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Vernor Vinge: Naufragio su Giri

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Vernor Vinge Naufragio su Giri

Naufragio su Giri: краткое содержание, описание и аннотация

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Come il pianeta Tschai della celebre quadrilogia di Jack Vance, anche Giri non scherza: creato fin nei minimi dettagli dalla fantasia di Vernor Vinge, è un mondo pittoresco e avventuroso popolato da una miriade di razze e tribù bellicose, alle quali non è per niente facile inculcare il concetto di Pax Galattica. Ma questo sarebbe niente se almeno su Giri ci fosse una remota possibilità di sopravvivenza… Invece: sostanze velenose e piante poco raccomandabili, complotti di corte e intrighi tribali, violenze e pericoli, guerre e sacrifici. I due terrestri sbarcati su questo mondo pazzesco per una spedizione scientifica, e costretti a restarvi loro malgrado, si accorgeranno che c’è poco da stare allegri soprattutto quando, per tentare l’unica via di fuga, dovranno partecipare a un piano sanguinoso e assecondare la volontà di un principe folle.

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Ma se si seguiva il continente da Ga’arvi all’istmo di Tsarang, la situazione migliorava. Con un salto da Tsarangalang, per esempio, sarebbero arrivati nell’isola di Draere a una velocità di oltre un chilometro al secondo, ma tutta quella velocità sarebbe stata dirottata verso l’alto di almeno 23 gradi. L’unico punto in entrambi gli emisferi in grado di permettere un salto migliore era la costa orientale dell’istmo, ma si trovava sotto il controllo del Popolo del Deserto. E inoltre non c’era nessun Corporato sul posto.

— So bene che la nostra barca può sempre andare a cozzare contro qualcosa di imprevisto — proseguì Bjault. — Magari una parete di roccia, o il fianco ripido di una collina… Ma non ci è permesso nessun tentativo migliore, data la conformazione dei continenti di Giri.

Dzeda scosse la testa, niente affatto rassicurato. — No. Morirete in ogni caso. Non vi rendete conto che l’aria può anche assumere la consistenza della roccia, alle altissime velocità? Ho visto uomini e navi da guerra raggiunti da colpi d’aria rengata da oltre sessanta leghe. Gli uomini erano ridotti in poltiglia e le navi a legna minuta da ardere. La vostra nave può anche essere particolarmente solida, ma niente è in grado di resistere a simili pressioni.

Ajao abbozzò un’obiezione, ma il conte alzò la mano. — Lasciatemi finire. So che Shozheru ha sospeso l’esecuzione della pena capitale, in cambio di questa impresa. Se non riuscirete nel tentativo di portare a termine il progetto, lui vi farà giustiziare. Ma siete nella Contea di Tsarang, adesso. Eravamo uno stato indipendente già prima che nascesse anche solo l’embrione del Regno d’Estate. A palazzo possono anche chiamarmi conte, e vassallo, ma qui le cose sono diverse. Sono disposto a offrirvi segretamente asilo, e a riferire a corte che il progetto è stato portato a termine. — Si rivolse al principe. — Francamente, credo proprio che tuo padre contasse precisamente su questo, quando ha accettato di farti partire, caro Pelio. È probabile che i suoi consiglieri siano uomini di ghiaccio, ma lui no.

— Allora? Accetterete di fermarvi?

Ajao rimase in silenzio. Per lui e per Yoninne non c’era scelta. Se non fossero riusciti a raggiungere la stazione telemetrica di Draere e a chiedere l’invio di una nave di soccorso da Novamerika, sarebbero morti. E molto presto, anche. Incominciava già ad avvertire gli stessi dolori e la stessa debolezza che lo avevano assalito a Grechper.

Pelio, invece, aveva una scelta. L’offerta di Dzeru Dzeda lo liberava finalmente dalla trappola mortale in cui Ajao, Prou e Yoninne lo avevano coinvolto suo malgrado. Forse, alla resa dei conti, le loro macchinazioni non gli avrebbero rovinato per sempre la vita.

Ma il giovane principe spostò lo sguardo da Bjault a Dzeda e infine scosse lentamente la testa. — Voglio rimanere con… Voglio dire, partirò con Adgao e Ionina.

Il conte lesse il rifiuto anche sul viso dell’archeologo. Increspò le labbra e per un attimo sembrò concentrato in un accurato esame del pavimento attorno ai suoi piedi. Infine abbozzò un sorriso e tornò a fissare Bjault. — Be’, almeno ci ho provato, buon witling. Non capirete mai quanto sia spaventato. Mi fa paura quello che può succedere se cadrete in mani nemiche e mi terrorizza ciò che potrebbe farci la vostra gente se voi li riporterete qui di nuovo. La nostra razza ha sempre contato sul proprio Talento naturale per sopravvivere, voi invece avete dovuto sopperire alla mancanza di Talento con l’ingegno e l’inventiva. In qualche modo, sospetto che questo vi abbia fatto progredire molto più di quanto noi possiamo immaginare.

