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Vernor Vinge: Naufragio su Giri

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Vernor Vinge Naufragio su Giri

Naufragio su Giri: краткое содержание, описание и аннотация

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Come il pianeta Tschai della celebre quadrilogia di Jack Vance, anche Giri non scherza: creato fin nei minimi dettagli dalla fantasia di Vernor Vinge, è un mondo pittoresco e avventuroso popolato da una miriade di razze e tribù bellicose, alle quali non è per niente facile inculcare il concetto di Pax Galattica. Ma questo sarebbe niente se almeno su Giri ci fosse una remota possibilità di sopravvivenza… Invece: sostanze velenose e piante poco raccomandabili, complotti di corte e intrighi tribali, violenze e pericoli, guerre e sacrifici. I due terrestri sbarcati su questo mondo pazzesco per una spedizione scientifica, e costretti a restarvi loro malgrado, si accorgeranno che c’è poco da stare allegri soprattutto quando, per tentare l’unica via di fuga, dovranno partecipare a un piano sanguinoso e assecondare la volontà di un principe folle.

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Biault aveva abbassato lo sguardo sulla giovane donna ferita. Senza il suo intervento nella fase finale di discesa della scialuppa, Thredhegar Bre’en li avrebbe probabilmente uccisi tutti, dopo aver messo fuori combattimento Samadhom con i calci. Ma Yoninne aveva pagato un prezzo molto alto per salvare le loro vite. I tessuti del suo cervello erano stati strappati e rimescolati dalla violenza teletrasportante e sanguinaria di Bre’en. Era davvero un miracolo, per quanto lo si potesse considerare tale, che il suo corpo continuasse a vivere.

Sulla stanza era sceso il silenzio, e Pelio l’aveva spezzato con una domanda. — Riuscirà… a tornare come prima? — Sembrava una supplica.

— Altezza, sapete quanto sia raro che una persona venga ferita ma non uccisa da un attacco di kengaggio. In quindici anni di guerriglia con il Popolo del Deserto, l’ho visto succedere solo quattro volte. In tre casi la vittima è morta dopo poche ore. Nel quarto caso… be’, il ferito si è spento lentamente, ed è morto senza riprendere conoscenza.

Il medico non possedeva conoscenze teoriche, ma Ajao capì che probabilmente aveva ragione. Il corpo di Yoninne poteva morire in fretta, come una macchina senza pilota, oppure continuare a funzionare fino a spegnersi per inedia. Nel primo caso, il salto fino all’isola di Draere non avrebbe peggiorato la situazione. Nel secondo, anche lei aveva tutto da guadagnare da quel viaggio. Draere aveva lasciato senz’altro un corredo di pronto soccorso nella stazione telemetrica. Era la prassi normale per le basi che si pensava di visitare ancora in futuro. Avrebbero trovato medicine, e forse anche il necessario per un’alimentazione via endovena. Lui stesso sarebbe stato in grado di tenere in vita Yoninne fino all’arrivo dei soccorsi, fino a quando i medici competenti avessero potuto compiere ogni sforzo per resuscitare la sua mente.

Il pensiero riportò Ajao al presente e alla domanda di Lan Mileru, che lo fissava in attesa di una risposta. — La donna ferita compirà il salto, con me e con il principe Pelio.

Furono interrotti da una serie di spruzzi. Dalla polla di transito della stanza emersero due uomini con il gonnellino azzurro della contea. — Signori — annunciò uno dei due — il Conte di…

Prima che avesse il tempo di arrivare alla parola “Tsarang”, Dzeru Dzeda era già balzato fuori dall’acqua.

— Ciao, Lan — salutò il conte, congedando i servi con un cenno. Era un Azhiri alto, con la pelle grigia, scura quasi come quella di Thengets del Prou. Bjault non faticò a indovinare che quell’uomo aveva più di un antenato in comune proprio con quel Popolo del Deserto che rappresentava il nemico tradizionale delle sue terre. Il nobile era stato per lui una vera sorpresa. La Contea di Tsarang costituiva solo un’appendice del Regno d’Estate e Ajao si era aspettato che l’uomo che la governava fosse altezzoso e formale, come il prefetto di Bogdaru, oppure cauto e intimidito come il console di Grechper. Dzeda non era né l’uno né l’altro. A quanto sembrava, la carica non rappresentava in alcun modo un esilio dalla corte di Tutt’Estate, dato che la sua famiglia governava già quelle terre anche prima che il Regno d’Estate vi estendesse la sua influenza.

Il conte attraversò la stanza per salutare Pelio e Bjault, con una certa cortese irriverenza. — Avrei voluto raggiungervi prima, ma sono stato chiamato sulla Linea Orientale. Sapete? Credo che il Popolo delle Nevi abbia ammassato almeno metà del suo esercito nei laghi di transito vicino al confine. Non ho mai visto niente del genere. Scommetto che persino i loro alleati del Deserto ne sono spaventati a morte. Accusano voi due e la ragazza ferita di aver cercato di assassinare il Re Tru’ud e chiedono la vostra immediata estradizione. Mi sono offerto di consegnare Bre’en, al posto vostro, ma la proposta è servita solo a irritarli di più. Dicono che terranno bloccata la Strada Insulare finché non cederemo alle loro richieste.

