Frederik Pohl - Il lungo ritorno

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Il lungo ritorno: краткое содержание, описание и аннотация

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Sono gli Hakh’hli. Sono alieni. Si nutrono di carne umana. Il lungo viaggio nello spazio era alla fine. Sandy, l’umano cresciuto su un’astronave degli extraterrestri Hakh’hli, era pronto al ritorno sulla Terra. Gli alieni erano animati dalle migliori intenzioni.. Solo la scienza Hakh’hli poteva risolvere il problema di trasformare i pianeti. I terrestri avevano bisogno di quel contatto. Ma c’era da fidarsi?

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— Ha già fatto richiesta — intervenne Boyle. — Abbiamo detto loro che ci serve un campione del loro alcol e del loro perossido di idrogeno per poterli duplicare. Ma che cos’è questa “terza alternativa”?

— È proprio questo il fatto — rispose Sandy con tono cupo. — Non ho mai sentito parlare di una terza alternativa. E non ho nemmeno mai sentito parlare del Sito Doppio-Dodici.

Boyle assunse un’aria pensierosa per un attimo, poi si alzò in piedi. — Ho delle cose da fare. Voi intanto continuate; può darsi che più avanti ci sia qualcosa di interessante.

Sandy continuò. Continuò per un bel po’, per quasi tutta quella lunghissima giornata. Per tutto il tempo, vi era sempre qualcuno al suo fianco, o Boyle o Marguery Darp. Gli portarono anche dei panini, che Sandy mangiò mentre osservava lo schermo e traduceva contemporaneamente parlando nel microfono con la bocca piena. Tanto non aveva alcuna importanza, poiché realmente non vi era un granché di interessante in quei nastri.

Nel tardo pomeriggio gli venne in mente di chiedere se fosse o meno il caso di chiamare Polly per avvertirla che stava bene. — Non ce n’è bisogno — gli disse Marguery. — Ham l’ha già avvertita che sei con me.

— Sì, ma si domanderà che cosa ho fatto per tutto questo tempo — obiettò Sandy.

— Sandy — rispose Marguery con un sorriso — lei è convinta di sapere benissimo che cosa stiamo facendo. Ma adesso andiamo avanti, altrimenti non finiamo più.

Dopo questa constatazione l’umore di Sandy migliorò un poco, anche se per il resto non vi era molto di che stare allegri. Quando ebbe terminato di tradurre l’ultimo nastro, si appoggiò allo schienale della poltrona strofinandosi gli occhi. — Non so che cosa stiano combinando gli hakh’hli — disse con tono sobrio. — Non mi va di credere che abbiano in mente qualcosa di sinistro, ma d’altra parte non ci sono dubbi sul fatto che sono impegnati in un sacco di attività delle quali non mi hanno mai detto nulla.

Marguery gli appoggiò una mano sulla spalla come per confortarlo. — Non c’è nessun problema, Sandy — gli disse.

— Io invece credo di sì — rispose.

— Be’ — intervenne Boyle con filosofia — almeno ora ne sappiamo un po’ più di prima. — Colse un rapido sguardo interrogativo di Marguery Darp e si produsse in un sorriso, annuendo. — Mi sento in dovere di dirti, Sandy, che i nostri esperti di linguistica sono riusciti a elaborare una buona parte del vocabolario hakh’hli basandosi su queste trasmissioni. Ebbene, sarai felice di sapere che mi hanno appena riferito che le tue traduzioni sono assolutamente esatte.

— Perché, pensavate che vi avrei mentito? — domandò Sandy con tono rabbioso.

L’espressione di Boyle divenne subito seria. — Dovevamo essere sicuri — disse. — Questo non è un gioco, Lisandro. Potrebbe trattarsi della sopravvivenza dell’intera razza umana. E noi siamo disposti a fare qualsiasi cosa per garantire la nostra sopravvivenza. — Sembrava che stesse per andarsene così, ma poi cambiò idea. Il sorriso tornò a illuminare il suo volto. — Direi che è tutto, per oggi — disse con tono affabile. — Io me ne vado.

— Anche noi — disse Marguery Darp alzandosi in piedi a sua volta. — Sandy… se hai veramente intenzione di accompagnarmi a casa, penso che sia giunto il momento adatto.

L’appartamento di Marguery si trovava al 35esimo piano di un vecchio edificio che dava su ciò che lei chiamava il Lago Jersey. — Una volta era tutta una palude — spiegò a Sandy — ma poi l’hanno riempita di terra e ci hanno costruito un sacco di cose. Guarda, laggiù puoi vedere il vecchio stadio del football. Naturalmente, quando è salito il livello del mare tutta la zona è stata nuovamente sommersa.