Bjault si sentì gelare il sangue. Se lo avesse voluto, quel nobile apparentemente insignificante avrebbe anche potuto distruggere la loro ultima speranza di salvezza.

Ma Dzeda balzò in piedi, e il suo atteggiamento ridivenne allegro. — Ma, che cosa volete? Sono dominato da un cuore tenero. E da una grande curiosità. Se il vostro folle progetto funziona, è probabile che il futuro diventi davvero molto interessante. — Si diresse a grandi passi verso la polla di transito. — Offri loro tutto quello di cui hanno bisogno, Lan — ordinò, da sopra la spalla. — Torno per qualche ora sulla Linea Orientale, a tenere d’occhio i nostri sgradevoli vicini.

Dalle ampie finestre della residenza del conte, Ajao ammirava le fasce verdi e arancione che il sole al tramonto aveva steso a ovest sull’oceano, mentre le montagne a est erano poco più scure del cielo. La tiepida luce azzurra del crepuscolo, che inondava i giardini attorno all’edificio, era infinitamente più gradevole del rigido chiaroscuro che avevano dovuto affrontare nei viaggi attraverso i poli.

Bjault scrollò la testa, cercando di concentrarsi sul paracadute di fiberene steso attorno a lui. La tentazione di mollare tutto, e di concedersi un po’ di sonno, era quasi irresistibile. Ma sapeva che parte di quell’affaticamento non era naturale. Ogni volta che si sorrideva allo specchio, vedeva la linea azzurra che contornava le gengive. Il dolore alle viscere peggiorava costantemente, come era già successo a Grechper. Questa volta, però, avrebbe potuto non riprendersi dall’attacco. Se non effettuavano il salto al più presto, lui rischiava di stare troppo male per guidare la scialuppa all’atterraggio, una volta raggiunta l’isola di Draere.

Gli uomini di Dzeda avevano portato la scialuppa nella sala del palazzo riservata alle riunioni. Ora era lì, sul pavimento di marmo, contornata dal tessuto color oliva del paracadute. Pelio e gli altri lavoravano febbrilmente per rimuovere ogni frammento estraneo dal fiberene.

Il ripiegamento del paracadute, tuttavia, era qualcosa che solo lui, Ajao Bjault, era in grado di fare. L’operazione era complicata. Ogni singola banda mobile della cupola doveva essere sistemata a dovere e anche il più piccolo errore sarebbe risultato fatale. I minuti passarono e il dolore nelle sue braccia stanche divenne un fuoco pulsante e insopportabile. Ebbe bisogno dell’aiuto di Pelio per comprimere la massa che aveva ripiegato.

Qualche tempo prima, nel pomeriggio, Ajao aveva preso brevemente in considerazione un progetto che non richiedeva tanto dispendio di energie. Se avessero trovato un volontario Tsarangi, forse avrebbero potuto far volare la scialuppa sull’oceano, proprio come Bre’en l’aveva fatta volare sopra le montagne. Ma l’isola di Draere era lontana circa ventimila chilometri, e Lan Mileru aveva osservato che nemmeno una squadra di due o tre teletrasportatori sarebbe riuscita a tenere in alto e a sospingere la scialuppa per le centinaia di ore necessarie a coprire una simile distanza.

Così, ci si doveva attenere al progetto originale. Lan li avrebbe teletrasportati oltre l’oceano in un unico salto e loro sarebbero stati scaraventati nell’aria sopra l’isola di Draere a più di un chilometro per secondo, una velocità sufficiente a squarciare e ridurre in brandelli qualsiasi paracadute di fiberene. Così, avrebbero atteso che la loro velocità scendesse ben al di sotto di un Mach, prima di espellere il paracadute e di tentare un atterraggio dolce.

All’improvviso Bjault si fermò a fissare con aria dubbiosa la pila di tessuto davanti a lui. Aveva perso il filo. Che cosa doveva fare, a quel punto? Nel Palazzo d’Estate aveva costretto Yoninne a spiegargli ogni particolare dell’operazione e a mostrargliela passo per passo. Lei aveva considerato la richiesta come uno spreco di tempo, ma ora il ricordo di ciò che aveva visto era la sua unica guida.

Yoninne, ragazza mia, darei qualunque cosa perché tu fossi qui a imprecare contro di me. Insieme avevano formato una squadra imbattibile, e soltanto adesso se ne rendeva conto. Ogni volta che lui aveva avuto una buona idea, Yoninne era stata capace di mettere a punto ogni dettaglio per farla funzionare.

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