— È improbabile, ma possiamo chiedere a Poli. Vive qui, da qualche parte, e la biblioteca gli è affidata. Registra i microfilm e cura le macchine.
La porta che conduceva nella parte posteriore dell’edificio era chiusa, e neanche bussando riuscirono a svegliare l’incaricato. Allora Jason premette il pulsante Macchina guasta. Ottenne l’effetto desiderato; entro cinque minuti; Poli si trascinava davanti a loro.
Di solito, la morte era rapida, su Pyrrus. Se qualche ferita diminuiva l’efficienza di un uomo, il nemico sempre in agguato terminava in fretta di liquidarlo. Poli era l’eccezione alla regola. La parte inferiore del suo volto era scomparsa quasi per intero. Aveva il braccio sinistro contratto e inutile.
Riusciva appena a spostarsi zoppicando da un punto allo altro. Ma aveva sempre un braccio buono, e ci vedeva bene… Poteva lavorare alla biblioteca, sostituendo un uomo efficiente. Nessuno sapeva da quanto tempo si trascinava, come un rottame, per l’edificio; malgrado la sofferenza, che gli occhi lacrimosi e orlati di rosso esprimevano, Poli continuava a vivere.
Disinnestò la sirena d’allarme che l’aveva chiamato; poi inserì in un orecchio uno strumento acustico. Jason spiegò cosa cercava. Poli fece un cenno di assenso, e scrisse la risposta su un foglio.
Ci sono molti vecchi libri… qui sotto, in magazzeno.
Quasi tutto l’edificio era occupato dal sistema elettronico di registrazione e trasporto dei volumi: Jason e Meta seguirono Poli fra le file compatte di macchine, sino a una porta chiusa, sul fondo. Poli l’indicò. Mentre Jason e Meta si sforzavano di aprirla, togliendo i chiavistelli incrostati di ruggine, scrisse ancora qualcosa sul blocco degli appunti: Non si apre da tanti anni, topi.
Con gesto automatico, Jason e la donna impugnarono la pistola; Jason terminò di aprire l’uscio da solo. Poli e Meta si tennero pronti.
In realtà, non fu neppure lui, che aperse. Il rumore che aveva provocato doveva essere stato udito dai roditori chiusi nella parte bassa dell’edificio: e quando Jason fece per girare la maniglia, la porta si spalancò, spinta dall’interno.
Aprire l’inferno, per vedere cosa ne esce…! Meta e Poli, spalla a spalla, spararono nella massa immonda che rigurgitava dall’apertura; Jason saltò da parte, e si incaricò di eliminare i pochi topi che venivano verso di lui.
Parve un’eternità; trascorsero lunghi minuti, prima che l’ultima bestia infetta si fosse lanciata all’attacco. Meta e Poli aspettarono qualche istante; erano eccitati dalla possibilità di eliminare tanti nemici. Jason notò un graffio sul volto della donna. Meta non vi badava.
Estraendo il necessario per il pronto soccorso, Jason girò attorno al mucchio degli animali morti e si avvicinò, appoggiando l’analizzatore al graffio. L’apparecchio scattò, e Meta fece un balzo, mentre l’ago delle antitossine la trafiggeva. Soltanto in quel momento si accorse di quello che Jason stava facendo.
— Grazie — esclamò. — Erano tanti, e uscivano tanto in frettai Poli aveva una grossa torcia elettrica, e Jason la prese. Per quanto malconcio, il vecchio era sempre molto abile, nel maneggio delle armi.
Scesero adagio la scala coperta di escrementi.
Qualcosa si lanciò nel raggio della torcia, e una detonazione lo fermò a mezz’aria…
Ai piedi della scala, si guardarono attorno. C’erano stati libri, e registrazioni, lì, una volta. Ma per decenni i topi li avevano rosicchiati e divorati sistematicamente.
Jason si spostò nel locale. Niente rimaneva di utilizzabile. Con la punta di uno stivale, diede un calcio a una catasta di frammenti, incollerito. Sotto i detriti, brillò per un attimo un riflesso metallico.
— Tieni questa! — Passò a Meta la torcia e dimenticando per un attimo il rischio, cominciò a frugare nel mucchio. Comparve una scatola appiattita di metallo, con un quadrante numerato sul coperchio.
— Diamine, è un libro di bordo! — esclamò Meta, sorpresa.
— È quanto pensavo — rispose Jason. — Se lo è davvero… potrebbe anche darsi che fossimo fortunati.