Sandy annuì mentre si guardava attorno. Nonostante tutti i problemi che gli affollavano il cervello, riuscì ugualmente a trovare il tempo per stupirsi del fatto che una persona solitaria come Marguery avesse a disposizione una simile quantità di spazio. Nell’appartamento vi era una “cucina”, un “bagno”, un “salotto” e una “camera da letto”. Sandy rimase sulla soglia di quest’ultima per un certo tempo, guardandosi attorno con vivo interesse. Ma del resto era tutto interessante per lui. Era la prima volta che entrava nella casa di un terrestre… non contando gli allevatori dell’Alaska, naturalmente.

— È un palazzo molto vecchio — disse Marguery come per scusarsi. — Lo si può notare dal fatto che è così alto; adesso non li costruiamo più a questo modo. Io comunque lo uso poco, perché di solito sono sempre in missione da qualche parte. Perché non ti siedi?

Sandy si guardò attorno, valutando la resistenza di ognuna delle sedie e poltrone del salotto, ma non se la sentì di metterle alla prova. Marguery lo notò e sorrise, battendo il palmo sul divano sul quale era seduta. — Questo dovrebbe essere abbastanza resistente da reggerti — disse. Quando Sandy si sedette al suo fianco, Marguery alzò lo sguardo verso di lui con un’espressione carica di aspettativa. Sandy non ne era del tutto certo, ma ebbe la netta sensazione che desiderasse essere baciata.

Fece ciò che ci si aspettava da lui, ma evidentemente il risultato non fu molto soddisfacente, perché dopo un attimo Marguery si scostò e lo fissò con aria decisa. — Cosa c’è che non va? — gli domandò.

Sandy si appoggiò allo schienale del divano. Pensò a tutte le cose che non andavano in quel momento e ne scelse una. — Ho fame — disse.

— Non sono una grande cuoca — rispose Marguery — ma possiamo sempre telefonare per farci portare una pizza. — Lo fissò con attenzione, avvicinandosi un poco. — È davvero questo il tuo problema?

— È uno dei tanti. Ce ne sono almeno un milione di altri, però, compreso il fatto che sto tradendo la stessa gente con la quale sono cresciuto. Quelli che mi hanno salvato la vita, permettendomi di essere qui adesso.

— Non hai tradito nessuno — osservò Marguery.

— Vuoi dire che non vi sono stato di alcun aiuto. Così è ancora peggio, perché non sono nemmeno un traditore utile!

Marguery ci rifletté sopra un poco. — Sandy — disse infine — tu sei molto utile, almeno per me. — Ebbe un attimo di esitazione, poi continuò. — C’è una cosa che non ti ho ancora detto. Non sapevo come l’avresti presa.

— Oh, cavolo — grugnì Sandy. — Vuoi dire che alla fine hai deciso che non saremo più innamoratini?

Marguery scoppiò a ridere. — Oh, no. È un’altra cosa. È che… Be’, hai presente quegli esami per i quali ho dovuto passare la notte in ospedale? Insomma, non era per i miei esami.

— E per che cos’era?

— No, era per i tuoi esami — spiegò. — Quel campione cellulare che ti hanno preso in ospedale. Quando sono arrivati finalmente i risultati, hanno saputo dirmi a che cosa ero allergica. Sandy, dolcezza mia, ero violentemente allergica a te.

Sandy la fissò sconvolto. Poi si riebbe e fece per allontanarsi, ma Marguery lo attirò a sé.

— Non hai ascoltato bene — lo accusò. — Ho usato la parola ero. Ho detto che ero allergica a te, ma adesso non lo sono più, perché si tratta di una cosa facilmente curabile. Mi hanno dato questi antistaminici, più altre cose, e adesso non credo che tu possa nemmeno farmi starnutire.

Rimase seduta dove era, fissandolo in maniera placida. Sandy si produsse in una smorfia di perplessità, sforzandosi di capire a che cosa volesse arrivare. Lei non gli suggerì nulla, limitandosi a rimanere seduta in silenzio a fissarlo. Dopo un po’, Sandy iniziò a rendersi conto del motivo per il quale Marguery rimaneva in silenzio a quel modo. Quando infine si allungò verso di lei e iniziò a baciarla, divenne improvvisamente tutto molto chiaro ed evidente.

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