— Non t’imbroglio — rispose Werry, impassibile. — È una faccenda seria.
— Sei sicuro che non fosse una pallottola abbandonata o qualcosa per spaventare gli uccelli o roba del genere?
— Era una bomba ad alto potenziale. Ne sai qualcosa, Starr? Perché se ne sai qualcosa…
— Ho preparato le spolette — rispose Pridgeon, asciugandosi il sangue sulla fronte. Ma Buck mi ha detto che erano solo…
— Buck ti ha detto di tenere la bocca chiusa. — Morlacher, fuori luogo in una vestaglia da camera di seta, apparve in cima a una scalinata in fondo all’ingresso e scese verso di loro. — Non hai abbastanza cervello da capire quando ti stanno fregando?
Werry si girò verso di lui. — Noi non freghiamo nessuno, Buck. L’hai messa tu la bomba?
— Naturalmente no. — Morlacher si fermò a scrutare il viso di Pridgeon, poi rivolse un sorriso incredulo a Werry. — Sei stato tu? Be’, allora hai perso un lavoro.
— Non è stato Al. — Pridgeon indicò Hasson. — Mi ha colpito quando non ero pronto.
Hasson annuì. — Non è stato pronto per quattro volte di seguito.
— Cosa sta succedendo qui? — chiese Morlacher, irritato, girando gli occhi fra Werry e Hasson. A cosa credete di giocare, voi due?
— Ti ho fatto una domanda, Buck. — La voce di Werry era ferma. — L’hai messa tu la bomba?
— Ti ho già risposto. Non so niente di nessuna bomba.
— Sul serio? — Negli occhi di Werry si accese una luce. — Be’, allora t’informo io. Ha dato fuoco al tuo stupido hotel.
Morlacher contorse la bocca. — Sei un bugiardo.
— Se hai un cannocchiale — rispose disinvoltamente Werry — puoi guardare dalla finestra e vedere il tuo hotel a spillo che si trasforma in un incendio a spillo.
— Devo andarci — disse Morlacher. La sua faccia era impallidita all’improvviso, e sulle guance spiccavano triangoli rossi. Si voltò, corse alla cassapanca di legno che serviva da attaccapanni e prese un corpetto AG.
Werry arrivò alla porta d’ingresso e vi si appoggiò di schiena, impassibile e sicuro sotto l’uniforme immacolata e i distintivi del suo rango di poliziotto, trasformato nell’uomo che un tempo Hasson aveva immaginato che fosse.
— Deciderò io dove devi andare — disse. — Dopo che avrai risposto alle mie domande.
— Tu, Al? — Morlacher continuò ad allacciare il corpetto. — Tu sei solo un buffone, e adesso non ho voglia di ridere. — Strinse la cintura del corpetto, fece un passo verso la porta, si fermò quando vide che Werry aveva estratto la pistola.
— Questa bomba, allora? — disse Werry.
— Adesso stai diventando un pessimo buffone. Non imbrogli nessuno con quell’aggeggio. — Morlacher ricominciò ad avanzare.
Werry schiacciò il grilletto. Non si udì nessun suono, perché l’arma espelleva i proiettili grazie all’energia elettromagnetica, ma un tassello volò via dal parquet, vicino al piede di Morlacher, e andò a finire dall’altra parte della stanza.
— La prossima volta miro al naso — promise Werry. — Allora, questa bomba…?
Morlacher respirò profondamente, dilatò tutto il corpo come risucchiando forza da una mitica fonte d’energia; poi, dentro di lui, si spezzò qualcosa. Il suo potere fu neutralizzato, la sua carica vitale scomparve. Morlacher rabbrividì e si fece più piccolo.
— Per amor di Dio, Al — piagnucolò — cosa vuoi combinarmi? Lasciami uscire. Devo andare all’hotel. — La bomba…
— Non doveva essere una bomba — rispose in fretta Morlacher, facendo cenni vaghi con le mani. — Non crederai che volessi procurare danni all’hotel, no?
— E allora a cosa doveva servire?
— Volevo solo fargliela vedere a quei maiali. Spaventarli, non farli più tornare. Adesso lasciami uscire, Al. Werry gli rispose di no con un movimento della pistola. — Che esplosivo hai usato?
— Era solo un vecchio pezzo di esplosivo al plastico che ho avuto da George York alla cava di Bettsville. — Esplosivo al plastico! Hai usato dell’esplosivo al plastico per spaventare dei ragazzi?