— Se vi dichiarano guerra avrete la Corporazione dalla vostra parte — assicurò Lan Mileru. C’era la solidità dell’acciaio nella sua vecchia voce tremula. — L’ultimo gruppo etnico che si è messo contro la Corporazione non esiste più.

— Lo so — rispose Dzeda. — Ed è appunto quello che ho fatto presente anche a loro. Ma devono essere ridotti alla disperazione. — Si girò e soppesò Ajao con lo sguardo. — E credo anche di saperne il perché. Non si tratta solo di qualche ammaccatura sul gonnellino del vecchio Tru’ud…

“Era un marchingegno davvero molto interessante quello con cui siete arrivati qui in volo stamattina, caro Adgao. Da certe ammissioni strappate a Bre’en, mi sembra di capire che è possibile duplicarlo. Pensate: con quei piccoli oggetti volanti i pellegrini non dovrebbero più arrischiarsi ad attraversare in barca nemmeno il più piccolo tratto di mare aperto. E i soldati potrebbero penetrare in territorio nemico senza nemmeno appoggiare un piede a terra. Quali altri segreti nascondete tu e la ragazza, Adgao? Sono sicuro che il Re delle Nevi vi ritiene capaci di rendere il suo popolo più forte della stessa Corporazione.” — Inclinò la testa di lato. — Ne sareste davvero in grado?

Ajao si sforzò di ignorare il crampo che gli lacerò all’improvviso le viscere. — Non da soli, in ogni caso — rispose. — Forse, se il mio popolo e il vostro potessero incontrarsi, potremmo insegnarci a vicenda un paio di cose.

— Già. — Dzeda si lasciò cadere sulla panca imbottita che correva attorno al tavolo delle mappe. — Immagino che avrete riferito a Lan le vostre avventure — proseguì, rivolto a Pelio. — E che gli avrete parlato di quel piano suicida di rengarvi attraverso l’oceano.

L’anziano Corporato sorrise. — C’è di più, caro Conte. Intendo collaborare con loro.

— Ma come!

— Avete capito bene — confermò Mileru. Indicò l’isoletta di Draere sul planisfero che avevano davanti. Si trovava a tre quarti dell’intera lunghezza dell’equatore, dalla Contea di Tsarang. — Li teletrasporterò laggiù non appena lo vorranno.

— Fulmini e saette, Lan. La loro pazzia ti ha contagiato! Sono più di centoventicinque leghe… e un salto di quattro leghe è già sufficiente a mandare in pezzi lo scafo della più solida nave da strada! Non possiamo neanche rengare le capsule dei messaggi, per più di venti leghe, se ci teniamo a conservarne intatto il contenuto. — Per poco non cadde dalla panca, tanto era agitato.

La sua costernazione parve divertire il Corporato. — Eppure, Dzeru, sono stato convinto che la loro impresa meriti almeno un tentativo. — Gli porse la lettera di Prou.

Dzeda la sventolò in aria, prima di metterla da parte. — Be’, se voi tre siete così ansiosi di andarvi a spiaccicare contro quella macchiolina di fango sperduta nell’oceano — brontolò rivolto ad Ajao — perché mai vi siete presi il disturbo di venire fino alla Contea di Tsarang? Perché non vi siete fatti rengare da qualche Corporato direttamente dal Palazzo d’Estate? È meno lontano dall’isola di quanto non lo sia Tsarang. E ci sono posti ancora più vicini, nel Regno delle Nevi. Scommetto che se partiste da Ga’arvi andreste a stamparvi a destinazione con sufficiente “delicatezza” da rendere possibile il riconoscimento dei corpi.

Ajao sorrise del suo sarcasmo. — Abbiamo scelto la vostra Contea per una ragione precisa, mio Signore. Se effettuiamo il salto da qui, all’arrivo verremo lanciati verso l’alto. — La faccenda non era particolarmente difficile, da visualizzare. Bastava immaginare il pianeta in rotazione intorno al suo asse come una grossa giostra sferica nello spazio. Il Palazzo d’Estate era solo novanta gradi a est dell’isola di Draere. Se avessero saltato da lì, si sarebbero schiantati al suolo subito dopo essere emersi a destinazione. Ga’arvi era in una posizione migliore, pur con lo svantaggio di trovarsi all’interno del Regno delle Nevi. Rengarsi fino alla stazione telemetrica sarebbe stato come saltare dal centro della giostra direttamente ai bordi: sarebbero arrivati spostandosi verso occidente, quasi alla velocità del suono. Yoninne aveva scartato quella soluzione con uno dei suoi commenti spicci. — Chi è disposto ad atterrare di pancia alla velocità di un Mach?

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