Edmond Hamilton - Agonia della Terra

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Agonia della Terra: краткое содержание, описание и аннотация

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Una bomba superatomica viene lanciata, da una nazione sconociuta, su una piccola città americana dove si cela un centro per le ricerche atomiche. L’esplosione ha per effetto di rompere la continuità del tempo e sbalestrare la piccola città, intatta, in un’epoca dell’avvenire, a milioni di anni nel futuro, in una Terra morente e arida, inabitabile e deserta. La Federazione delle Stelle, che governa tutti i mondi del futuro, interviene per evacuare la popolazione della città su un altro pianeta. Ma la popolazione si ribella, e, con l’aiuto di uno scienziato del futuro, alla Terra morente viene iniettata una potente carica atomica che ha la virtù di riscaldarla nuovamente. Gli ultimi superstiti rimangono quindi sulla Terra rinata e la vita degli abitanti della piccola città può riprendere il suo corso normale, nella eterna storia dell’Universo.

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Rimisero così in pieno funzionamento il sistema di rifor­nimento idrico di Nuova Middletown, e il lusso di poter apri­re quegli strani rubinetti e vederne sgorgare l’acqua in quan­tità illimitata era una cosa veramente stupenda. Molti dei grandi generatori atomici ripresero finalmente a funzionare, compreso un gigantesco sistema di riscaldamento ausiliario che fece aumentare di parecchi gradi la temperatura dell’aria sotto la cupola. Ma Gorr Holl e Magro lavoravano sodo per realizzare il miracolo definitivo.

Giunse così una sera in cui Gorr Holl chiamò Kenniston in una delle sale dei generatori più grandi. Magro e altri tec­nici della nave spaziale erano pure riuniti là dentro, sporchi di polvere e di grasso, ma sorridenti per aver finalmente compiuto un difficile lavoro. Gorr Holl mostrò a Kenniston una finestra.

«Affacciati a quella finestra» gli disse «e sta’ a guar­dare.»

Kenniston guardò fuori, sulla città in penombra. Non vi era Luna e le grandi torri dei palazzi erano ormai avviluppa­te nell’oscurità, mentre le gole profonde delle strade erano qua e là illuminate dal debole chiarore di qualche candela e dalle poche lampadine elettriche che splendevano attorno al Municipio.

Gorr Holl attraversò la sala, e si avvicinò a un enorme qua­dro di comandi che occupava fino a metà altezza la parete. Si udì uno scatto, mentre un commutatore veniva chiuso, e d’improvviso su tutta quella vasta città immersa nel buio del­la notte, dilagò una luce brillantissima.

Le torri degli edifici si accesero di un bagliore accecante. Le strade divennero fiumi di luce radiante, morbida e chia­ra, e al disopra di tutto ciò apparve un nuovo cielo nottur­no... Era la meravigliosa luminescenza della cupola che, co­me una grande bolla, decorata a raggi lunari e a nubi varia­mente colorate, incoronava le torri scintillanti degli edifici, in una apoteosi di luce. Era una cosa talmente strana e tal­mente bella, dopo quel lungo periodo di oscurità e di ombre, che Kenniston rimase a lungo immobile a guardare quel mi­racolo di luce; si accorse solo più tardi di avere le lacrime agli occhi.

La città dormiente si svegliò. Gli abitanti si riversarono nelle strade brillantemente illuminate, e il suono delle loro voci si levò altissimo, fino a divenire un lungo grido di gioia. Kenniston si volse a Gorr Holl, a Magro e agli altri. Voleva dir loro qualche cosa, ma non poteva trovare le parole. Infine scoppiò a ridere, felice, ed essi risero con lui, e uscirono poi tutti insieme nelle strade illuminate.

Incontrarono quasi subito il sindaco Garris che veniva di corsa dal Municipio. Erano con lui Hubble e quasi tutti gli appartenenti ai vecchi Laboratori, nonché una vera folla di abitanti. Senza tanti preamboli Gorr Holl, Magro e gli altri membri dell’equipaggio della nave spaziale si trovarono issa­ti sulle spalle degli abitanti più entusiasti e portati in proces­sione trionfale attorno alla piazza, mentre le urla e gli applausi divenivano assordanti. Più ancora dell’acqua, più an­cora del calore, la folla apprezzava quell’immenso dono della luce. E da quella notte accettarono e accolsero tutti gli uma­noidi come fratelli.

Più tardi, una festosa riunione ebbe luogo in Municipio. Vi erano Gorr Holl e Magro, Kenniston, Hubble e il sindaco. Bertram Garris prese la grossa mano di Gorr Holl e, sorri­dendo anche a Magro, cercò di esprimere i suoi ringrazia­menti per tutto ciò che essi e gli altri avevano fatto. Gorr Holl ascoltava, sorridendo.

«Cosa dice?» domandò a Kenniston che fungeva ora da’ interprete.

