— Gran brava persona. Io lo amo e lui ama quelle — disse Evita. — Se non sapessi che morirà prima di me, gli lascerei anche le mie.
Ma c’era anche un altro tipo di budella che si stendeva davanti a loro. Si erano concretizzate alle prime luci del tramonto, ed essi si saziarono della loro vista, come di sidro. Erano le budella del pianeta sotto di loro. Erano le Terre Incolte, le Coltivate, e la fascia delle Grandi Città. C’era l’Astrobia verdenera delle fasce incolte che avevano appena attraversato, e l’Astrobia dorata delle terre coltivate. C’erano le grandi città dorate a brevi intervalli l’una dall’altra, e la nera Cathead, e il grigio Barrio. E tutto era colossale!
Il braccio di mare che cullava Wu Town, e si frammentava in un groviglio di estuari e di canali proprio sotto Cathead, era un mostro nero azzurro e verde, che si contorceva possentemente ed era punteggiato di colossali raccoglitori marini. C’era Cosmopoli che si ergeva alta e immensa, circondata dal più intenso degli aloni dorati: il cuore dell’Astrobia civile.
— La Torre delle Riparazioni che vedete sull’orlo della città, verso est, è il più alto edificio di Cosmopoli — disse Evita. — è stata costruita circa cent’anni fa da un mio figlio che era Presidente. Si è comportato assai male e (nonostante la Torre delle Riparazioni) non ha offerto abbastanza riparazioni. Ho sempre avuto sfortuna con i miei figli che sono stati Presidenti del Mondo. E non nutro molte speranze neppure per il mio figlio adottivo, Thomas.
— Che mocciosa impertinente — disse Thomas a Paul e al monaco. — Ma la sua età è davvero così fuori della norma?
— Non lo so, Thomas — rispose il monaco. — Trentacinque anni fa, quando la vidi per la prima volta, aveva apparentemente la stessa età di adesso. Devi tener presente che quasi tutto è possibile.
— E devi anche tener presente che racconta un sacco di frottole — aggiunse Paul.
Si poteva quasi percepire come le terre incolte sostenessero l’Astrobia coltivata e le sue dorate città, contrapponendo la loro ecologia e riottenendo l’equilibrio. I muscoli, i nervi e le arterie del pianeta diventavano visibili da quell’altezza. Si poteva vedere il cancro nero di Cathead divorare il terreno circostante, espandersi nel mare e contaminare l’aria. E tuttavia, come aveva detto il monaco, l’Astrobia civile era solo un sottile fungo dorato spumeggiante che cresceva su una porzione della crosta del pianeta. Bastava che l’antica, sferica bestia desse un brivido, e tutto sarebbe scomparso. E quella, era proprio una serata da dare i brividi.
Il Monte Elettrico poteva essere scalato: bastava essere un po’ prudenti, non perdersi di coraggio e possedere buoni muscoli. Ma sarebbe mai stato possibile scalare il Monte Corona, tutto picchi e strapiombi, che dava sempre l’impressione di essere sul punto di crollare? O il Monte Magnetico? Cielo! ma provate soltanto a guardarlo, quel picco! O la Montagna Dinamo (la femmina di quella gigantesca mitologia, mentre gli altri tre erano maschi), la più alta di tutte. Chi mai l’avrebbe scalata? Le quattro cuspidi erano note come le Montagne del Tuono, un massiccio da mozzare il fiato.
All’interno del quadrato irregolare che si stendeva tra le montagne, il territorio era così inospitale che, al confronto, il resto della zona incolta sembrava addomesticato. Era un paesaggio ondulato nel quale si aprivano abissi improvvisi e profondi, e ingannevoli pendii che si trasformavano in pareti scoscese e mortali. Era il prototipo del paese degli incubi, dove tutto era più grande e mutevole: i massi rocciosi si accavallavano gli uni sugli altri e le creste salivano a picco in file successive fino a perdersi sui contrafforti delle vette maggiori. E ora, mentre le tenebre si addensavano intorno a loro, tutte le cime circostanti si stagliarono contro il cielo, circondate da una luminescenza blu elettrica.
— Ti solleva l’anima — bisbigliò Thomas, quasi incredulo.
— Sii prudente, mio piccolo Thomas — lo rimbeccò Evita. — Cos’ha a che fare questo «Ti solleva l’anima» con la dorata mediocrità di Astrobia? con la benedetta uguaglianza intellettuale? E l’anima, Thomas, non è solo un’oscenità e una superstizione, a parte qualche ora al mattino?
