«Due ore!» esclamò Kenniston. Non gli sembrava molto, per decidere la sorte di un mondo.
«I Governatori debbono decidere sui problemi di metà della Galassia. Non possono concedere a chiunque un tempo maggiore di questo. Perciò preparate accuratamente il vostro caso. Non viene mai concesso un secondo appello.»
Kenniston pensò che non doveva essere venuta per dirgli semplicemente questo e attese, per costringerla a parlare. Capiva ora che la tensione e la stanchezza di lei erano pari alle sue. Infine, con riluttanza, Varn Allan disse: «Come viceamministratore del settore, Norden Lund avrà anch’egli il diritto di parlare su questo problema, di fronte ai Governatori.»
Kenniston lo aveva previsto, ma non gli importava molto, e lo disse.
«Può avere una grande importanza, invece, per voi e per il vostro popolo» osservò Varn Allan.
«In che modo?» domandò Kenniston.
«Lund è ambizioso» disse Varn Allan. «Desidera essere amministratore, e, più tardi, Governatore... persino Presidente, forse. Le sue aspirazioni sono senza limiti.»
Ora Kenniston cominciava a capire un poco.
«In altre parole, come ha detto Gorr Holl, Lund vuole il vostro posto?»
«Sì. Sarebbe per lui un passo avanti. E per compiere quel passo commetterebbe senza esitazione un’ingiustizia. Di questo sono sicura.» Varn Allan si piegò verso di lui. «Lund vede, in questo problema della Terra, un’occasione senza pari per farsi avanti. La vostra inaudita irruzione in questa epoca, dal lontano passato, ha creato un immenso, un tremendo interesse per voi. E molti mondi si interesseranno al vostro caso.»
Nella sua ansia, Varn Allan si era alzata e stava ritta di fronte a lui, parlando con cura, scegliendo bene le parole, per fargli chiaramente capire ciò che voleva.
«Se Lund riuscirà a dominare la seduta, se potrà presentare una prova sensazionale che io ho commesso un errore nel trattare il problema della Terra e che egli ha previsto come sarebbero andate le cose, allora avrà modo di distinguersi agli occhi di tutti.»
Kenniston era sicuro di aver completamente compreso, ma, celando i propri sentimenti, domandò: «Allora, temete che Lund tenga in serbo un colpo di scena per quella seduta?»
«Sì» confermò Varn Allan. «So che ha in mente qualche cosa. Ha mostrato un’aria trionfante fin dal momento che siamo partiti. Ma che cos’abbia in mente, non lo so.»
Guardò Kenniston, preoccupata, poi riprese: «Lo sapete, forse, voi? Vi è qualche aspetto del vostro popolo, di questo problema della Terra, che Lund potrebbe usare alla seduta come un’arma?»
Kenniston si alzò. La guardò in viso, e scoppiò in una risata. Era una risata amara, irosa, in cui sfogava tutto il risentimento che aveva sentito per lei sin dal principio. Ella lo guardò sorpresa, senza capire.
«Questo» sbottò Kenniston «è molto divertente, davvero! Siete venuta sulla Terra come rappresentante legale della Federazione, come suprema autorità, ci avete considerati tutti come un branco di pecore, ci avete ordinato questo e quello e non avete nemmeno voluto ascoltare ciò che i poveri esseri primitivi avevano da dire. E poi, a un tratto, quando il vostro prezioso posto è in pericolo, correte da me perché vi aiuti a salvarlo!»
Il viso di Varn Allan, a quelle parole, divenne pallidissimo, incredulo, i suoi occhi azzurri fiammeggiarono, la sua persona sottile si eresse, rigida e tesa.
Kenniston proseguì, sempre più adirato: «Sapete che vi debbo dire? Non me ne importa un accidente di chi sarà amministratore, se voi o Lund! Né l’una né l’altro siete della mia razza. Se vi prenderà il posto, se avrà più potenza e autorità di voi... questo non muterà affatto le cose, né per me né per il mio popolo.»
Dal viso pallidissimo e adirato di lei, Kenniston capì subito che l’aveva finalmente colpita a fondo, che quel competente e brillante funzionario in gonnella era soggetto a emozioni come qualsiasi altra donna.
«Così» disse Varn Allan, respirando a fatica «avete creduto che volessi implorare il vostro aiuto per salvare il mio posto?»
