Delle persone scomparse, erano rimasti solo i piccoli mucchi di capsule dei denti, dentiere, occhiali, e tanti altri accessori artificiali, alcuni dei quali ovvi, altri che erano sempre stati accuratamente nascosti.
E non solo di esseri umani, ma c’erano tracce manifeste anche di animali. Vicino agli abiti di coloro che erano stati in preghiera nella Missione di Sudduth, si vedevano distintamente le impronte di tre cani che erano stati sorpresi dal cataclisma mentre stavano baruffando a un isolato di distanza dall’Ago.
Intorno allo stabile, le macchine rimaste improvvisamente senza guida sbandavano e si scontravano, mentre all’interno stavano ammucchiati in ordine sparso gli abiti dei loro proprietari e degli altri passeggeri.
Complessivamente trecentonovantacinque persone avevano passato la barriera dell’Ago.
PARTE SECONDA
Il Passaggio
Le luci si spensero e la sedia su cui stava seduto fu spinta via. Devan trattenne il fiato e questo gli fu utile quando, respirando, si trovò completamente sommerso dall’acqua. La sensazione che ne ebbe fu di terrore. Come in un incubo si sentiva mancare e non riusciva a venire a galla. Alla fine la ragione gli suggerì di stare calmo e di non dibattersi freneticamente. A poco a poco riuscì a venire a galla e a respirare aria fresca.
Quando si fu un po’ riavuto, si rese conto di quanto stava succedendo intorno a lui, sentendo urli di uomini e donne e i cupi singulti di coloro che andavano sotto. Sforzandosi di rimanere quanto più possibile sollevato dall’acqua, gli parve di scorgere lontano un lembo di terra.
In quel momento si sentì afferrare alla spalla da una mano, mentre un braccio gli stringeva spasmodicamente il collo e un respiro roco si faceva sempre più vicino al suo orecchio. Cercò di calmare l’essere accanto a sé, sentendosi tirare sotto e, quando i suoi occhi si furono un po’ abituati al buio che lo circondava, vide che la persona che gli si avvinghiava era Betty Peredge. Sentendo che lo stringeva convulsamente, la schiaffeggiò. Infine riuscì a calmarla, incitandola a rilassarsi.
Ogni tanto Betty si irrigidiva istintivamente e lo afferrava, poi, ricordandosi degli schiaffi, mollava la presa, abbandonandosi il più possibile.
Era terribile. Nuotavano verso una direzione imprecisata e Devan non poteva nemmeno rendersi conto di dove stessero andando, non potendosi sollevare a causa del peso di Betty.
Gli parve si sentire il rumore di onde che si frangevano contro una riva e intravide un cane che si dirigeva verso quella direzione.
Cercava di mettere in pratica il più scientificamente possibile tutti i movimenti del nuoto, affinché le sue forze durassero più a lungo. “Braccio, inspira, gambe, espira. L’altro braccio, espira. Dio, non abbandonarmi”.
Quanti secoli passarono prima che sentisse sotto i suoi piedi morbida e benedetta sabbia? Non lo sapeva. Spinse Betty da un lato e si abbandonò sfinito a stomaco in giù, le mani affondate nella rena, spossato, incapace di fare qualsiasi movimento per rialzarsi. Poi Betty si sentì male.
Devan era troppo debole per poterla aiutare. Lentamente si sentiva invadere da un senso di torpore, quasi di benessere. Dormire, ecco, desiderava dormire. Ma riuscì a imporsi di non farlo. Sarebbe stato fatale.
Così riuscì ad alzarsi un poco, spingendo Betty per un breve tratto.
Di colpo si rese conto che la donna era nuda. Poi vide che anche lui lo era. Seduti sulla spiaggia essi stavano immobili e ancora non avevano forza per parlare. Non si sentiva nessun altro suono, oltre lo sciabordare delle onde contro la riva.
Poi Betty sussurrò: — Che cosa è accaduto?
Devan mugulò: — Vorrei saperlo.
Si rialzarono, deboli e malsicuri. Betty lo circondò con un braccio per sostenersi, e Devan le cinse la vita.
Così uniti, si incamminarono lentamente lungo la spiaggia e giunsero in vista degli altri.