Kenniston scoppiò in una risata.

«Vuol sapere che cosa deve fare per mostrarti la sua gra­titudine: come per esempio regalarti la città, darti sua figlia in moglie, oppure qualche pinta del suo sangue. Ma, parlan­do seriamente, Gorr, ti siamo tutti molto grati. Col vostro la­voro avete fatto nuovamente rivivere la città, e... be’, vi è qualche cosa che possiamo fare per dimostrarvi la nostra gratitudine?»

Gorr Holl pensò un poco. Guardò Magro e questi fece col capo un solenne cenno di approvazione. Allora, Gorr Holl disse: «Ebbene, essendo primitivi come noi siamo, ci fareb­be piacere un buon brindisi!»

Hubble, che aveva frattanto imparato qualche cosa della lingua, diede in una risata. Kenniston tradusse al sindaco le parole di Gorr Holl e il sindaco, rinunciando immediatamen­te a ogni restrizione, corse a prendere alcune bottiglie dal mobile che era stato adibito a credenza. Fu una lieta celebra­zione, e Kenniston sentì veramente la mancanza di Bal e Ban e del grigio Lal’lor, che erano ritornati alla nave spaziale il giorno prima.

Con una infelice ispirazione, Kenniston disse, allora: «Ri­tengo che partirete presto tutti, ora che il lavoro è finito.»

Magro scosse le spalle.

«Questo dipenderà da molte cose» replicò, guardando ironicamente Gorr Holl.

Gorr Holl era ormai un poco ubriaco; non molto, ma quel tanto da farlo stare allegro e farlo parlare ad alta voce. Anche il sindaco si sentiva a suo agio e batteva amichevolmente una mano sulla grossa spalla pelosa di Gorr Holl.

«Desidero farvi capire» diceva sinceramente Garris «quanto io sia spiacente per quella stupida accoglienza che vi ho fatto all’inizio. Siamo tutti spiacenti, per quella stupida accoglienza, pensando a quanto bene ci avete fatto.»

«Be’, non abbiamo fatto gran che» rispose Gorr Holl quando Kenniston gli ebbe tradotto le parole del sindaco. «Ma la luce e tutto il resto serviranno a farvi stare più a vostro agio, mentre attendete.»

Kenniston lo guardò stupito.

«Che vuoi dire... mentre attendete

«Ma... mentre attendete di essere evacuati, naturalmen­te» disse Gorr.

Vi fu un improvviso silenzio. Kenniston si sentì d’un tratto i nervi stranamente tesi. Sapeva che quella era la rivelazione che egli aspettava da tempo, una rivelazione per nulla piace­vole che egli temeva da tempo.

«Gorr» disse lentamente, cautamente «non riusciamo a capire ciò che hai detto. Che cosa è questa storia dell’eva­cuazione?»

Il grosso Gorr Holl lo guardò fisso, con una viva sorpresa nei grandi occhi scuri e nel viso da orso. Ma, d’un tratto, par­ve a Kenniston di capire che quella sorpresa non fosse del tutto sincera e che Gorr Holl avesse voluto rivelare quella no­tizia per osservare la loro reazione.

«Ma non vi ha detto nulla, Piers Eglin?» chiese Gorr Holl. «Già, non credo. Credo che abbia avuto istruzioni di non dirvi nulla. Hanno creduto che voi foste esseri troppo emotivi, come Magro e me, e che meno penserete a questo, meglio sarà per voi.»

Kenniston ripeté, lentamente, con voce ferma: «Che cosa intendi per evacuazione?»

Gorr Holl lo guardava ora fisso negli occhi, lealmente.

«Voglio dire semplicemente questo: che, per ordine dei Governatori, tutti voi sarete evacuati dalla Terra, per essere trasportati su di un altro pianeta.»

12

Crisi

I tre uomini della Terra guardarono il grosso Gorr Holl, e per una lunga, lunghissima pausa, nessuno parlò. Gorr Holl pa­reva assorto nella contemplazione del bicchiere che teneva in mano. Magro li guardava coi suoi brillanti occhi felini.

La splendida luce proveniente dall’esterno inondava tutto l’ambiente, e quei tre uomini sembravano diventati di pietra.

Bertram Garris ritrovò alla fine la parola. Ma fu solo per ripetere le stesse parole di Gorr Holl, come Kenniston le ave­va tradotte.

«Evacuazione?» disse poi. E ripeté: «Evacuazione?»

«Sopra un pianeta di un’altra stella» aggiunse Kenni­ston, lentamente. Aveva le labbra strette. Si piegò su Gorr Holl e gridò: «Ma di che cosa credono che siamo fatti?»

Gorr Holl si guardò attorno, guardò i loro visi, poi disse, imbronciato: «Ho paura di avere parlato troppo.» Ma quel suo broncio non appariva più convincente della sua sorpresa di poco prima.

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