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Frederik Pohl: Il lungo ritorno

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Frederik Pohl Il lungo ritorno

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Sono gli Hakh’hli. Sono alieni. Si nutrono di carne umana. Il lungo viaggio nello spazio era alla fine. Sandy, l’umano cresciuto su un’astronave degli extraterrestri Hakh’hli, era pronto al ritorno sulla Terra. Gli alieni erano animati dalle migliori intenzioni.. Solo la scienza Hakh’hli poteva risolvere il problema di trasformare i pianeti. I terrestri avevano bisogno di quel contatto. Ma c’era da fidarsi?

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— Adesso ve lo mostro — rispose Sandy in hakh’hli appoggiandosi un dito sulle labbra.

— Ci mostri cosa? — intervenne Elena con tono ostile. — E poi che cos’era quel rumore che abbiamo sentito poco fa?

— Non lo so — disse Sandy a bassa voce e assumendo un’aria circospetta. — Qualcosa che stanno facendo gli umani, credo. Ma non perdete tempo, adesso. — Scrutò fuori dalla porta. — Seguitemi, e cercate di non farvi notare. Tutt’e due. Anche tu, Tania. E non fermarti per usare il comunicatore, vieni e basta.

Non attese la loro risposta, limitandosi a uscire dalla casupola con fare volutamente indifferente e a incamminarsi in direzione della coda della navetta. In quel caldo pomeriggio estivo le ombre erano molto lunghe, e Sandy vide senza bisogno di girarsi che le due hakh’hli lo stavano effettivamente seguendo.

Marguery si trovava dietro al modulo di atterraggio, e stava guardando verso l’alto, come le era stato ordinato. Tania si fermò improvvisamente accanto a Sandy. — Perché hai portato qui la femmina terrestre? — domandò con tono sospettoso leccandosi un labbro.

— Guarda e capirai — disse Sandy con tono tranquillo. Indicò un punto lontano assolutamente privo di particolari caratteristiche. — Proprio lì.

— Che cosa? — borbottò Elena.

Tania emise a sua volta un grugnito di stizza mentre si allungava quanto poteva sulle lunghe zampe posteriori. — Io non vedo proprio nu…

Non riuscì a dire altro. Piombò a terra a faccia in giù prima ancora che Sandy avesse sentito lo schiocco del fucile ad aria compressa. Elena riuscì a girarsi su se stessa quanto bastava per vedere i cecchini di Boyle, ma non abbastanza velocemente per poter fare qualcosa. Si trattava di un sonnifero ad azione rapida, e dopo un attimo entrambe le hakh’hli giacevano a terra in stato di incoscienza.

Sandy segnalò ai cecchini, che erano accovacciati accanto al modulo di atterraggio, di venire a prendere i corpi. Poi si rivolse verso Marguery e indicò con un cenno del capo lo sportello d’ingresso della navetta. — Vieni allora, se proprio devi — le ordinò.

Mentre salivano la scaletta, la testa di Chiappa spuntò nuovamente dallo sportello. L’hakh’hli fissò Sandy con espressione incuriosita ma niente affatto insospettita. Poi individuò Marguery che saliva alle sue spalle. — Perché stai portando a bordo la femmina terrestre? — domandò in hakh’hli a Sandy.

— Anche Tania mi ha fatto la stessa domanda — replicò Sandy, che ormai si trovava all’altezza dello sportello. — Togliti di mezzo, ti spiace? — disse mentre spingeva da un lato il suo ex compagno di coorte. Non disse altro finché non fu entrata anche Marguery. — E adesso ascoltate! — ordinò a quel punto.

Demetrio apparve alle spalle di Chiappa proprio nel momento in cui gli uomini di Boyle, che si trovavano sotto la navetta, facevano partire il registratore. — Vi prego! — piagnucolò disperatamente in hakh’hli la voce registrata. — Vi prego, aiutatemi!

Il disperato appello si ripeté identico diverse volte, finché Demmy non si rese conto di che cosa si trattasse. — È la voce di Polly, Chiappa! — urlò precipitandosi verso lo sportello. — Avanti, andiamo ad aiutarla!

Marguery si sporse fuori dallo sportello. — Presi — disse. — Sono stati colpiti entrambi con i dardi sonniferi. Be’, Sandy, direi che abbiamo portato a termine il nostro com…

— Togliti da lì — le ordinò Sandy.

