Harry Harrison - Mondo maledetto

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Sul pianeta Pyrrus è in corso una guerra tra gli uomini che lo stanno colonizzando e gli originari abitanti: sembra quasi che tutta la flora e la fauna di Pyrrus sia in lotta contro i coloni. È in questa fase che si inseriscono le avventure di Jason DinAlt, giocatore professionista con poteri paranormali, che con la sua intelligenza e il suo coraggio riuscirà a far cessare la guerra.

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Una volta mi sono addormentato mentre ero di guardia, e devo sopportarne le conseguenze… Ma questo non significa che i grubbers mi garbino, o che io piaccia a loro. Puzzano, vi dico, e se non fosse per i viveri che ci procurano sarebbero tutti morti, entro un’ora. Mi ci dedicherei con entusiasmo.

— Se vi forniscono viveri, dovete dare qualcosa, in cambio?

— Qualche mercanzia, coltelli, sementi la solita roba. Provvedo io alla consegna.

— Come? — domandò Jason.

— Con un turbocarro corazzato. Lascio la roba in un posto convenuto, poi torno a ritirare i viveri che loro lasciano in cambio.

— Posso accompagnarvi, la prossima volta?

Krannon rifletté per un attimo, corrugando la fronte. — Be’, credo che non ci sia niente in contrario, se siete abbastanza idiota da venire… Potrete aiutarmi nel carico. Sarà fra otto giorni.

— Ma l’astronave sarà già partita… sarà troppo tardi. Non potete andarci prima?

— Sentite, i vostri guai non mi riguardano — brontolò Krannon, alzandosi.

— Non cambierò certo data, per voi.

Jason comprese che per quel primo incontro non avrebbe potuto ottenere altro, da Krannon. Si diresse all’uscita, poi si voltò.

— Un’ultima cosa. Che aspetto hanno questi selvaggi… i grubbers?

— E chi lo sa! — sbottò Krannon. — Io scambio merci, con loro, non ci faccio l’amore. Se ne vedessi uno, lo farei fuori sul posto. — Fece un gesto con la mano, e la pistola gli balzò in pugno. Jason uscì senza dir altro.

Sdraiato in cuccetta, mentre riposava, cercò un modo per convincere Krannon a cambiare la data di consegna. I milioni di crediti che possedeva non avevano valore su Pyrrus. Eppure, se Krannon non poteva essere convinto, doveva esser corrotto. Come? Lo sguardo di Jason incontrò l’armadietto in cui erano rinchiusi i suoi abiti da straniero, e gli venne un’idea.

Era già mattino, quando poté tornare al deposito viveri, e aveva adesso un giorno di meno a disposizione. Krannon non si disturbò ad alzare gli occhi, mentre Jason si avvicinava.

— Vi piace questa? — domandò Jason, porgendogli una scatola appiattita, d’oro, che sul coperchio aveva incastonato un grosso diamante. Krannon tese la mano per restituire l’oggetto. — Non ho bisogno di luce, per quello che faccio. Tenete.

— Un momento — insistette Jason. — Non è tutto… Se premete il diamante, salta fuori una di queste. — Una pallina nera, grossa come un’unghia, gli cadde in mano. — Una bomba, di ultranite pura. Basta premerla e buttarla.

Tre secondi dopo esplode; ha abbastanza potenza da distruggere quest’edificio.

Krannon, adesso, sorrise, tendendo la mano. Le armi esercitavano un fascino invincibile, sui coloni.

— È tutta roba vostra, se anticipate a domani la consegna ai grubbers… e mi lasciate venire con voi.

— Trovatevi qui alle cinque — rispose Krannon.

15

Il turbocarro si fermò alla porta delle difese perimetrali. Krannon rivolse un cenno alle guardie, dal finestrino, poi vi chiuse sopra una corazza metallica. Quando la porta si aperse, il turbocarro, che era in realtà un carro armato enorme, scivolò adagio in avanti. Incontrarono un’altra porta, che si aperse soltanto dopo la chiusura della prima. Jason guardò dal periscopio del secondo pilota. Una batteria di lanciafiamme automatici lanciò getti ardenti, cessando il fuoco soltanto quando il turbocarro li raggiunse. Una zona di terreno arso circondava l’uscita; subito dopo, cominciava la giungla. Tutte le piante e gli animali di cui aveva visto appena qualche esemplare, esistevano lì a profusione. Rami e liane si allacciavano in modo inestricabile, e la vita selvaggia pullulava.

Un concerto infernale di urla e strida fu amplificato dagli altoparlanti.

