Fred Hoyle - La voce della cometa

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La voce della cometa: краткое содержание, описание и аннотация

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Fred Hoyle, nato nel 1915 nello Yorkshire, astronomo e matematico, è autore di romanzi di fantascienza basati su ipotesi rigorose. Tra essi «La nuvola nera» (1957), «A per Andromeda» (1962), «Inferno» (1974).

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«Sembra che ci sia un gran casino, a Mosca. Non ho potuto rintracciare il Numero Uno sovietico. Ma uno dei tipi del Politburo dice che non è stato lanciato alcun missile, né adesso né prima. Un tipo buffo. Sembra che stia inghiottendo in continuazione. Continuava a dirmi che, per quanto riguardava lui, un letto di legno era meglio di una bara d’oro. Ha detto anche che la responsabilità cominciava a pesargli e che soffriva di solitudine. Un modo di parlare sballato, come nei vecchi romanzi russi.»

«Senta, signor Presidente, mi è venuta una buona idea», lo interruppe il primo assistente.

La buona idea si tradusse in realtà tre ore più tardi quando il Presidente comparve sui teleschermi degli Stati Uniti per un comunicato speciale.

«Immagino che tutti voi sarete lieti di venire a conoscenza di una piccola esperienza fatta questo pomeriggio», cominciò il Presidente. «Verso le quattordici e quindici circa abbiamo avuto un altro di quei finti lanci di missili che hanno destato tante apprensioni e anche causato inconvenienti a tutti noi negli ultimi mesi, specialmente ai cittadini anziani e ai bambini. Vi farà piacere sapere che questa volta siamo riusciti a identificare la finta per quella che era, per cui non è stato necessario mettere in allarme la gente che si trovava a casa propria oppure intenta a tornare in macchina dal lavoro. Ci siamo serviti del telefono speciale che ci collega con Mosca e che funziona sempre, giorno e notte. Così abbiamo scoperto che i sovietici hanno avuto le stesse noie con le finte come noi. In tal modo abbiamo potuto assicurare Mosca che nessun missile era stato lanciato dagli Stati Uniti, e loro hanno potuto assicurarci che nessun missile sovietico era stato lanciato. Beh, pensavo che vi avrebbe fatto piacere saperlo, conoscere questo progresso nella causa della pace…»

Il Segretario per il Commercio, occupato nel suo appartamento a preparare da mangiare, spense a questo punto il televisore. Negli ultimi mesi aveva cominciato a rimpiangere con crescente nostalgia i giorni in cui insegnava al Mount Holyoke College. Era proprio il caso di ripresentarsi per un secondo mandato? si domandò, battendo vigorosamente due bistecche in attesa della visita del più recente amico in carica.

68

Il governo francese aveva comunicato che le sedute plenarie del vertice avrebbero avuto luogo nel teatro del castello di Versailles. Poiché ad Isaac Newton era stato chiesto dagli organizzatori del vertice di fare un discorso di «presentazione» alla seduta inaugurale, lui e Frances Haroldsen partirono due giorni prima dell’inizio dei lavori da Londra per atterrare all’aeroporto di Orly dove presero a nolo una macchina. Un giro di ricognizione a sud-ovest di Parigi permise ai due di trovare alloggio in una simpatica vecchia locanda nella cittadina di Dampierre da dove era facile arrivare a Versailles. Il giorno prima del vertice esplorarono il castello per controllare se tutto fosse in ordine. Per quanto riguardava i posti a sedere, non ebbero da ridire, tanto più che scoprirono di essere stati collocati a soli cinque passi sulla destra del punto in cui la Regina Vittoria era seduta la sera del 25 agosto 1855 in occasione di una cena offerta in suo onore da Napoleone Terzo. Per quanto riguardava tutto il resto, vi erano ampi motivi per esprimere critiche, se non altro per l’importantissima ragione che il teatro del castello di Versailles era pressappoco il posto meno adatto per tenere una riunione al vertice di proporzioni moderne. Questa circostanza era più che dimostrata dall’esercito di tecnici alle prese con i problemi acustici del luogo. Dappertutto erano stesi cavi elettrici sul pavimento, e tra i cavi si aggiravano senza uno scopo comprensibile tanti uomini con le sigarette pendenti dalle labbra.