— Cosa? Che cosa vuoi dire? — Marguery sbatté le palpebre con aria perplessa. Sandy premette il pulsante di chiusura dello sportello, facendo compiere alla donna un piccolo balzo avanti. — Sandy, che diavolo stai facendo?

— Sto allacciando le cinture di sicurezza del mio sedile — rispose Sandy con tono calmo. — Tu puoi accomodarti su quest’altro.

Ma perché?

— Perché se non lo farai — rispose Sandy con tono perfettamente tranquillo e ragionevole — rischierai di farti male nel momento del decollo. — Detto questo, accese il circuito di preriscaldamento, ben sapendo che i primi sbuffi di gas bollente avrebbero iniziato a scaturire dai propulsori principali quasi immediatamente. Si spostò con un certo disagio sul sedile del pilota, sperando che l’accelerazione del decollo non risultasse eccessivamente violenta. Il sedile era stato fatto su misura per Polly, e naturalmente era sufficiente ad accomodare almeno due o tre persone della sua stazza.

Del resto, non ci si poteva fare nulla.

Premette il pulsante dell’ignizione e aprì il gas al minimo livello possibile. Sentì subito il sibilo glaciale del propulsore acceso, ma la navetta non fremette nemmeno, rimanendo assolutamente immobile. Del resto, l’intenzione di Sandy non era stata quella di partire. Voleva solo avvertire Boyle e gli altri del fatto che nel giro di un attimo i propulsori sarebbero stati a pieno regime, sperando che coloro che si trovavano di sotto avessero abbastanza buon senso da togliersi di mezzo, e da togliere di mezzo anche gli hakh’hli anestetizzati, prima che ciò avvenisse.

— Sandy! — gridò Marguery. — Spegni subito il motore!

— Ti ho detto di sederti e di allacciare le cinture — replicò Sandy.

— Smettila immediatamente! Pensi che ti permetterò di fare una cosa del genere?

Sandy appoggiò una mano sulla pistola che aveva sulle ginocchia. La canna era puntata nella direzione di Marguery, la sicura era in posizione di tiro e il dito indice della sua mano destra era sul grilletto.

— Non puoi farci nulla — disse.

Marguery lo fissò con orrore. — Vuoi dire che mi spareresti? — domandò allibita.

— Non ti ferirei in maniera grave — disse Sandy. — Colpirei solo la tua bella, bellissima gamba, e solo se vi fossi realmente costretto. Solo per impedirti di fermarmi. Ma ti devo confessare che non sono un grande tiratore, Marguery, e che potrei facilmente sbagliare mira.

23

Nonostante il fatto che vi siano oltre 90.000 oggetti visibili in orbita intorno alla Terra, questa non appare per niente affollata. Del resto, l’orbita terrestre è un guscio che circonda l’intero pianeta, e ha uno spessore di almeno 30 chilometri. Le possibilità che un oggetto di dimensioni ragguardevoli (come potrebbe essere un laser nucleare esaurito) si trovi a una distanza inferiore al chilometro da qualsiasi altro oggetto (come per esempio una navetta hakh’hli) sono realmente basse. Ciò nonostante, le velocità orbitali di simili oggetti sono molto sostenute. Il laser esaurito, per esempio, percorre quel chilometro di orbita in meno di un quarto di secondo. Poi ci sono anche gli oggetti troppo piccoli per essere identificati, i quali viaggiano alla stessa velocità, sono in numero decisamente maggiore e possono essere altrettanto fatali.

Pilotare la navetta hakh’hli non era esattamente come pilotare il simulatore. Sandy si rese subito conto di non essere abbastanza abile per manovrare la navetta, e l’unico motivo per il quale si salvarono dal disastro fu che, in realtà, non vi era alcuna manovra particolarmente difficile da compiere. Il decollo, per iniziare, era decisamente più facile dell’atterraggio. In realtà era un procedimento veramente semplicissimo, soprattutto perché non bisognava puntare in nessuna direzione in particolare, a parte verso l’alto.

Compresso come era sull’enorme inginocchiatoio hakh’hli, Sandy arrivava a malapena a sfiorare con le mani i comandi di cui aveva bisogno. Sapeva ciò che andava fatto, solo che gli riusciva realmente molto difficile farlo. Non appena si staccarono dal suolo, fu costretto a slacciarsi le cinture e a prodursi in uno sforzo enorme facendo leva sui braccioli del sedile hakh’hli per raggiungere i comandi che mettevano in azione i repulsori magnetici. Fatto questo, si accasciò nuovamente sulla spalliera, ansimando per la fatica.

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