La folla, con penosa riluttanza, aprì uno stretto passaggio, che fu subito allargato dagli sforzi degli agenti. Facendo da guida ai visitatori venuti dalle stelle, la dignità del sindaco era un po’ menomata dalla inquietudine che gli faceva fare un balzo in avanti ogni volta che la gigantesca figura di Gorr Holl gli si appressava, durante il percorso. Ma Garris riuscì, ciò nonostante, a conservare il suo tono gioviale di capo del suo popolo, gridando nel frattempo che ogni cosa andava bene, che non vi era nulla da temere, e pregando tutti di tenersi indietro e di fare a meno di spingere.
Varn Allan fu la prima a seguire Garris attraverso la grande porta. Esitò, è vero, ma appena un istante, trovandosi di fronte quella enorme folla urlante, e la folla da parte sua levò un applauso così forte da scuotere persino la cupola. Norden Lund sorrise e scosse il capo come se si trattasse di bambini capricciosi. Anche Varn Allan sorrise alla popolazione e proseguì il cammino, mentre la folla si muoveva tumultuando di gioia.
Kenniston li seguiva da presso, a fianco di Gorr Holl. La folla non lo aveva ancora visto, eccetto che come una vaga figura al di là del vetro plastico ricurvo della cupola. Quando lo videro, tutti ammutolirono, per un attimo. Le donne, che avevano lottato per mettersi in prima fila, lottavano ora per farsi indietro, e lo stretto passaggio si allargò d’improvviso. Kenniston camminava accanto alla grossa mole di Gorr Holl, tenendogli una mano su una delle potenti spalle, per mostrare alla folla che non vi era affatto da aver paura. E la folla guardava, intimorita e sbalordita.
Piers Eglin era fuori di sé dall’eccitazione. La pelliccia di una donna lo mandò in visibilio. Era una pelliccia molto ordinaria, ma Kenniston capì subito che doveva essere sicuramente di un animale ormai estinto da milioni di anni. I tessuti, i cuoi, apparivano, agli occhi di Piers Eglin, come dei tesori inestimabili. Parlava incessantemente, febbrilmente, indicando questa o quella meraviglia ai suoi compagni, interrompendosi di tanto in tanto per tornare al suo inglese stentato e fare a Kenniston qualche domanda. Quando poi vide un’automobile, divenne addirittura frenetico.
L’automobile li interessava tutti, Varn Allan e Norden Lund si fermarono per esaminarla, e anche Gorr Holl, liberandosi gentilmente da un codazzo di bambini che lo avevano circondato, raggiunse i compagni per poter esaminare il fenomeno. Il grosso essere peloso parve indovinare subito dove si nascondesse la forza motrice e fece segno a Kenniston che desiderava esaminarne l’interno. Kenniston ne sollevò subito il cofano. Tutti e quattro i visitatori si chinarono immediatamente per esaminare il motore e tutta quella folla di abitanti scoppiò a ridere, quando vide quella specie di grosso animale addomesticato curvarsi anche lui come i suoi padroni a esaminare i congegni. I visitatori parlavano fra loro, nella loro rapida lingua sconosciuta, e Norden Lund accennava alle varie parti del motore con la medesima meraviglia, un poco canzonatoria, che un uomo del ventesimo secolo avrebbe dimostrato per un carro tirato da buoi. Gorr Holl parlò allora a Piers Eglin, e questi si volse a Kenniston.
«Un motore così bello! Tanto primitivo!» bisbigliò, giungendo le mani. Poi aggiunse: «Vogliono che lo facciate... che lo facciate...» Non trovava le parole, ma Kenniston capì che cosa voleva dire. Trovò le chiavi della macchina infilate nella serratura, e avviò il motore. Gorr Holl ne fu affascinato. I quattro visitatori continuarono per un po’ a parlare animatamente fra loro. Poi la benzina finì e il motore si spense. I visitatori si guardarono l’un l’altro, poi, a un cenno della donna, proseguirono il cammino.
Il sindaco Garris era in piena forma. Nel suo orgoglio e nel suo eccitamento, non aveva più paura nemmeno di Gorr Holl. Mostrava ai visitatori in che modo Nuova Middletown era stata resa abitabile, parlava, balbettando, del governo, delle scuole, dei tribunali e della distribuzione dei viveri. Piers Eglin cercava di tradurre qualche cosa, ma Kenniston dubitava che i visitatori capissero gran che. Un risentimento irragionevole cominciava a farsi strada in lui.
