Varn Allan lo guardò, con occhi umidi, e mormorò: «Mi sto comportando come una stupida...»
Anche Kenniston la guardò, ma lei lo respinse. Sembrava volesse evitare gli occhi di lui.
«So che siete sincero, Kenniston. Ma so pure che avete torto, e che non potete sfidare con successo la potenza di tutte le stelle.»
Kenniston si sentì stranamente depresso, quando la lasciò. Cercò di non pensare... cercò di scacciare il ricordo di quel contatto con lei, il ricordo della fugace emozione che lo aveva afferrato quando le aveva accarezzato le spalle.
«È una cosa pazza...» mormorò fra sé. «E poi, c’è Carol...»
Non andò più da lei, in tutte le ore e i giorni in cui il piccolo incrociatore spaziale varcava a piena velocità il vuoto immenso della Galassia. La evitava. Temeva il momento in cui l’avrebbe nuovamente incontrata.
La tensione crebbe nell’animo di Kenniston; intanto la luce rossa del sole si ingrandiva nello spazio. Mentre l’incrociatore rallentava la sua corsa al di là degli altri pianeti esterni senza vita, Arnol gli si avvicinò.
«Dovremo lavorare in fretta, una volta giunti» gli disse Arnol. Anch’egli aveva il viso contratto dallo sforzo. «Le navi spaziali della Federazione debbono già essere in viaggio per arrestarci.»
Kenniston non rispose. Il dubbio che lo tormentava da tempo gli s’ingrandiva nel cuore mentre vedeva il grigio globo della vecchia Terra ingigantirsi sulla loro direttrice di corsa.
Il suo popolo era là, in attesa. Che cosa portava a loro e al loro pianeta morente? Una nuova vita, o la morte definitiva?
Coi nervi tesi, Kenniston attraversò la polvere e la desolazione della pianura, verso la lucida cupola di Nuova Middletown. Erano con lui Arnol e il grosso Gorr Holl. Tutto era come prima, come lo ricordava: il vento gelido e il sole rossastro, con la sua orbita cinta da una breve corona di raggi.
«Perfetto!» mormorò Arnol. «Perfetto! Proprio il mondo che io ho sempre sognato per compiere la mia prova!»
«Eccoli! Vengono!» disse Gorr Holl, indicando la grande porta della città.
Le guardie armate avevano riconosciuto Kenniston e Gorr Holl. La notizia si era immediatamente diffusa, e gli abitanti si riversavano fuori della porta, per andare loro incontro.
Dopo pochi secondi erano già circondati da una grossa folla che gridava e acclamava, tutta eccitata. Kenniston riconobbe visi a lui noti... Bud Martin, John Borzak, Lauber, e altri.
La figura torreggiante di McLain si avvicinò a lui, tra la folla.
«Che è accaduto lassù, Kenniston?» domandò.
«Sì! Sì. Qual è il verdetto?» gridò un’altra voce. E un’altra ancora: «Ci lasceranno star qui, dunque?»
Kenniston alzò la voce per farsi udire dalla folla.
«Tutti alla piazza!» gridò. «Passate la parola anche agli altri. Vi dirò tutto sulla piazza, quando sarete riuniti.»
«In piazza! In piazza!» gridarono allora tutti.
Alcuni cominciarono a tornare di corsa verso la città, per portare la notizia attraverso le strade. Altri circondarono Gorr Holl, lieti di rivederlo. Molti guardarono curiosamente Jon Arnol, chiedendo chi fosse, ma Kenniston scosse il capo. Quella storia sarebbe stata tutt’altro che facile da spiegare, e non voleva ripeterla due volte.
Cercò nella folla il viso di Carol. Desiderava molto vederla... eppure, nel profondo della sua mente, in qualche modo indistinto, provava una strana riluttanza a incontrarla, a trovarsi nuovamente con lei, e non ne capiva il perché. Ma non la vide. Avrebbe dovuto sapere che non si sarebbe avventurata in mezzo a quella folla eccitata.
Il sindaco Garris si precipitò verso di lui sulla porta della città, precedendo Hubble e alcuni membri del consiglio municipale.
«Avete messo a posto le cose, Kenniston?» gridò. «Hanno capito, lassù, ciò che volevamo?»