La sua voce si levò, più forte, mossa da un’ira che pareva troppo grande per poter essere contenuta e repressa nella sua sottile persona. Fu come se Kenniston avesse toccato una molla che liberasse un violento risentimento da troppo tempo represso.
«Il mio posto... il mio rango di funzionario! Ma credete che io sia come Lund, che il potere di dare ordini mi faccia piacere? Che ne sapete voi, primitivo come siete, di una tradizione di servizio nella Federazione? Credete che abbia cercato il potere a tutti i costi, che mi sia divertita a studiare per anni mentre altre ragazze si divertono invece a danzare, che la mia idea di una vita felice fosse quella di passarla in una nave spaziale, percorrere qua e là, su mondi nemici? Credete che questo mi sia tanto caro da tormentarmi, da farmi complottare, da spingermi a implorare persino il vostro aiuto, per conservarmelo?»
Soffocava letteralmente dall’indignazione, e si volse, decisa, verso la porta. Kenniston, colpito da quello scoppio violento, obbedì a un impulso improvviso e l’afferrò a un braccio.
«Aspettate! Non andatevene! Io...»
Ella lo guardò con occhi fiammeggianti e ordinò: «Lasciatemi andare, altrimenti chiamerò una guardia!»
Ma Kenniston non le lasciò il braccio. Disse invece, imbarazzato: «No! Aspettate! Ero fuori di me. Ne sono molto spiacente...»
E lo era infatti. Si vergognava di sé, non ne comprendeva esattamente la ragione, ma le parole di quella ragazza lo avevano colpito. Odiava qualsiasi forma d’ingiustizia e sentiva che era stato ingiusto con lei.
Lo disse, e Varn Allan lo guardò con occhi ancora irati, ma dopo un momento si allontanò dalla porta.
«Sta bene, dimentichiamo tutto questo» disse, rigidamente. «La colpa è stata mia, perché mi sono lasciata vincere dalla collera, come...»
«Come un primitivo» disse Kenniston, terminando la frase per lei.
«Esattamente, come un primitivo» ella confermò, a denti stretti.
Kenniston scoppiò a ridere. La sua ostilità per lei e per la sua gente non era svanita, ma aveva perduto quel risentimento provocato da un senso di inferiorità che lo aveva turbato e irritato sin dal primo momento che l’aveva vista.
L’aveva perduto da quando ella, da funzionaria competente e autoritaria, si era rivelata come una ragazza preoccupata e indifesa.
«No, no, non rido di voi!» disse, rapidamente, nel timore che ella lo fraintendesse. «E ora ditemi, perché avete ritenuto necessario parlarmi dell’atteggiamento di Lund?»
«Per salvare il mio rango e il mio posto!» ella motteggiò, amaramente. «Perché avevo paura di perderli, di...»
«Già, avete ragione. Ma vi ho fatto le mie scuse» protestò Kenniston, impaziente. «Per tutti i diavoli, che gente suscettibile siete!»
Per un momento, Varn Allan rimase in silenzio. Poi disse: «Credete che non importi nulla, se Lund parlerà o no alla seduta, perché siete convinto che ambedue siamo contro il vostro popolo. Invece vi sbagliate, Kenniston.»
«Ma ambedue volete evacuarci dalla Terra» le ricordò Kenniston. «E allora, che differenza c’è tra voi?»
«C’è una grande differenza» ella disse, ansiosamente. «Posso aver commesso degli errori nel trattare col vostro popolo, ma il mio desiderio è sempre stato quello di effettuare una evacuazione tranquilla, pacifica. Lund vorrebbe invece risolvere con la forza il problema della Terra... vorrebbe cioè che l’evacuazione fosse forzata.»
«Forzata?» ripeté Kenniston, irrigidendosi. «Ma ho detto chiaramente ad ambedue cosa significherebbe, se vi metteste in mente di usare la forza!»
«Lo so, e vi credo abbastanza per desiderare di risolvere pacificamente questo problema dell’evacuazione, anche se ciò dovesse rendere necessario un ritardo. Questa è la mia idea sui compiti di un’amministratrice. Ma Lund sa benissimo che, a causa della vostra strana situazione, e del fatto che questo caso della Terra rimette in discussione la lunga controversia circa l’evacuazione dei mondi, tutti gli occhi saranno puntati su quella seduta, ed egli vuole approfittarne, a ogni costo, senza curarsi degli effetti disastrosi che il suo comportamento potrebbe avere per la Terra.»
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