Raphael Lafferty - Maestro del passato

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Maestro del passato: краткое содержание, описание и аннотация

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Il “migliore dei mondi possibili” è Astrobia, pianeta costruito sul modello dell’Utopia, dove agi e ricchezze sono a disposizione di chi li vuole. Ma proprio quando il sogno sta per realizzarsi ecco scoppiare una crisi inspiegabile: perché la gente volta le spalle al benessere e sceglie di vivere nel pericolo, negli stenti? I capi di Astrobia non lo sanno, e decidono di chiedere aiuto al passato, cercando nella Storia un leader che possa salvare la loro civiltà perfetta. Inizia così uno dei romanzi più ironici e profondi degli ultimi anni. Un’opera inesauribile, allegorica e umana, che mostra realtà e sogno, mostri e astronavi, assassini meccanici e individui programmati. Un futuro di paria e di dominatori, dove il sublime si alterna al mediocre e dove sovrastano sulla scena figure misteriose: il Rimrock, la creatura oceanica, Evita, la strega bambina, e soprattutto il fondatore e insieme il più grande avversario dell’Utopia: Thomas More, il “Maestro del passato”.
Nominato per il premio Hugo in 1969.

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Dopo di ciò stapparono la nostalgica bottiglia di vecchio rum e fecero una veglia funebre per Thomas More, l’uomo che sarebbe morto il giorno dopo. Grazie alla bottiglia, divennero molto gioviali e faceti: i sentimenti più neri se n’erano un po’ andati, ed essi ritornavano a pensare di poter sopravvivere come uomini. Questa era una cosa che i Programmati non potevano fare: essi non diventavano gioviali e faceti, e non celebravano veglie funebri. E inoltre i Programmati non capivano affatto lo humor macabro.

Non avrebbero mai capito la barzelletta di Paul sul cadavere balbuziente. Sarebbero rimasti perplessi nell’udire la storiella di Shanty sull’affare concluso tra il porco e il venditore di parafulmini, e su come l’ignoranza della scrofa mancò poco di ucciderli tutti e due. E la storia di Maxwell sulla signora appena morta: la sua anima stava ancora in zona deserta quando finì intrappolata in un branco di muli carichi fino a scoppiare; il mulattiere le mise una sella e la cavalcò lui stesso. Tutto questo li avrebbe lasciati freddi.

E tuttavia l’attenzione dei Programmati era particolarmente concentrata su di loro. I monitor di profondità entravano in funzione non appena otto o più cittadini s’incontravano in qualsiasi parte dell’Astrobia civile. Avevano localizzato il gruppo nel momento in cui Rimrock era entrato, l’avevano abbandonato quando Battersea era uscito, per riafferrarlo un’altra volta quand’era arrivato il ragazzo Adam. I monitor erano automatici, e registravano e interpretavano qualsiasi cosa, nel corso dei loro interventi. E qui stava il loro problema.

Non riuscivano a tirar fuori alcun senso dalle storielle. S’innestarono nel Decifratore, e poi nel Decifratore Supremo. Ma nessuno di questi due grossi dispositivi programmati riuscì a decifrare il messaggio in codice. Non riuscivano assolutamente a capire quali informazioni in cifra si nascondessero nelle storielle.

Il ragazzo Adam raccontò la storia dei primi esseri umani che avevano messo piede su Astrobia, millecinquecento anni prima della data che si trova sui libri di Storia. Per tutti i santi! era stato lo stesso san Brandano in un coracle di giunchi tondo come una tinozza. Era andato alla deriva sul Mar di Stoimenof, spingendo la barca a forza di braccia, inzuppandosi dalla testa ai piedi e svuotando continuamente l’acqua a secchi; ma aveva cominciato il suo viaggio nell’Atlantico del Nord, sulla Vecchia Terra, e immaginava di trovarsi ancora sulle stesse acque, dal momento che non le aveva mai lasciate.

Usci dalla barca non appena questa fu sbattuta sulla terraferma, e diciannove monaci irlandesi dalla testa lucida lo seguirono sulla spiaggia, smontando a loro volta. Dapprima non incontrarono anima viva, a parte qualche lepre pellegrina, che però non serviva molto a illuminarli. Ma san Brandano e i suoi diciannove monaci incominciarono a prender nota di qualsiasi cosa capitasse loro sotto gli occhi, in questa nuova terra.

Così, disegnarono delle eccellenti mappe su pergamena, con un’esatta descrizione delle piante e degli animali, e naturalmente della nuova terra. Tracciarono il profilo di ogni baia, di ogni insenatura, dove il Mar di Stoimenof si spezza in dozzine di estuari, fra quelle che oggi sono chiamate Wu Town e Cathead. Stupende mappe corredate da descrizioni estremamente dettagliate.

Poi ritornarono sul coracle e alzarono la vela, che non era più grande di uno scudo. E in novantanove giorni furono di ritorno nella Baia di Dingle, da dove avevano iniziato il loro viaggio.

Gli altri esploratori che si avventurarono nell’Atlantico del Nord, sulla Vecchia Terra, non riuscirono a trovare nessuna costa del genere, e dissero che san Brandano aveva mentito. Ma il bravo santo non aveva mentito. Quegli esploratori avevano usato barche con la prora, capaci di mantenere la rotta, e non un coracle bello e rotondo che può essere guidato soltanto dalle preghiere e dai digiuni, e che con molta probabilità riesce ad arrivare molto lontano, perfino fuori della Terra.

