— Conosci Kerk? — domandò al ragazzo.
— Certo, lo conoscono tutti. Ma ha da fare; non potete disturbarlo.
— Potrai essere la mia guardia del corpo; ma a quello che voglio fare penso io. D’accordo?
Di malavoglia Grif lo accompagnò verso un edificio centrale. Si incontravano più viandanti, lì, e qualcuno si permise di fissare Jason per un attimo, prima di proseguire per i fatti suoi. Jason si trascinò per due rampe di scale; poi raggiunsero una porta segnata Coordinamento e Rifornimenti.
— Lì c’è Kerk — disse il ragazzo. — È il responsabile.
— Bene. Adesso va’ a far colazione, o quello che vuoi; ci rivediamo qui fra un paio d’ore. Sono sicuro che Kerk potrà proteggermi bene quanto te.
Grif rimase dubbioso per un attimo, poi si allontanò. Jason spinse l’uscio, entrando.
Nell’ufficio si trovavano alcuni individui. Nessuno alzò la testa, o domandò qualcosa. Ciascuno aveva un compito, su Pyrrus. Se Jason si trovava lì, doveva avere buoni motivi. Nessuno avrebbe mai osato chiedergli cosa desiderava. Jason attese qualche attimo, prima di comprendere. La stanza aveva un’altra porta soltanto; vi si avvicinò, e spinse.
Kerk alzò gli occhi da una scrivania carica di carte. — Mi domandavo quando vi sareste fatto vivo — esclamò.
— Molto prima, se non me l’aveste impedito — rispose Jason, abbandonandosi stancamente in una poltrona. — Finalmente ho capito che avrei passato tutta la vita in quel maledetto asilo infantile, se non mi fossi deciso. Dunque, Eccomi qui.
— Pronto a tornare ai mondi «civili»?
— Un accidente — affermò Jason. — E sono stanco di sentirmi ripetere che me ne dovrei andare. Comincio a pensare che abbiate qualcosa da nascondere.
— Cosa potremmo nascondere? Non credo che esista un pianeta più semplice e conformista del nostro.
— Dunque non vi spiacerà rispondere a qualche domanda?
Kerk fece per protestare, poi rise. — Bravo… ormai avrei dovuto capire che è difficile discutere con voi. Cosa volete sapere?
Jason cercò di mettersi comodo, senza riuscirvi. — Quanti sono gli abitanti del vostro pianeta? — domandò.
Kirk esitò un istante. — Trentamila circa. Non sono molti; ma il motivo è evidente.
— E va bene, trentamila… ma cosa mi dite della vita in superficie? Mi ha sorpreso scoprire che questa città, chiusa dentro le sue mura, il «perimetro», come lo chiamate voi… è l’unica su Pyrrus. Non contiamo gli accampamenti minerari perché evidentemente sono una filiazione della città. Volete forse dire che il vostro popolo controlla più o meno un’estensione identica al passato?
Kerk si concentrò, prima di rispondere. — È difficile stabilirlo, così su due piedi. Debbono esistere registrazioni in proposito, benché non sappia dove potrei trovarle. Dipende da tanti fattori…
— Dunque non parliamone, per ora — proseguì Jason. — C’è un’altra faccenda, più importante. Non direte che la popolazione di Pyrrus decresce costantemente, un anno dopo l’altro?
Kerk si alzò di scatto imporporandosi di collera. — Non dite cose simili!
— urlò. — Non fatevi più sentire da me dire una cosa simile!
Jason rimase immobile, e scelse con cura le parole. — Non irritatevi, Kerk. Sono dalla vostra parte. Vi dico questo perché conoscete l’universo molto più degli altri, che non si sono mai mossi di qui. Siete abituato a discutere… sapete che le parole sono soltanto simboli.
Kerk abbassò le braccia. Si voltò e versò un bicchier d’acqua da una bottiglia che stava sulla scrivania. Bevve. Poi si lasciò cadere pesantemente in poltrona. — Scusate — esclamò. — Non perdo spesso il controllo. Ma ho lavorato molto, in questi ultimi tempi.
— Capita a tutti — confermò Jason. — Non sto a descrivere in quali condizioni erano i miei nervi, quando sono arrivato a Pyrrus. Oggi devo ammettere che tutto quello che mi avevate detto era vero. È il posto più inospitale del sistema. Soltanto chi ci nasce può sperare di sopravviverci.