— Non stuzzicarmi troppo, mocciosa impertinente. Penso e dico come mi pare e piace, e i limiti so imporrmeli da me. Tuttavia, capisco fin d’ora che, una volta Presidente del Mondo, dovrò costringere certi miei elevati sentimenti a livelli assai più bassi. Eccitano troppo la fantasia.
— Già, Thomas, tu ordinerai alle montagne di accucciarsi a terra, come cagnolini — ribatté il monaco, — e ai lampi di ritornare nel fodero. Non sai che anche queste cose fanno parte dell’equilibrio ecologico d’Astrobia? I sentimenti elevati fanno presa soltanto su poche persone; la gran massa li rigetta. E per mantenere l’equilibrio in questo luogo bastano soltanto poche persone. Le persone che nutrono quei sentimenti elevati sono considerate bestie tra le bestie, cioè semplicemente parte dell’equilibrio animale delle terre selvagge. Anche il grande lampo di queste montagne (del quale avrai presto motivi di stupirti) è considerato un servizio pubblico. Viene ingabbiato e spedito nella Dorata Astrobia, sotto forma di azoto disciolto nella pioggia, e arriva per via naturale ai consumatori. Tutto qui… dal tuo punto di vista, non dal mio… ma è pur sempre un fulmine ingabbiato.
Molto presto, infatti, i lampi fecero la loro ardente, spettacolare apparizione. Il Monte Corona attirava i fulmini dal cielo, dilatandoli in strisce luminose lunghe centinaia di chilometri. I componenti del gruppo di Thomas sembravano trasparenti, o illuminati all’interno da un’intensa fosforescenza. È un’esperienza singolare osservare le ossa del cranio e le costole del proprio vicino alla luce di un fulmine, così intensa da penetrare i corpi.
Poi da un picco all’altro cominciarono a guizzare saette di un’intensa luminosità biancodorata. Un’immensa saetta, lunga almeno trentacinque chilometri, scoccò tra il Monte Corona e il Monte Magnetico, così intensa da abbagliarli per parecchi minuti. Era il mistero del moto, la soluzione dell’antico paradosso, una frustata di luce così rapida da trovarsi in più luoghi nello stesso istante. Ogni roccia, ogni cuspide erano state colpite contemporaneamente, e tuttavia era un unico punto luminoso, ma così rapido da sembrare una striscia accecante presente dovunque. O forse era lo stesso Empireo, quell’infinità abbagliante di luce che colma l’universo, al di là del cielo, ma che si può vedere soltanto quando il falso cielo si apre per un attimo?
Poi lo stesso Monte Elettrico fu colpito da una saetta che fece ribollire l’aria e fuse le rocce, e il rimbombo del tuono li precipitò tutti in ginocchio. Percossi dal fulmine, rimasero lì attoniti (il che è la stessa cosa in latino), intorpiditi, offuscati nei sensi, insieme con la montagna ancora fremente.
— Ah, dopo un colpo del genere, credo di averle provate tutte — sospirò Thomas.
— Guardate in basso! — urlò il ragazzo Adam. — Ecco che sta arrivando un tuono molto più sulfureo del precedente! Ci colpiranno mentre siamo ancora mezzi accecati e istupiditi… Trinceratevi! Fate rotolare i massi! Buttateli giù!
— Chi dà gli ordini in questo gruppo? — strillò Evita. — Dovevo farlo io, ma abbiamo perduto il controllo di noi stessi. I Mastini d’acciaio ci sono addosso! Siamo ancora uomini, o ci lasceremo prendere come conigli?
Gli Assassini programmati piombarono su di loro dal basso, mentre l’oscurità totale si succedeva ai fulmini, in un’alternanza accecante di bianco e di nero.
— Non io, maledetti vasi di latta! — urlò Thomas. — Non io. Io non ho tradito l’Ideale. Io ho tradito qualsiasi altra cosa. — Sollevò un piccolo masso con ambedue le mani e lo scagliò contro di essi. — Non sarò più tanto dalla vostra parte, adesso, vasi di latta. State commettendo un errore, e non posso tollerare che siano commessi errori nei miei confronti! Non io, pazzi strepitanti, non io! Non ho mai minacciato l’Ideale di Astrobia. Lasciatemi!
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