Scene simili si avevano in tutto il mondo grazie alla cosiddetta era tecnologica. Scene che ricordavano l’«Apprendista Stregone», solo che lo spettacolo che si vedeva ora era molto peggio di quanto Isaac Newton avesse mai visto, soprattutto perché i tecnici, essendo francesi e perciò uomini onesti, avevano saputo sin dall’inizio di essere alle prese con un caso disperato. Potevano mettere i microfoni e gli altoparlanti dove volevano, ma ciò che si diffondeva nell’aria erano solo guaiti e ruggiti su uno sfondo sibilante.

«Tanto varrebbe gargarizzarsi anziché parlare in questo coso», osservò Isaac Newton dopo aver esaminato il microfono sul podio dell’oratore.

«Gargarizzandoti potrebbe entrarti del liquido nella trachea.

meglio canticchiare», gli consigliò Frances Margaret.

«Come, in nome del demonio, potrei convincere la gente parlando con quel coso? E’ questo che mi piacerebbe sapere.»

«Non certo parlando e discutendo. Pensa solo ad abbaiare e canticchiare. O sibilare, se preferisci. L’importante è mantenerti entro certi limiti, specialmente per quanto riguarda i gesti…»

Frances Margaret venne interrotta dallo strillo di uno dei tecnici. Poi, qualcuno gridò ««Frelon»!» Gli altri ripeterono il grido e dopo pochi secondi selvagge grida di ««Frelon»!» risuonavano ovunque nel teatro del castello.

«Credo che la parola significhi calabrone», disse Frances Margaret.

««Significa» calabrone. Attenta!» gridò Isaac Newton stesso fendendo con un colpo vigoroso l’aria come facevano ovunque i tecnici presenti nel teatro. «Sono dappertutto! Ci dev’essere un nido. Andiamo via da qui. Alla svelta!»

«Non un nido», fece Frances Margaret, senza fiato, quando furono usciti all’aperto, «ma una botte per vino vuota. Una botte con ancora un delizioso bouquet, ma piena di calabroni.»

Poi, mentre attraversavano in macchina la foresta di Fontainebleau, Isaac Newton disse in tono conciso: «Tutta scena».

«Che cosa c’è che non va nella scena?» volle sapere Frances Margaret che stava guidando.

«E’ un’espressione sintomatica che caratterizza tutta la situazione. Abbiamo popoli e governi che s’interessano, ma non con sufficiente serietà.»

«Eppure pensavo che stessimo andando piuttosto benino. Un programma veramente esteso che sta per essere finanziato su base internazionale.»

«Sì e no.»

«Che cosa vuoi dire con questo sì e no?»

«Mi viene in mente la marea montante.»

«Perché?»

«Per un po’ sembra che la marea montante debba continuare a montare, portandosi via tutto. Ma poi finisce per cambiare e comincia a calare.»

«La marea non è ancora cambiata.»

«No, la marea non è ancora cambiata. Ma ho fin troppa paura che cambierà. Perché i governi pensano solo a brevi scadenze, solo a quello che sarà fino alle successive elezioni. E’ molto faticoso condurre un programma importante a lunga scadenza in presenza di una psicologia che ragiona in termini di brevi scadenze. La scoperta che le loro armi tanto costose non servivano a niente certo ha dato loro un bello scossone, ma il guaio è che, una volta abituati allo scossone…»

«… ricadranno nella vecchia abitudine», concluse Frances Margaret, evitando con perizia un blocco del traffico sulla strada.

«Proprio così, ricadranno nella vecchia abitudine. La cosa di cui hanno bisogno è una specie di shock che non possano dimenticare.»

«Non dovresti parlare così!» esclamò la ragazza in tono severo.

«Perché?»

«Perché ciò che tu pensi sembra avere l’abitudine di succedere. Sono tutti quei «bip» che secondo te stai trasmettendo. Credo che tu abbia in corpo qualcosa che emette raggi, raggi che vengono captati», soggiunse Frances Margaret, superando altre difficoltà del traffico.

«Sciocchezze.»

«Beh, non cominciare a trasmettere dei «bip» propalando ai quattro venti che la situazione sembra priva di speranze. Mi innervosisce.»

«Ti rende superstiziosa, dovresti dire.»

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