Trasportarono la scatola nell’ufficio di Jason. Dopo averla irrorata di liquido disinfettante, l’esaminarono. Meta indicò alcune parole incise sul coperchio.
— «TS Victory…» doveva essere il nome dell’astronave. Ma non so cosa significa TS.
— Trasporto Siderale — rispose Jason, mentre tentava il meccanismo di chiusura. — Ne ho sentito parlare. Li costruivano durante l’ultima ondata di espansione galattica. Erano, in pratica, recipienti enormi d’acciaio, con le parti che venivano saldate nello spazio. Li caricavano di gente, macchine e rifornimenti, e li trainavano al sistema planetario prescelto. Il rimorchiatore provvedeva anche all’atterraggio, esercitando un’azione frenante. Lo «scafo» costituiva una fonte di metalli, e i coloni potevano cominciare subito a colonizzare il nuovo mondo. Erano davvero enormi; ciascuno conteneva almeno cinquantamila passeggeri. — Si accorse del significato di ciò che aveva detto; gli abitanti di Pyrrus, adesso, erano molti di meno che nella colonia iniziale. — Ma non possiamo esser certi di quanti fossero a bordo — si affrettò ad aggiungere. — Neppure che sia il libro di bordo dell’astronave che raggiunse Pyrrus per prima. Sei capace di trovare qualcosa per aprire quest’arnese? La serratura è tutta corrosa.
Meta sfogò la sua collera sulla scatola. Riuscì ad aprire il coperchio di uno spiraglio, e vi esercitò tutta la sua forza. Il metallo arrugginito cedette; un pesante volume cadde sul tavolo.
«LIBRO DI BORDO DEL TS/VICTORY,
DIRETTO DA SETANI A PYRRUS
CON 55.00 °COLONI».
Immobile alle spalle di Jason, con i pugni stretti, Meta lesse, mentre lui voltava le pagine ingiallite. Sfogliarono in fretta la parte preliminare, che riguardava i preparativi per la partenza e l’inizio del viaggio. Soltanto quando fu arrivato all’atterraggio, cominciò a leggere adagio.
«… il secondo giorno dalla partenza dei rimorchiatori; siamo isolati, adesso. I coloni non si sono ancora abituati al pianeta, malgrado conferenze d’orientamento ogni sera. Penso che non si debba fargliene una colpa; il clima di questo pianeta è spaventevole, peggio di quanto abbiamo mai visto altrove. Avevo dunque ragione, quando durante le riunioni preliminari consigliavo di non scegliere coloni di ceppo industriale? Questi, provenienti dalle città sotterranee di Setani, hanno paura dell’acqua. D’altra parte, abituati all’ 1,5G di Setani, si adattano senza fatica alle 2G di qui. Questo è stato il fattore decisivo. Ma ormai è comunque troppo tardi. L’unica soluzione sarà iniziare i lavori minerari, vendere i metalli e costruire città sotto cupole.
« Gli unici che non ci siano ostili, in questo pianeta dimenticato, sono gli animali. All’inizio abbiamo incontrato alcuni grossi predatori, ma le guardie li hanno eliminati subito. Tutte le altre bestie ci lasciano in pace.
Meno male! Hanno percorso un processo evolutivo tanto antico che non ho mai visto esemplari tanto pericolosi. Persino i piccoli roditori, non più grandi di una mano, sono corazzati come carri armati…» .
— Non ci credo! — interruppe Meta. Jason indicò in silenzio la parola PYRRUS sulla copertina. Poi continuò a sfogliare in fretta le pagine. Una frase attirò il suo sguardo. La lesse a voce alta.
… e i guai aumentano. Ha cominciato Har Palo, con la sua teoria che il vulcanismo è tanto prossimo alla superficie che il terreno è tiepido, e i cereali crescono bene. Se anche fosse, cosa importa? Non dobbiamo dipendere dall’ambiente, se vogliamo sopravvivere. E ora un nuovo fenomeno. Pare che l’incendio della foresta abbia spinto dalla nostra parte un sacco di animali. Insetti e persino uccelli hanno attaccato i coloni. (Nota per Har: controllare se una possibile migrazione stagionale potrebbe spiegare il fatto). Abbiamo avuto quattordici morti, per ferite e punture velenose. Sono convinto che sia necessario costruire una specie di perimetro difensivo, per tenere fuori dell’accampamento le bestie di maggior mole» .
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