Poi, d’un tratto, i visitatori si fermarono e conferirono a lungo fra loro. Evidentemente avevano preso una decisione, poiché Piers Eglin si volse e disse: «Abbiamo visto abbastanza, per questa volta. Più tardi...» e qui la sua voce tremò di eccitazione e i suoi occhi brillarono come quelli di un segugio «più tardi... visiteremo la vostra vecchia città, che ci avete detto esiste ancora. Ma ora Varn Allan dice che dobbiamo ritornare alla nostra nave per riferire al Governo centrale ciò che abbiamo trovato.»
«Ascoltate!» esclamò Kenniston, ansioso. «Abbiamo bisogno di aiuto. Ci occorre la forza motrice, e il nostro combustibile è quasi finito.»
Hubble, che era sempre stato accanto ai visitatori per tutto il percorso, fece col capo un cenno affermativo, e aggiunse: «Se potete mettere in azione alcuni dei generatori atomici che esistono qui...»
Piers Eglin si volse subito a consultare Varn Allan, che guardò Kenniston e Hubble e fece quindi un cenno di assenso.
«Naturalmente, ha detto di sì» disse Piers Eglin. «Ha detto che dovrete trovarvi a vostro miglior agio, finché rimarrete qui. L’equipaggio del Thanis vi sarà di aiuto. Lavoreranno sotto la direzione di Gorr Holl, che è il nostro capotecnico atomico.»
Il sindaco Garris rimase interdetto. Piers Eglin si schiarì la gola.
«Ve ne saranno altri, altri... nell’equipaggio. Vi sembreranno molto strani. Ma vi saranno amici. Farete meglio a rassicurare i vostri abitanti.»
I visitatori partirono, ritornando da dove erano venuti, attraverso la grande porta e attraverso la pianura polverosa. Mentre se ne andavano, il sindaco Garris diede l’annuncio alla folla. Vi sarebbe stata la forza motrice, più acqua, più luce, forse anche più calore. L’applauso frenetico e giubilante che seguì, riecheggiò a lungo sotto la cupola. Mentre la folla continuava ad applaudire, Hubble domandò a Kenniston: «Cosa intendeva, quando ha detto... “finché rimarrete qui”?»
Kenniston scosse il capo. Non lo sapeva. Ma un gelido dubbio si faceva strada in lui, una specie di presentimento. Quell’impressione che sentiva non era basata su nulla che fosse stato detto o fatto, ma semplicemente sulla constatazione dell’enorme abisso che separava la civiltà della vecchia Middletown da una civiltà che aveva invece percorso tanto cammino, fra le stelle e le costellazioni, ed era andata così lontano che la Terra appariva del tutto dimenticata.
Si domandava in che modo quelle due culture così incredibilmente diverse avrebbero potuto comprendersi. Rimase a lungo a rifletterci, mentre osservava la folla che si disperdeva, e perfino il pensiero che fra poco i grossi generatori atomici si sarebbero rimessi in moto non riuscì a liberarlo dalle preoccupazioni.
L’equipaggio del Thanis arrivò a Nuova Middletown nel pomeriggio, e Kenniston, Carol insieme a tutti gli altri abitanti li videro insieme.
Erano una quarantina. Avevano un po’ l’atteggiamento abile ed efficiente dei marinai, che Kenniston aveva visto tante volte, ma i mari che questi solcavano erano le incalcolabili profondità dello spazio e avevano il viso abbronzato dai raggi di altri soli lontani. Venivano ora attraverso la polvere sollevata dal vento di questo mondo che li aveva generati, e li aveva perduti, e vi erano fra loro anche quelli ai quali aveva accennato Piers Eglin... gli strani figli di altri pianeti.
Kenniston aveva cercato di spiegare a Carol l’aspetto di questi esseri. Carol infatti non aveva visto, al disopra della folla, che la testa di Gorr Holl e le sue orecchie pelose; ella aveva supposto, come gli altri, che si trattasse di una specie di animale domestico. Kenniston non era tuttavia molto sicuro di essersi fatto capire a sufficienza dalla ragazza.
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