Krannon rise, e girò un interruttore, interrompendo il circuito.

Il turbocarro procedeva a bassa velocità nella giungla. Krannon teneva la faccia incollata alla maschera di gomma del periscopio, e regolava i comandi. Con il passare dei chilometri, però, parve che il viaggio diventasse più agevole; infine Krannon si staccò dal periscopio, e riaperse il finestrino. La giungla era ancora folta, mortale, ma già ben diversa dalla zona immediatamente attorno al perimetro difensivo. Sembrava che le forze ostili di Pyrrus si concentrassero contro la colonia. Perché? Jason se lo domandò.

I motori si spensero, e Krannon si alzò. — Siamo arrivati — esclamò.

Scaricarono.

Il turbocarro si trovava sulla roccia nuda, un’elevazione dove la flora poteva attecchire. Krannon aperse i portelli di scarico, e assieme i due uomini spinsero fuori le casse. Poi Jason si abbandonò, esausto, sulla catasta.

— Tornate dentro, ce ne andiamo — ordinò Krannon.

— Io non vengo. Resto qui.

Krannon lo guardò freddamente. — Rientrate o vi uccido. Innanzitutto, non riuscireste a cavarvela, da solo. Cadreste in mano ai grubbers che vi eliminerebbero subito. Peggio ancora; non possiamo permettere che il vostro equipaggiamento cada nelle loro mani.

Il cervello di Jason lavorava in modo febbrile. Sperò che Krannon fosse lento di comprendonio quanto era svelto di riflessi.

Fissò con ostentazione gli alberi, scrutando fra i rami. Krannon si accorse subito di quel gesto. Quando Jason dilatò gli occhi, impugnando di scatto la pistola, anche l’arma di Krannon uscì dal fodero, e il colono si voltò nella medesima direzione.

— Là… in alto — urlò Jason, sparando. Anche Krannon aperse il fuoco.

Immediatamente Jason si buttò indietro, raggomitolandosi, rotolando giù per la roccia. Gli spari avevano coperto il rumore della caduta, e prima che Krannon potesse voltarsi l’attrazione delle 2G avevano portato il terrestre fra il fogliame intricato della giungla. I rami intricati lo fermarono.

Quando si immobilizzò, era immerso nel folto. I colpi di Krannon furono tardivi, e non lo colpirono.

Sdraiato a terra, stanco e contuso, Jason sentì Krannon imprecare. Girò attorno alla roccia, sparando nel folto, ma evitò di entrarvi. Infine cedette, e tornò al turbocarro. Il motore fu acceso, e i cingoli strepitarono mentre si allontanava. Gli schianti, poco per volta, diminuirono.

Jason era solo.

Sino a quel momento, non s’era reso conto di quanto grande sarebbe stata quella solitudine. Dovette vincere l’impulso a rincorrere l’autocarro.

Se ci fosse stato un altro mezzo, per risolvere la situazione, l’avrebbe scelto; ma Kerk gli aveva forzato la mano. Era indispensabile entrare in contatto con i grubbers, e presto!

Non sapeva dove potevano trovarsi, o quando sarebbero giunti. Se la giungla non era letale come attorno alla città, avrebbe potuto rimaner lì nascosto, e scegliere il momento opportuno per avvicinarli. Se l’avessero individuato, fra i rifornimenti portati da Krannon, avrebbero anche potuto ucciderlo subito.

Qualcosa si mosse, su un ramo, ma scomparve quando Jason si avvicinò camminando stancamente. Le piante che circondavano un enorme tronco non sembravano velenose, e Jason vi si appoggiò, rilassandosi per un attimo contro la corteccia ruvida.

Un corpo estraneo, morbido e soffocante, gli cadde addosso; si sentì afferrare in una stretta d’acciaio. Tentò di dibattersi ma la forza che l’avvinceva aumentò sentì che il sangue gli tuonava nelle orecchie, e gli mancava il fiato.

Soltanto quando Jason si afflosciò inerte la pressione cessò. Il suo terrore diminuì un poco, quando capì che non era stato un animale, ad attaccarlo. Non aveva mai visto un grubber; ma sembravano uomini, e ciò gli lasciava qualche probabilità di salvezza.

Gli legarono braccia e gambe, strappandogli il fodero dell’arma. Si sentì nudo, in modo strano, senza la pistola. Poi, mani robuste lo afferrarono di nuovo, e si sentì gettare in aria, per ricadere sul ventre, attraverso un corpo morbido e tiepido. Il terrore lo invase di nuovo: si trattava questa volta di un grosso animale. Tutti gli animali, a Pyrrus, davano la morte.

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