Io riesco a cavarmela appena, dopo l’addestramento; probabilmente, sapete che ho un ragazzo di otto anni, come guardia del corpo.
Kerk era tornato padrone di sé. — Mi sorprende, sentirvelo dire. Non avrei mai creduto che avreste ammesso la superiorità di qualcuno. Non eravate venuto qui per dimostrare che valevate come uno di noi? Eppure, adesso siete costretto a dire che un ragazzo di otto anni vi batte. Mi sembra strano… In quale altro modo sentite la vostra superiorità?
Jason rifletté a lungo, prima di rispondere. — Vi spiegherò — disse infine.
— Punto sulla speranza che vi sappiate controllare. Perché il mio discorso riguarderà argomenti che sono tabù, su Pyrrus. Ai vostri occhi sono un inetto, perché vengo da un altro Sistema. Ma rendetevi conto che questa è invece la mia forza! Riesco a vedere fenomeni che a voi sono nascosti dall’abitudine.
Kerk fece un cenno di assenso, e Jason proseguì. — Sapete, come quel tale, che non riusciva a vedere la foresta, per colpa degli alberi che aveva davanti. Quando sono atterrato, io riuscivo a distinguere soltanto la foresta invece. Per me alcuni fenomeni sono evidenti. Credo che anche voi li conosciate ma, senza accorgervene, evitate di rifletterci sopra. Ora vi dirò il più importante… Spero che riusciate a dominarvi.
Le mani enormi di Kerk si strinsero sui braccioli della poltrona. Jason parlò in tono calmo; ma le sue parole penetravano come un bisturi. — Io penso che gli uomini stiano perdendo, su Pyrrus. Dopo centinaia di anni di colonizzazione, questa è l’unica, città sul pianeta… ed è per metà in rovina.
Come se un tempo avesse avuto una popolazione più numerosa. La prodezza con cui ci siamo procurati il carico di armi avrebbe anche potuto non funzionare. E in tal caso, cosa sarebbe capitato, alla città? Camminate sul cratere di un vulcano, e non volete ammetterlo.
Kerk rimase rigido, con il volto coperto di gocce di sudore.
— Non mi fa piacere, dirvelo. Ma voi non potete affrontare questi fatti, perché altrimenti dovreste riconoscere che la lotta mortale che conducete è assolutamente senza scopo. La vostra popolazione decresce; la guerra dunque è soltanto un suicidio razziale. Potreste abbandonare il pianeta, ma sarebbe riconoscersi sconfitti. Per voi è inconcepibile.
Kerk si alzò a mezzo; Jason lo imitò, gridando.
— Cerco di aiutarvi… non capite? Eliminate l’ipocrisia dalla vostra mente, vi sta distruggendo! Anche adesso, preferireste uccidermi piuttosto che ammettere che combattete una battaglia perduta! Questa non è una guerra; è limitarsi a lottare contro i sintomi di un malessere più profondo, come tagliare a uno a uno le dita a una mano cancerosa!
Kerk torreggiava su Jason come un gigante. Soltanto la forza delle parole dell’altro lo tratteneva. — Dovreste affrontare la realtà! Dovete rendervi conto che è possibile attaccare le cause di questa guerra, e concluderla per sempre!
Il significato di queste frasi dissipò la collera di Kerk. Si lasciò cadere di nuovo nella poltrona. — Cosa diavolo intendete dire? Sembrate un maledetto Grubber!
Jason non domandò chi fossero i «grubber», ma prese nota del nome.
— Dite un sacco di sciocchezze — continuò Kerk. — Questo è un pianeta ostile che si deve combattere. Le cause della guerra sono fenomeni concreti.
— No, invece — insistette Jason. — Pensate un momento: se appena state lontano un po’ dal pianeta, dovete frequentare un corso di aggiornamento per rendervi conto di quanto la situazione sia peggiorata, durante la vostra assenza. Questa è una progressione lineare. Se l’avvenire riserva il peggio, il passato doveva essere migliore! Mi sembra evidente che se torniamo indietro nel tempo, finiremo per raggiungere un’epoca, in cui l’uomo e Pyrrus non si combattevano.
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