Alcuni si trovavano già sulla spiaggia, altri venivano sbattuti dalle onde sulla riva.
Proseguirono attraverso la spiaggia che si trasformò presto in una distesa di erba grassa. Vi si addentrarono con fatica, data l’altezza dell’erba, e si trovarono, poco dopo, in un piccolo bosco. Qui si fermarono. L’unico suono era quello del vento tra le foglie.
Betty rabbrividì.
— Freddo?
La ragazza annuì.
— Mettetevi giù.
Lo guardò preoccupata per un momento.
— Vi coprirò di erba sino a che sarete ben riparata.
— E voi?
— Mi arrangerò.
Betty gli si avvicinò con gli occhi spaventati e i capelli sciolti sulle spalle e sul seno, e prendendolo per un braccio: — Non lasciatemi sola — disse.
— Starò qui vicino.
— Ma io desidero che stiate accanto a me; morirò di paura se non potrò toccarvi per sentirmi sicura.
Così si stesero vicini, scaldandosi sotto uno spesso strato di erba grassa. Devan invidiò il sonno di Betty, per quanto gli facesse piacere sentire che lei aveva fiducia in lui.
Devan non riuscì a prendere sonno. Pensava che gli uomini lasciati, prima o poi li avrebbero trovati e allora…
Per tenersi sveglio, si costrinse a pensare. Dove si trovavano? E se tutta la gente passata attraverso l’Ago si trovava lì, ci dovevano essere anche Basher e i quattro poliziotti. Ma dov’erano? E l’Ago era una macchina che portava nel tempo? In quello passato o in quello futuro? E se era una macchina del tempo, che periodo del tempo era questo? Migliaia di domande gli si affacciavano alla mente, mentre stava disteso accanto a Betty, ma a nessuna riusciva a dare una risposta. Forse, si disse, si era a migliaia di anni prima di Chicago e dell’Uomo Bianco, ma che dire dell’Età Glaciale? I laghi erano formati dai ghiacciai. Non poteva essere questo il Lago Michigan in tutta la sua primitiva enormità, ridottosi poi, col passare degli anni, alle dimensioni che aveva nell’età da cui veniva?
A poco a poco questi pensieri gli conciliarono il sonno, mentre il giorno avanzava e il sole si rifletteva nelle onde che maestosamente si infrangevano a riva.
Si svegliarono che il sole era già alto, riacquistando, con una sensazione dolorosa alle ossa, l’intera coscienza della realtà da affrontare. Si destarono vicini e si guardarono a lungo con gli occhi spalancati, mentre la luce filtrava negli strati d’erba. Non si stava male.
Devan fu colpito dall’azzurro così profondo degli occhi di Betty, molto più intenso di quelli di Beverly. Inoltre negli occhi di Betty c’era sempre come una scintilla di segreta ironia. Mai aveva visto il suo volto così da vicino e rimase colpito dalla sua pelle liscia e dalle sue labbra così morbide anche al solo vederle. Mentre la guardava, Betty gli sorrise.
— Siete reale, non è vero? — lei gli sussurrò.
— Lo spero. Anche voi avete creduto a un sogno?
Betty annuì. — Avete cercato di muovervi?
— Sì, ma non ci sono riuscito, non sento le estremità.
— Forse staremmo più al sicuro standocene qui. — Socchiuse gli occhi che brillarono.
Era tiepida e lo guardava attentamente. Gli si avvicinò e lo baciò dolcemente sulla bocca. Poi si mise a sedere.
Lui la guardò rimanendo disteso, con una sensazione di calore sulle labbra.
— Come si sta? — chiese.
— Non è certo una giornata estiva — rispose, rabbrividendo al freddo del mattino. — Non vedo nessuno — aggiunse — non che ne provi desiderio.
Pure l’uomo si alzò a sedere.
Il cielo era azzurro e il sole più caldo di quanto pensasse. Poteva vedere il lago e il dolce pendio di una collina erbosa.
— Dove sono andati tutti? — chiese Devan.
— Forse sono tornati dall’altra parte dell’Ago.
Devan si sentiva intirizzito e non poté fare a meno di battere i denti, mentre osservava che le donne hanno uno strato supplementare di grasso che le ripara. Pensò che doveva essere proprio così.
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