiata dura, ma questi dovette distogliere gli occhi, in quel momento, perché avevano iniziato la lettura del ver­detto.

L’uomo che lo leggeva, il più vecchio dei quattro Governa­tori presenti, non aveva alcuna espressione di cordialità nel viso. Parlava come una persona che assolveva, riluttante, uno spiacevole compito.

«Voi, i promotori di tutto ciò che è accaduto, vi siete resi colpevoli e meritevoli delle più dure pene della legge della Fe­derazione, per la vostra aperta sfida ai Governatori» disse. «Sarebbe pienamente regolare emettere una sentenza di imprigionamento a vita.»

Li guardò freddamente, l’uno dopo l’altro. Gorr Holl bisbi­gliò: «Cerca di spaventarci...» Ma non sembrava più tanto fiducioso, ora.

Il vecchio Governatore continuò: «Tuttavia, in questo caso, è del tutto impossibile raggiungere un verdetto su di una base puramente legale. Dobbiamo ammettere, nostro malgrado, che il vostro fatto compiuto ha creato una situa­zione nuova. Il Comitato dei Governatori ha ora dato la sua approvazione per l’uso del procedimento Amol su altri pia­neti...»

A Kenniston sembrava difficile capire. Gli sembrava im­possibile che una così lunga battaglia per la sopravvivenza dei mondi si risolvesse in quella semplice frase.

«... su altri pianeti» continuò il vecchio Governatore «e questo ci mette di fronte alla impossibilità di procede­re. Punirvi, ora, per l’uso che avete fatto di questo procedi­mento, sarebbe come punirvi, moralmente se non legal­mente, per una infrazione a una legge che non esiste più.»

Gorr Holl emise un lungo e rumoroso sospiro di sollievo, che una occhiataccia gli fece prontamente reprimere.

«Non possiamo fare altro, perciò, che liberarvi, con un rimprovero ufficiale da parte del Comitato dei Governatori, per il vostro comportamento.»

Ora che il momento era passato, ora che era tutto finito, Kenniston provò pochissima emozione, a ben vedere. Le sorti in gioco erano state talmente vaste che avevano quasi an­nullato il significato della sua sorte personale. Kenniston sa­peva che quell’impressione sarebbe scomparsa col tempo, che più tardi sarebbe stato lieto, e grato, ma ora...

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