— Sì, ma l’ho tagliato a quadrettini piccoli.
— Piccoli quanto?
— Piccoli. Piccoli! Che altro vuoi che ti dica?
— Quanto pesavano? — urlò Pridgeon, balzando su dalla sedia. — Non mi hai parlato di queste bombe. Quanto pesavano?
— E come faccio a saperlo? — disse Werry, impaziente. — Quindici grammi. Venti grammi. Qualcosa del genere.
— Oh, Cristo — esclamò Pridgeon, girandosi verso Werry. — Al, ti giuro che non ne sapevo niente. Se nel Chinook c’è qualcuno, bisogna farlo uscire subito. Mi ha fatto preparare una ventina di spolette.
— Che tipo di spolette? — chiese Werry. — A orologeria?
— Spolette di prossimità, Al. Scoppiano appena uno gli arriva vicino.
Hasson, sorpreso, vide che Werry pensava agli aspetti tecnici di quanto gli avevano appena detto. — Ma come si fa a maneggiarle? Come fai a essere sicuro che non ti scoppino in mano?
— Ho usato anche dei meccanismi a orologeria. I circuiti entrano in funzione solamente di sera. — Pridgeon avanzò verso Werry, portando le mani alla faccia ferita come per tenerla assieme. — Al, non ne avevo idea.
— Indietro — ordinò Werry, gli occhi fissi su Morlacher. — Buck, quante bombe hai messo nell’hotel?
— Tutte. — La voce di Morlacher era spenta.
— E dove?
— Dappertutto. Una per ogni piano, e qualcuna in più nei punti dove ho trovato del cibo. Sai, dove quelli si fermano a mangiare.
— Ti ricordi i posti esatti? — Morlacher scosse la testa. — I piani dell’hotel sono tutti uguali, tutti vuoti. Dovrei andare a vedere di giorno.
— E così ci sei proprio riuscito, eh? — Werry schiacciò i comandi della radio da polso e l’avvicinò alle labbra. — Victor? Volevo parlare con Henry.
— Anch’io ho cercato di mettermi in contatto con lui. — La voce di Victor Quigg risuonava metallica e impaurita. — Il primo piano dell’hotel si è incendiato sul serio, Al. Si vedono le fiamme da terra. Se Henry non esce subito da quella finestra al secondo piano, sarà nei guai. L’incendio lo chiuderà dentro.
— Hai sentito altre esplosioni?
— Esplosioni? No, Al. Perché…?
— Victor, devi metterti in contatto con Henry — lo interruppe Werry. — Vai su con un megafono, ma non entrare. L’hotel è tutto minato. — Spiegò a Quigg la situazione nei particolari, ordinandogli di dire a Henry Corzyn di tornare alla finestra da cui era entrato seguendo esattamente lo stesso percorso.
— Vado subito — rispose Quigg. — E tu quando torni, Al?
— Presto. — Gli occhi di Werry, freddi e spietati, erano fissi su Morlacher. — Prima devo sistemare una faccenda.
— Usciamo — disse Morlacher con un tono che ricordava il suo solito comportamento, avvicinandosi alla porta. — Devo andare all’hotel.
Werry gli sbarrò la strada, scuotendo la testa. — Tu verrai al mio hotel, Buck. Ho un paio di stanze comunicanti prenotate per te e per Starr.
Morlacher gli puntò contro un indice tremante. — Hai perso un buon lavoro.
— Per la seconda volta in una sola serata — disse Werry, calmissimo. Tolse di tasca un rotolo di cerotti poliadesivi e lo gettò ad Hasson. — Dietro la schiena, Rob, se non ti spiace. Non voglio correre rischi.
Hasson annuì. Si avvicinò a Morlacher e gli unì le mani dietro la schiena. Tolse la carta di protezione da un cerotto blu, lo sistemò fra i polsi di Morlacher e poi li spinse l’uno contro l’altro, creando un legame indissolubile. Pridgeon si sottopose allo stesso cerimoniale quasi di buonagrazia, per dimostrare che credeva nella collaborazione con la giustizia.
— Adesso possiamo andare — disse Werry. Spalancò la porta d’ingresso, rimettendo in comunicazione l’interno della casa con l’universo esterno, e questa volta l’Hotel Chinook fu immediatamente visibile: ardeva, a sud, come un pianeta rosso colpito dalla sventura.
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