«Farò il mio rapporto nella piazza, dove tutti potranno udire» rispose Kenniston.
Il sindaco gli diede un’occhiata ansiosa e preoccupata, quasi spaventata, e si fece in disparte. Kenniston afferrò Hubble per un braccio.
«Ho bisogno di parlarti, Hubble» disse. «Ho fatto qualche cosa, e non so...»
Parlò rapidamente, a bassa voce, allo scienziato anziano, mentre percorrevano le strade che conducevano alla piazza.
La reazione di Hubble fu identica a quella di Kenniston quando aveva udito per la prima volta il progetto. Arretrò spaventato, impallidendo di colpo.
«Per l’amor del Cielo, Ken! È una cosa... pazzesca, pericolosa...»
Ma, mentre ascoltava ulteriori chiarimenti, la sua espressione di allarme si mutò in un’altra, di grave attenzione, e infine in un acuto interesse.
«Sì, sembra una cosa perfettamente logica, anche secondo i principi della nostra stessa scienza fisica.» Guardò Jon Arnol. «Se potessi soltanto parlargli chiaro...»
«Non servirebbe a nulla» disse Kenniston seccamente. «È proprio questo il punto più terribile. La sua scienza è milioni di anni più avanti di ogni nostra concezione scientifica.»
Hubble si volse a Gorr Holl. Aveva lavorato a fianco di quel grosso gigante peloso, lo conosceva e aveva fiducia nella sua abilità e perizia come tecnico atomico.
«Riuscirà Arnol nel suo procedimento?» gli domandò, ansioso.
«Credo nel suo procedimento quanto basta per rischiare la mia vita per aiutarlo» disse Gorr Holl semplicemente.
Kenniston tradusse la frase, e Hubble parve rassicurato.
«Mi sembra ancora un grosso rischio, Ken» disse. «Ma... a ogni modo vale la pena di tentare.»
Dopo pochi minuti Kenniston salì i gradini del Municipio e rimase zitto, davanti al microfono.
Di fronte a lui, a migliaia, erano affollati gli abitanti di Middletown... era tutto un caleidoscopio di visi ansiosi, eccitati, frementi nell’attesa.
Quello era il momento a cui aveva tanto pensato... il momento che aveva spesso temuto di non poter sopportare. Dire quella cosa era assai più duro di quanto immaginasse. Eppure occorreva dirle, quelle parole.
Non sarebbe servito a nulla usare precauzioni, dire la verità a poco a poco. La disse, invece, quasi brutalmente.
«La decisione è contro di noi. Hanno detto che dobbiamo andarcene.»
Ascoltò il clamore furente che accolse quelle parole, le grida irate di tutta quella folla esasperata fino al parossismo.
Il sindaco Garris espresse con la sua voce, alta e tremante, l’appassionata reazione di tutta Middletown.
«Non lasceremo la Terra! E se vogliono spingerci a combattere, combatteremo!»
Kenniston alzò le mani, chiedendo silenzio.
«Aspettate!» gridò nel microfono. «Ascoltate! Forse non vi sarà alcun bisogno che ve ne andiate dalla Terra, e forse non vi sarà alcun bisogno che combattiate. Vi è ancora una possibilità...»
Spiegò loro, nel modo più semplice e cauto che poteva, il grande esperimento che veniva proposto da Jon Arnol.
«La Terra diventerà calda nuovamente... forse non così calda come prima, ma abbastanza perché possiate viverci comodamente per tutto il tempo futuro.»
Vi fu un grande silenzio. Kenniston sapeva che quel progetto era troppo enorme perché potessero assimilarlo subito. Ma cercavano di comprendere il senso di quanto egli aveva esposto. Il significato planetario di quel concetto non potevano capirlo: dovevano avere il tempo per riportarlo a una dimensione più modesta, che potessero afferrare.
Infine John Borzak si fece avanti, con quel suo viso rozzo e squadrato, dai capelli grigi, di uomo che aveva passato la vita lavorando duramente. «Sentite un po’, signor Kenniston» disse. «Volete dire che potremmo, allora, ritornare a Middletown?»
«Sì!» rispose Kenniston.
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