Questa era la storia del ragazzo Adam; e il Decifratore Supremo si ruppe la schiena per decifrarla e giungere al suo significato nascosto, ma non ci riuscì. Non era il tipo di cifrario che si può incontrare ogni momento.

— Ottimo, questo rum — disse Rimrock l’ansel.

George il siriano raccontò come vanno le cose ogni volta che finisce il mondo. — L’unica cosa che rimane quando il mondo è finito — disse, — sono un siriano e una duna di sabbia. Tutte le altre caratteristiche del mondo sono cancellate dalla catastrofe finale. Poi, ci sono quei tremendi istanti, o milioni di anni, durante i quali niente si muove. Un istante o un milione di anni sono la stessa cosa, quando niente si muove. Poi il siriano va dietro la duna e trova un dromedario; e insieme ricostruiscono il mondo.

«Questa è la versione originale della Genesi. È così che il mondo ricomincia tutte le volte. Sentirete anche delle storie su un uomo e una donna, o su una tartaruga che innalza il cielo sopra la terra. Non credeteci! Ogni volta che il mondo ricomincia, ci sono un siriano e un dromedario. A dire il vero, io non so cosa sia un dromedario, non so cosa sia una duna di sabbia, e non so neppure cosa sia un siriano. Credo che mi abbiano appioppato questo nome perché ho una specie di becco al posto del naso. Il mondo finirà di nuovo domani. State attenti, se vedete un siriano e una duna. Se il siriano va dietro la duna, c’è speranza; se non lo fa, o se non ci sono né il siriano né la duna, allora vuol dire che il mondo è stato fregato una volta per tutte.»

Al Decifratore Supremo le valvole si fulminarono proprio mentre George stava raccontando la sua storia. Non era, probabilmente, un guasto grave, ma ci sarebbero volute parecchie ore per far funzionare nuovamente i Decifratori. Perciò la sorveglianza cessò. Non c’era ragione di controllare quello che neppure i Decifratori riuscivano a decifrare.

— Ottimo, questo rum — disse Evita.

Foreman? Fabian Foreman? Che cosa faceva lì? Era uno dei Grandi. Da quanto tempo era seduto fra loro?

— Non stupitevi — disse Foreman. — Non passo attraverso le pareti, come fa Copperhead. Non ho strani poteri, a parte quelli che cominciano ad apparire in molti di noi, su Astrobia. Io sono il proprietario di questo edificio, come anche di tutti gli altri edifici che si affacciano su Piazza Centralità. Ho i miei mezzi per entrare in ciascuno di essi. Mi sono rifugiato qui per evitare la folla, là fuori. In quest’ultima ora la gente di Cosmopoli, e forse anche quella delle altre grandi città di Astrobia, ha cominciato a riversarsi nelle strade. Una carnevalata come questa non la facevano da secoli. Pensavamo tutti che il letargo dorato fosse ormai troppo profondo, che nulla li avrebbe scossi. E invece rieccoli qui, pieni di vita. Però, adesso che sono qui dentro, mi accorgo che mi manca il chiasso e il colore della folla. Ti cresce addosso. Usciamo in piazza e uniamoci a loro! Così Evita potrà andare da Thomas e assicurarlo che tutto va per il meglio, e che i fulminei guerriglieri di Battersea lo salveranno dalla lama domani a mezzogiorno. E che sarà ancora re. Più tardi, verso l’alba, andrò anch’io a parlargli per l’ultima volta.

Uscirono tutti sulla piazza. La gente si azzuffava allegramente per le strade. Chi si sarebbe mai immaginato che cose simili potessero ancora accadere nella civile Astrobia? Questi non erano gli sputasangue di Cathead e del Barrio. Non erano neppure quelli della terra di mezzo, dell’ambigua Wu Town. Era la popolazione civilissima della stessa Cosmopoli. Era un autentico carnevale, suddiviso in diverse fazioni bellicose e spiritate, e stava trasformandosi in una vera e propria mascherata. Si spaccavano teste e la gente rideva come mille anni prima. Quelli dell’«Esilio e Aldilà» sventolavano gli stendardi mentre gruppi di oppositori con striscioni con o senza motto piombavano su di loro, facendo esplodere tante piccole risse separate. La fazione del «Sacco e Cenere» marciava ridendo e scherzando. Il nuovo Metropolita, appena eletto (o autoeletto) aveva interdetto l’intero mondo di Astrobia finché tutti non avessero fatto penitenza, rispettando certe particolari condizioni; nuovi gruppi si formavano, intonando canzoni sull’argomento. Alcune grandi signore di Astrobia, travestite da vecchie megere, vendevano teste candite e teschi in onore della decapitazione del giorno dopo. Arieti lanosi, scovati da qualche parte, venivano messi allo spiedo e arrostiti sui falò: cinquanta persone si disputavano ogni carcassa, facendola a pezzi per divorarla mezzo cruda e mezzo bruciata. La festa dell’ariete lanoso da trecento anni non si celebrava più su Astrobia, e soltanto gli appassionati di Storia ne conoscevano l’esistenza.

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